Elezioni anticipate

Germania domani alle urne, per Merz diverse incognite

Secondo i sondaggi, la CDU è chiaramente in testa nella corsa al Governo, tallonata dall’AfD – Ma decisivo sarà anche il risultato dei partiti più piccoli, a cominciare dalla rinata Linke e dal controverso BSW – In grande affanno invece i Liberali
©Martin Meissner
Daniel Mosseri
22.02.2025 06:00

Tutto è pronto in Germania per le elezioni. Ai blocchi di partenza, come noto, ci sono quattro partiti più grandi e almeno altri tre piccoli in lotta per superare la soglia di sbarramento del 5% per l’accesso al Bundestag. Uno scenario in apparenza normale; eppure, questo è un turno elettorale ricco di novità. La prima: si tratta di elezioni anticipate seguite alla crisi di Governo dello scorso dicembre. In Germania non capita spesso: dalla nascita della Repubblica federale nel 1949 è successo solo altre tre volte: nel 1972, nel 1983 e nel 2005. Se la legislatura fosse arrivata alla sua scadenza naturale, i tedeschi avrebbero votato il prossimo 28 settembre. Legata alla stessa ragione è la seconda novità: i tedeschi vanno al voto nel cuore dell’inverno, e non succedeva dal 25 gennaio del 1987. Questo per quanto riguarda il lato tecnico. Sul versante politico le novità, entrambe indicate con due sigle da tre lettere: AfD e BSW. La prima è la nota formazione sovranista che secondo i sondaggi dovrebbe diventare il secondo partito più votato: non è la prima volta che AfD corre alle urne ma non era mai stata così forte nelle rilevazioni di voto all’Est come all’Ovest. La seconda, il BSW, è il movimento Sahra Wagenknecht dal nome della sua fondatrice: quando è stato fondato a gennaio 2024 sembrava molto forte nei sondaggi, sfiorando il 10% con la sua agenda nazionalista, xenofoba e russofila declinata però in salsa socialista. Da allora il BSW è invece calato ogni giorno di più. Se al momento della sua fondazione il movimento di Wagenknecht sembrava destinato a portare via molti voti all’AfD, domani sera potrebbe rivelarsi un fuoco di paglia consumatosi prima ancora della gara.

I meriti di Heidi Reichinnek

A sorpresa, sempre che i sondaggi ci prendano, la Linke, lo storico partito socialcomunista erede politico della DDR, dovrebbe sfiorare il 6%, un risultato niente male per una formazione che quando è nato il BSW era stata data per spacciata: Wagenknecht è infatti l’ex capogruppo della Linke e ha fondato il suo movimento portandosi dietro un numero consistente di dirigenti e deputati socialcomunisti. A cosa si deve la ripresa in extremis della Linke nei sondaggi? Secondo gli osservatori, il merito è tutto della 36.enne Heidi Reichinnek, capogruppo dei socialcomunisti al Bundestag. Lo scorso 29 gennaio, in occasione del dibattito sulle migrazioni con la CDU di Friedrich Merz che aveva tentato la fuga in avanti con i sovranisti xenofobi di AfD, Reichinnek ha preso la parole per bacchettare in un discorso appassionato proprio il candidato cancelliere della CDU. «Vergogna», ha gridato, «che a poche ore dall’80. anniversario della liberazione di Auschwitz lei collabori con questo partito che porta avanti proprio quell’ideologia: lei è uno sgabello per la destra estrema!». Il video del suo intervento, che si conclude con un appello «alle barricate!» è diventato virale raccogliendo decine di migliaia di visualizzazioni e grande attenzione da parte dei media.

In grande affanno, infine, i Liberali (FDP), in apparenza sotto alla soglia del 5%. La FDP ha deluso la destra, alla quale appartiene, per essersi coalizzata nel governo «semaforo» uscente con due partiti di sinistra; e ha infastidito la sinistra per aver disturbato la navigazione del cancelliere Scholz dall’avvio della legislatura fino alla crisi di Governo provocata dagli stessi Liberali.

Le possibili combinazioni

Perché tanta attenzione ai partiti piccoli? Perché - e qua torniamo nel campo delle novità di questo voto invernale - sarà la loro presenza a determinare se l’Unione CDU-CSU guidata da Friedrich Merz riuscirà a formare una coalizione di Governo senza troppi strapazzi. Se al Bundestag entreranno solo i quattro grandi (l’Unione al 30%, l’AfD al 20%, i socialdemocratici del cancelliere uscente Olaf Scholz con il 15% e i Verdi con il 13%), a Merz dovrebbe bastare l’appoggio del partito di Scholz o degli ecologisti per avere la maggioranza in Parlamento. Lo rivela uno studio condotto da Philipp Thomeczek, assistente di ricerca presso la cattedra di Scienze politiche dell’Università di Potsdam. Secondo Thomeczek, la possibilità che oltre a una Linke rediviva anche BSW e Liberali ce la possano fare non è così remota: e dà la colpa ai sondaggisti che “dimenticano” di indicare il margine di errore delle proprie rilevazioni, con il risultato che chi vede il proprio partito sul filo del 5% sarà spinto a cambiare cavallo per paura di perdere. Ma se Linke, BSW e Liberali dovessero entrare al Bundestag, la frammentazione sarà tale che al capo della CDU servirà l’appoggio di almeno due partiti. SPD e Verdi? Forse, anche se il capo dei moderati si verrebbe così a trovare per alleati due partiti di sinistra. SPD e Liberali? No, perché la SPD odia i Liberali che hanno fatto cadere l’ultimo Governo. Verdi e Liberali? No, per lo stesso motivo e perché su tasse ed energia i due partiti la vedono in maniera opposta - ma vanno molto d’accordo sull’Ucraina. Insomma, i tedeschi non hanno ancora votato, ma il panorama politico della Germania non assomiglia neanche un po’ a quello, più lineare, dei tempi della Merkel. Quattro anni e un’era politica fa.

Votare domenica e poi tornare a votare subito dopo. I tempi della politica sono diversi da quelli del calendario che usiamo tutti i giorni. E in politica un anno può essere molto breve. E proprio fra un anno, a febbraio 2026, sono previste le elezioni in Baden-Württemberg, il terzo più grande Land tedesco per popolazione dopo Nord Reno-Vestfalia e Baviera ma il primo per esportazioni. Se la Germania è la locomotiva d’Europa, lo stato tedesco con Mannheim, Karlsruhe e Friburgo è il locomotore della Germania: ecco perché a Stoccarda, la capitale, c’è già chi si scalda i muscoli per diventare Ministerpräsident. Dal 2011 signore incontrastato del Baden-Württemberg è il verde Winfried Kretschmann, classe 1948, il primo ecologista alla guida di un governo statale nel Paese. Per Kretschmann, che ha governato per cinque anni con i socialdemocratici e dieci con la CDU, è giunto il momento della pensione. Il suo compagno di partito e ministro federale (uscente) dell’Agricoltura, Cem Özdemir, nato a Bad Urach (Tubinga) da genitori turchi nel 1965, si è candidato a raccogliere il suo testimone, ma il capogruppo della CDU al Landtag di Stoccarda, il più giovane Manuel Hagel (classe 1988), si è già messo di traverso. E oggi i numeri sono con lui (la CDU ha il 30% e i Verdi solo il 20%). Ma sulla giostra della politica si sale e si scende con velocità sorprendente. Al di là della popolarità di un partito o di un singolo candidato, gli elettori votano con una mano sul portafogli: così fanno i dirigenti delle grande imprese che in Baden-Württemberg non mancano. Le prime quattro per numero di dipendenti vanno dalla Robert Bosch (componenti per auto, 431 mila addetti) alla Lidl (231 mila), dalla ZT Friedrischhafen (componenti per auto, 167 mila addetti) alla Mercedes (166 mila). Seguono la SAP (software gestionale), la Adolf Würth (fissaggio e assemblaggio), Kaufland (ipermercati), Mahle (ancora componenti auto), la HeidelbergCement e la Freundenberg & Co (automotive, 51 mila addetti). Ma la lista è lunghissima - sono 5.977 le aziende censite nel Land - e passa dalla grande azienda al Mittelstand, ossia la categoria delle piccole e medie imprese, architrave di questa regione fra le più performanti d’Europa. Ma se la Germania non corre più è proprio perché le sue regioni di punta hanno rallentato o si sono fermate. Un recente studio dell’istituto Ifo di Monaco lo spiega con chiarezza: nell’ultimo trimestre del 2024 i Länder che hanno “tirato” di più sono quelli economicamente meno rilevanti come il Brandeburgo (+1,8% su anno) o il periferico Meclemburgo-Pomerania anteriore (+3.3%). In Baviera e Baden-Württemberg, al contrario, il PIL è diminuito rispettivamente dello 0,6% e dello 0,4% rispetto al trimestre precedente e dello 0,9% e dell’1,3% su base annua. Per vincere a Stoccarda non basta essere popolari ma occorre trascinare le aziende fuori dalla stagnazione, garantire l’accesso a energia a buon mercato e l’offerta di manodopera qualificata. Ne va, d’altronde, del benessere di tutta la Germania.
In questo articolo: