Gli effetti della guerra in tavola: dal burro alle uova, i russi pagano sempre di più
Mille e oltre giorni di guerra, in Russia, pesano. E pure parecchio. L'economia del Paese, detto brutalmente, si sta surriscaldando. Proprio a causa del conflitto, tant'è che l'Occidente confida in un vero e proprio dissanguamento delle finanze di Mosca affinché Kiev, al futuro tavolo delle trattative, possa avere più peso. L'immagine plastica di questo surriscaldamento, va da sé, è l'inflazione. Che nel territorio della Federazione è elevata, se non elevatissima: a novembre eravamo all'8,9%. Non solo, il rublo è debole.
E così, un po' come l'anno scorso, i soggetti economicamente più fragili faticheranno e non poco a mettere insieme un pasto decente per le festività. I prezzi dei prodotti alimentari, un po' come le uova nel 2023, con vari tentativi del Cremlino per calmierare la situazione, sono più o meno fuori controllo. Il prezzo delle citate uova, per dire, è più che raddoppiato rispetto all'anno scorso, il burro costa il doppio mentre le patate hanno subito un'impennata del 65%. Male, malissimo. SRF, al riguardo, ha spiegato che per un tipico cenone russo di Capodanno, a questo giro, bisognerà sborsare in media il 10% in più. Diciamo Capodanno perché, in Russia, è la prima celebrazione delle festività natalizie dal momento che il Natale ortodosso cade tradizionalmente il 7 gennaio (con il Capodanno ortodosso in programma il 14).
Calum MacKenzie, corrispondente dalla Russia per SRF, ha motivato questi aumenti proprio facendo leva sulla guerra in Ucraina o, meglio, sulle strategie adottate dal Cremlino a livello economico: «Lo Stato russo – ha spiegato MacKenzie – investe circa il 40% del suo budget nel settore militare e della sicurezza». Il che, ha aggiunto il corrispondente, si traduce in una maggiore circolazione monetaria e, di riflesso, a una massiccia inflazione. Una sorta di gatto che si morde la coda, insomma. Ancora MacKenzie: «Allo stesso tempo, l'economia al limite». E questo perché la manodopera sta scarseggiando e non poco: sarebbero circa 5 i milioni di lavoratori di cui la Russia ha fortemente bisogno.
Il quadro, complicato per non dire peggio, è completato dalle sanzioni. Che pesano, eccome. Anche perché rendono le importazioni più costose e, allargando il campo, gravano sulle imprese, abituate com'erano all'accesso ai mercati occidentali. «A eccezione dell’industria degli armamenti, tutti gli altri settori sono stagnanti o in contrazione» ha chiarito MacKenzie, spiegando che molte aziende sono cariche di debiti. E rivelando che, secondo i beninformati, una grande impresa di costruzioni sarebbe sull'orlo della bancarotta.
Da tempo, in effetti, analisti ed esperti avvertono di non fermarsi ai numeri o, quantomeno, di saperli contestualizzare. Giorni fa, il presidente russo Vladimir Putin, sorridente, ha detto: «Il nostro PIL è cresciuto di circa l’8% in due anni, negli Stati Uniti è del 5-6%, nell’Eurozona è dell’1%. Nella principale economia dell’Eurozona, la Germania, è dello 0% e sembra che sarà dello 0% anche l’anno prossimo». E ancora: «L’anno scorso, come sapete, abbiamo avuto una crescita economica del 3,6%, quest’anno sarà del 3,9% e forse anche del 4%». Numeri, dicevamo, dopati dalla domanda di armamenti. Detto dell'inflazione, va ricordato che la Banca centrale sta mantenendo un tasso di interesse chiave del 21%. Altissimo.
«La qualità della vita dei russi comuni continuerà a peggiorare» ha sintetizzato MacKenzie. Un prezzo che, però, il Cremlino sembrerebbe essere disposto a pagare nel nome della guerra in Ucraina. «Non è possibile domare l'inflazione finché lo Stato investe così tanti soldi nell'industria della difesa». Tradotto: i russi continueranno a spendere tanto, troppo per i prodotti alimentari (ma non solo) mentre le aziende continueranno a soffrire.