L'indagine

Hamas e le criptovalute: se i finanziamenti arrivano anche online

Il gruppo palestinese non sarebbe sostenuto soltanto dall'Iran ma anche da numerose donazioni tramite bitcoin e affini
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Red. Online
13.10.2023 16:00

L'Iran, ma non solo. Hamas, secondo le autorità statunitensi in particolare, sta sfruttando un'altra, importante fonte di reddito. Le donazioni online tramite criptovalute. In queste ore, molti media americani se ne stanno occupando. Secondo la CNN, in particolare, i funzionari del Dipartimento di Giustizia di Washington stanno conducendo un'indagine penale sull'uso di criptovalute da parte del gruppo militante palestinese. Un'indagine, questa, avviata tempo fa. Ben prima che Hamas lanciasse il suo sanguinoso attacco a sorpresa contro Israele. Analogamente, Israele da anni sequestra portafogli di criptovalute per presunti legami con Hamas e un altro gruppo terroristico palestinese.

Pubblicità via Facebook o X

Le criptovalute, leggiamo, sarebbero l'ultima frontiera di Hamas e affini per raccogliere fondi eludendo, al contempo, le sanzioni. Yaya Fanusie, ex analista della CIA e, ora, esperto per il Center for a New American Security, ha spiegato alla stessa CNN che i terroristi sono opportunisti e, soprattutto, hanno imparato ad adattarsi. Difficile, evidentemente, per le autorità rintracciare e bloccare questi flussi. Anche se, a onor del vero, Hamas e altri gruppi hanno sfruttato pure piattaforme visibilissime come Facebook e X. Pubblicando, a chiare lettere, gli indirizzi dei loro portafogli cripto e spiegando agli utenti come effettuare donazioni. Ne ha parlato, in un rapporto, il Dipartimento statunitense di Sicurezza Nazionale. Nel 2019, ad esempio, un uomo del New Jersey aveva scritto su Instagram di aver appena donato 100 dollari ad Hamas. Non solo, aveva inviato anche 20 dollari in bitcoin al gruppo palestinese.

Lo scorso aprile, considerando la morsa dei governi, sempre più stretta, l'ala armata di Hamas, le Brigate al-Qassam, aveva annunciato che avrebbe smesso di raccogliere fondi tramite le criptovalute per proteggere i suoi donatori. Ne aveva dato notizia Reuters. A quanto pare, però, Hamas non ha rinunciato del tutto al mondo cripto. Martedì, infatti, le autorità israeliane hanno annunciato il congelamento di altri conti in criptovalute che il gruppo militante avrebbe utilizzato per raccogliere donazioni questa settimana. Oltre ai bitcoin, i pagamenti collegati ad Hamas sarebbero stati effettuati con Ether, XRP e Tether, fra le altre.

Detto questo, la domanda arrivati sin qui sorge spontanea: quanti soldi ha accumulato, in criptovalute, Hamas? Non è chiaro. Ma si tratterebbe di somme significative. Stando a Dmitry Machikhin, amministratore delegato di BitOK, una piattaforma di monitoraggio dei portafogli, gli indirizzi collegati ad Hamas e sequestrati dalle autorità israeliane hanno ricevuto, fra il 2020 e il 2023, quasi 41 milioni di dollari. Una stima, questa, di cui ha parlato per la prima volta giorni fa il Wall Street Journal. Altri 94 milioni di dollari sarebbero invece stati donati alla Jihad islamica palestinese. 

Quanti soldi versa l'Iran?

Dall'Iran, invece, i gruppi terroristici palestinesi come Hamas e Jihad islamica ricevono fino a 100 milioni di dollari all'anno, secondo un rapporto del Dipartimento di Stato americano datato 2021. Non solo, Hamas stando al rapporto avrebbe raccolto fondi anche in altri Paesi del Golfo e attraverso le proprie organizzazioni benefiche. Il Dipartimento del Tesoro statunitense, dal canto suo, ha delineato le modalità attraverso cui i soldi, da Teheran, sono arrivati nelle mani di Hamas. Ovvero, sfruttando intermediari in Turchia o in Libano. Nel 2018, invece, le sanzioni del Tesoro fecero luce su una rete grazie alla quale l'Iran, sfruttando società russe, forniva petrolio alla Siria in cambio dell'invio da parte di Damasco di finanziamenti al Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche dell'Iran. Finanziamenti che, poi, venivano inviati a Hezbollah e Hamas.

Teheran, per contro, pur lodando l'azione terroristica di Hamas si è dissociato dalla milizia palestinese. Negando ogni coinvolgimento. Il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, martedì ha dichiarato che l'Iran «è complice in senso lato perché ha fornito la maggior parte dei finanziamenti all'ala militare di Hamas» e altri tipi di sostegno. Sullivan ha aggiunto che, al momento, nessuna informazione suggerisce che in effetti l'Iran abbia contribuito a pianificare o dirigere l'attacco.

Le indagini dei privati

Anche alcuni privati, a loro modo, hanno cercato di monitorare e tenere sotto controllo le attività finanziarie del gruppo. Fra gli altri, la CNN cita Asher Perlin, avvocato che rappresenta la famiglia di Yitzchak Weinstock, un diciannovenne americano ucciso dai terroristi di Hamas fuori Gerusalemme nel 1993. Nel 2019, la famiglia Weinstock aveva ottenuto una vittoria legale con tanto di risarcimento: quasi 80 milioni di dollari. Come riscuotere, però, una simile somma? Quali le strade percorribili? Poche, evidentemente.

Ma è proprio qui che sono (ri)entrate prepotentemente nel discorso le criptovalute. Nel 2020, infatti, i funzionari del Dipartimento di Giustizia avevano annunciato un giro di vite senza precedenti su tre gruppi che, citiamo, si affidavano «alle criptovalute e ai social media per attirare l'attenzione e raccogliere fondi per le loro campagne terroristiche». Fra questi, c'erano pure le Brigate al-Qassam. Gli investigatori, nel frattempo, sono riusciti a sequestrare 150 portafogli «che hanno riciclato fondi da e verso» i conti di Hamas. Non solo, hanno preso il controllo di questi siti web di raccolta con l'approvazione del tribunale. Il risultato? Chi donava pensando di contribuire agli obiettivi di Hamas si è ritrovato a depositare bitcoin in portafogli controllati dal governo statunitense. Soldi, questi, che potrebbero rappresentare un'opportunità per Perlin e i suoi assistiti sebbene il Dipartimento di Giustizia, su questo fronte, la veda diversamente. Molto diversamente.

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