Le tappe

Hamas, Israele e un conflitto che dura oramai da decenni

Come siamo arrivati alla guerra senza quartiere annunciata da Benjamin Netanyahu nei confronti di Gaza e del gruppo militante palestinese? Proviamo a ripercorrere il filo della storia
© MOHAMMED SABER
Red. Online
10.10.2023 09:00

Ne avevamo parlato: la questione arabo-israeliana affonda le proprie radici nel passato, anche lontano. Ed è legata, soprattutto a fine Ottocento, anche all'antisemitismo sviluppatosi in Europa. Per tacere della Shoah. Proviamo, allora, una volta ancora a fare chiarezza. 

La teoria del Sionismo

Alla fine dell'Ottocento, l'antisemitismo in Europa era un sentimento, sociale e politico, molto forte. Nel 1894, ad esempio, Alfred Dreyfus, un capitano francese di origine ebraica, in servizio presso lo Stato Maggiore dell'Esercito, fu falsamente accusato di aver fornito informazioni segrete all'Impero tedesco. Una nazione che, all'epoca dei fatti, era considerata nemica della Francia. Dopo un processo sommario, Dreyfus venne accusato e condannato alla deportazione a vita sull'Isola del Diavolo, nella Guyana francese. Una forte ondata di antisemitismo attraversò appunto la Francia. Spingendo Émile Zola, giornalista e scrittore, a vergare un editoriale passato alla storia. Il titolo? J'Accuse…!. Un editoriale, di fatto, scritto in forma di lettera aperta e indirizzato al presidente della Repubblica, Félix Faure. Lo scritto aveva quale obiettivo quello di denunciare i persecutori di Dreyfus, come pure le irregolarità e le illegalità commesse nel corso del processo che vide l'ufficiale condannato per alto tradimento. Zola, in particolare, puntò il dito contro i nemici «della verità e della giustizia». La locuzione j'accuse, come scrive Wikipedia, da allora entrò nell'uso corrente della lingua italiana, come sostantivo, per riferirsi a un'azione di denuncia pubblica nei confronti di un sopruso o di un'ingiustizia.

In relazione all'antisemitismo europeo, ancora, il giornalista ebreo Theodor Herzl teorizzò il Sionismo. Un'ideologia, leggiamo, che rivendica la nascita di uno Stato ebraico. L'annesso movimento sionista, quindi, scelse la Palestina – allora in mani ottomane – come luogo ideale per il popolo ebraico. Iniziarono dunque le prime migrazioni di ebrei europei,  attraverso le cosiddette aliyah.

La divisione dell'Impero ottomano

Al termine della Prima guerra mondiale, i Paesi vincitori si spartirono le province arabe dell'Impero ottomano. Tra queste, figurava ovviamente anche la Palestina. La Società delle Nazioni, antenato delle Nazioni Unite, diede mandato al Regno Unito di amministrare la Palestina. L'amministrazione, almeno nelle intenzioni della Società delle Nazioni, avrebbe dovuto favorire un percorso verso l'indipendenza. I britannici, una volta assunto il controllo delle operazioni, favorirono ulteriormente l'immigrazione di ebrei nel Paese. Se nel 1922 gli ebrei rappresentavano l'11% della popolazione, nel 1947 avrebbero raggiunto il 32%. Tre volte tanto, quasi. 

Lo Stato ebraico

Terminata la Seconda guerra mondiale, caratterizzata dallo sterminio sistematico degli ebrei da parte di Adolf Hitler e della Germania nazista, due anni più tardi – nel 1947 – i britannici restituirono il mandato alle Nazioni Unite, neonate. Che fare, di quel fazzoletto di terra? Soprattutto, a chi affidarlo? Con la risoluzione 181, l'Assemblea generale dell'ONU stabilì che la Palestina sarebbe stata divisa in due Stati: uno ebraico, l'altro arabo. La comunità araba palestinese, tuttavia, rigettò la decisione.

La nascita di Israele

Lo Stato di Israele dichiarò la propria indipendenza il 14 maggio del 1948, un anno dopo la risoluzione dell'ONU più o meno. All'indomani della dichiarazione, tuttavia, Egitto, Transgiordania, Siria, Libano e Iraq attaccarono la neonata nazione. La prima guerra arabo-israeliana si concluse nel 1948 con il successo di Israele, che conquistò gran parte del territorio della Palestina ad eccezione della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. Iniziò l'esodo di arabi palestinesi, con 700 mila persone che abbandonarono città e villaggi. 

© Wikipedia
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La guerra dei sei giorni

Temendo un attacco dei Paesi arabi limitrofi, nel 1967 Israele lanciò una massiccia operazione aerea contro l'aviazione egiziana e quella siriana. Il conflitto coinvolse, oltre a Israele, Egitto e Siria, anche la Giordania. Pur essendo numericamente inferiore, l'esercito israeliano vinse la cosiddetta guerra dei sei giorni e occupò il Sinai, le alture del Golan, la Cisgiordania e la Striscia di Gaza.

La guerra dello Yom Kippur

Il 6 ottobre di cinquant'anni fa, nel 1973, Egitto e Siria attaccarono a sorpresa Israele. L'esercito israeliano riuscì a respingere gli attacchi. Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ottenne infine la cessazione dei combattimenti, sancita nel 1974-75 dagli accordi fra Israele, Egitto e Siria. Accordi che consentirono, fra l’altro, la riapertura del canale di Suez nel giugno del 1975, rimasto chiuso dopo la guerra del 1967. Non solo, anni dopo Israele formalizzò i suoi rapporti diplomatici con l'Egitto: fu il primo Paese arabo a farlo.

La Prima Intifada

Salto in avanti: nel 1987 i palestinesi della Striscia di Gaza e della Cisgiordania iniziarono la cosiddetta Prima Intifada, una vasta protesta contro l'occupazione israeliana. La Prima Intifada durò fino al 1993. Sono, questi, gli anni in cui nacque Hamas, l'organizzazione palestinese responsabile dell'attacco terroristico di sabato.

Gli accordi di Oslo

La speranza di una convivenza pacifica fra israeliani e palestinesi divenne (quasi) realtà nel 1993, grazie agli Accordi di Oslo che sancirono, fra le altre cose, la nascita dell'Autorità nazionale palestinese o ANP. Un organismo politico di autogoverno palestinese, ad interim, deputato a governare la Striscia di Gaza nonché le aree A e B della Cisgiordania o West Bank. I negoziati, però, furono bloccati nel 1996 dal governo di Benjamin Netanyahu.

La Seconda Intifada

Lo stallo degli Accordi, nel 2000, condusse allo scoppio della Seconda Intifada. Israele rispose avviando la costruzione di un muro, in Cisgiordania, per separare le aree abitate da israeliani e palestinesi. Non solo, Israele espanse anche gli insediamenti di suoi cittadini nei territori palestinesi. Colonie, queste, ritenute illegali dal diritto internazionale.

Il ritiro dalla Striscia

Israele, nel 2007, annunciò infine il ritiro dalla Striscia di Gaza. Che, immediatamente, passò sotto il comando di Hamas. L'esercito israeliano, di riflesso, chiuse le frontiere nonché gli accessi aerei e via mare attorno a Gaza. Due milioni di cittadini palestinesi, se non di più, rimasero di fatto rinchiusi all'interno di quest'area.

Negli anni successivi, Israele continuò a espandere le proprie colonie nei territori palestinesi e a lanciare operazioni militari nella Striscia. 

Il presente

Grazie alla mediazione degli Stati Uniti, nel 2020 Israele normalizzò le relazioni diplomatiche con vari Paesi arabi. Due anni più tardi, nel 2022, Netanyahu salì nuovamente al potere con il sostegno dell'estrema destra israeliana. Le tensioni, inevitabilmente, tornarono a salire. Fino all'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, il più vasto e profondo subito da Israele dal 1973.

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