Spazio

Hera, al via la prima missione europea di difesa planetaria

La partenza è prevista lunedì dalla base spaziale di Cape Canaveral in Florida, a bordo di un razzo Falcon 9 di SpaceX
© NASA
Ats
05.10.2024 10:52

Dopo uno sviluppo avvenuto in tempi record in soli 4 anni, è pronta al lancio Hera, la prima missione europea di difesa planetaria, che dovrà indagare le conseguenze della missione Dart della Nasa tornando sull'asteroide binario Didymos.

La partenza è prevista per lunedì a partire dalle 16:52 (ora svizzera) dalla base spaziale di Cape Canaveral in Florida, a bordo di un razzo Falcon 9 di SpaceX. Proprio qui sta la fonte maggiore di incertezza: dopo lo stop temporaneo ai lanci dovuto ad un altro problema tecnico riscontrato nel Falcon 9 che ha portato nello spazio la missione Crew 9, si attende l'autorizzazione per la ripresa delle attività da qui a domani.

Al progetto hanno partecipato oltre 70 aziende provenienti da tutta Europa, oltre al Giappone che ha fornito una telecamera termica.

Arrivo a dicembre 2026

Se tutto procederà secondo i piani, a marzo 2025 Hera compirà un passaggio ravvicinato con Marte per guadagnare velocità e raggiungerà l'asteroide tra due anni, a dicembre 2026, per una durata iniziale di sei mesi.

«A proposito del passaggio ravvicinato con Marte - specifica Ian Carnelli, responsabile della missione per l'Agenzia Spaziale Europea (ESA) - abbiamo deciso di modificare leggermente la traiettoria seguita da Hera, in modo da approfittare del passaggio ravvicinato per osservare anche Deimos, la più piccola delle due lune del pianeta».

Le sfide incontrate in questi 4 anni sono state notevoli, «a partire dalle poche ore di sonno di tutte le persone coinvolte», commenta ancora Carnelli. «Ma il problema principale è stato riuscire a ottenere in tempo tutte le unità dalle varie ditte fornitrici - aggiunge il project manager ESA - e anche la pandemia di Covid-19, che ha impattato sulla disponibilità di alcune componenti».

Partecipazione svizzera

Le simulazioni digitali suggeriscono che Dimorphos è un agglomerato di rocce legate tra loro dalla gravità, un corpo con pochissima resistenza in cui «si affonda come in una sabbia priva di coesione», ha dichiarato Patrick Michel, responsabile scientifico della missione Hera dell'ESA. Di conseguenza, Dart avrebbe «completamente deformato» Dimorphos, aggiunge.

Ma ci sono«altre possibilità», poiché gli scienziati stanno ancora lottando per capire questi corpi a bassissima gravità, «il cui comportamento sfida l'intuizione», secondo Michel. Costato 363 milioni di euro e dotato di 12 strumenti, Hera trasporterà due nanosatelliti, Juventas e Milani.

Il primo tenterà di atterrare su Dimorphos, una prima volta per un oggetto così piccolo. È dotato di un radar a bassa frequenza e di un gravimetro per sondare la struttura dell'asteroide e misurarne il campo gravitazionale. Il secondo studierà la composizione di Dimorphos utilizzando una fotocamera multispettrale e un rilevatore di polvere.

Per sapere se la missione Dart ha funzionato, «dobbiamo prima conoscere la massa di Dimorphos», ha dichiarato a Keystone-ATS Martin Jutzi dell'Università di Berna, che partecipa alla missione insieme all'astrofisica Sabina Raducan.

Gli scienziati bernesi hanno sviluppato un modello che simula l'impatto della sonda della NASA: secondo i loro risultati, pubblicati lo scorso febbraio, Dart non solo ha causato un cratere, ma ha anche deformato completamente l'asteroide. Il team di ricerca conta sulle misurazioni della missione Hera per perfezionare le proprie conclusioni.

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