L'analisi

I biglietti degli Oasis e il turismo musicale

Soltanto le vere pop e rockstar sono in grado di spostare migliaia di persone da casa propria, indurle a spendere migliaia di dollari-euro-franchi e far loro anche credere di avere vissuto un'«esperienza»
© ADAM VAUGHAN
Stefano Olivari
31.08.2024 11:04

Soltanto le vere pop e rockstar sono in grado di spostare migliaia di persone da casa propria, indurle a spendere migliaia di dollari-euro-franchi e far loro anche credere di avere vissuto un'«esperienza». Di questo ristrettissimo gruppo fanno parte gli Oasis, la cui reunion 2025 ha scatenato una caccia al biglietto che non ha riguardato (e non riguarderà, pensando al secondary ticketing) soltanto i residenti del Regno Unito, ma anche il resto del mondo. Un fenomeno molto interessante, con numeri enormi che si inseriscono nella megatendenza dell’overtourism e che dicono tantissimo sull’industria musicale di oggi. 

Quanto valgono gli Oasis?

Noel e Liam Gallagher torneranno quindi insieme sul palco, aggiungendo zero alla loro storia e a quella del britpop ma molto al loro patrimonio, con quello di Noel che in quanto autore e migliore investitore è stimato in dieci volte tanto quello del fratello minore, circa 75 milioni di dollari contro 7 e qualcosa. 14 le date subito annunciate nel 2025: 2 a Cardiff (4 e 5 luglio), 4 nella loro Manchester (11, 12, 19 e 20 luglio), 4 a Londra (a Wembley il 25 e il 26 luglio, più il 2 e 3 agosto), 2 a Edimburgo (8 e 9 agosto) e 2 a Dublino (16 e 17 agosto). Nemmeno il tempo di iniziare la caccia al biglietto e subito si sono aggiunte 3 date (Manchester 16 luglio, Londra 30 luglio, Edimburgo 12 agosto). Non occorre essere Nostradamus per prevedere che a questi 17 concerti ne verranno aggiunti altri, chiari i motivi (soprattutto quelli di Liam) per cui i Gallagher hanno appianato le loro divergenze. Accadendo tutto d’estate è chiaro che il turismo da concerto qui si scatenerà all’ennesima potenza, al punto che diventeranno routine notizie come quella data dalla BBC, che ha riportato cancellazioni da parte di alberghi di Manchester per i periodi dei concerti degli Oasis, pare per overbooking ma in realtà perché per il prossimo luglio una camera d’albergo a Manchester costerà il quadruplo del normale. Fatta la tara a queste testimonianze (chi mai prenota un albergo a Manchester con un anno di anticipo senza un motivo particolare?) riprese acriticamente, rimane valido il discorso di fondo: l’indotto mosso dagli Oasis vale moltissimo di più dei comunque enormi incassi dei concerti, con i biglietti che avevano prezzi massimi ufficiali di 600 sterline stamattina ma che risultavano cari anche andando al risparmio. Ad esempio il biglietto unico per Heaton Park a Manchester costava 148 sterline. Detto che i biglietti sono stati messi in vendita (per tutti) dal 31 agosto, sono prevedibili da qui ai prossimi mesi i «pacchetti» con viaggio e albergo: in questo quadro il biglietto, pur costoso, è una minima parte della spesa totale. 

E i festival?

Il turismo musicale ovviamente non stava aspettando gli Oasis per esplodere e già prima dell’annuncio della reunion le stime più prudenti affermavano che per il 2024 valesse circa 7 miliardi di dollari in tutto il mondo, con tassi di crescita che nel post Covid sono diventati clamorosi, il 9% annuo, e che fanno prevedere che nel 2030 si andrà quasi al raddoppio: facile dire che qualche migliaio di ragazzi o ex ragazzi occidentali muoverà solo per i loro spostamenti per concerti l’equivalente del PIL del Congo (15 miliardi di dollari). Merito non soltanto delle popstar di cui tutti parliamo, da Taylor Swift a Springsteen, ma anche del boom dei festival musicali la cui natura è proprio quella di costringere la gente a spostarsi, mentre in teoria i tour classici fanno (facevano) venire il grande artista a casa nostra. Da Rock in Rio al Paléo Festival, da Lollapalooza a Coachella a mille altri, l’indotto è parte integrante dei concerti, spesso mettendo insieme cantanti e gruppi che presi singolarmente un pubblico così se lo sognerebbero. Nel 2024 la quota di mercato di festival internazionali e di spostamenti internazionali per la musica è del 61,2%, secondo le analisi di Coherent. Il resto è turismo musicale locale, con spostamenti limitati che al di là della benzina e di un panino poco aggiungono al prezzo del biglietto: in altre parole, per le statistiche il ticinese che pagherà il quadruplo una stanza a Manchester per gli Oasis è turismo internazionale, quello che va a vedere Taylor Swift a San Siro no. 

Taylor Swift e gli altri

Il turismo musicale, almeno a livello di viaggi in economia per seguire i propri cantanti preferiti, se escludiamo la bolla dei resident di Las Vegas esiste dalla fine degli anni Settanta e in una prima fase è stato basato sui mostri sacri del rock, dai Rolling Stones in giù, per poi allargarsi al pop con Michael Jackson e infine abbracciare tutto ciò che viene venduto o percepito come evento. Esistono club di fedelissimi, con le stesse logiche di chi segue una squadra di calcio, che viaggiano per Springsteen e che ancora lo faranno nel 2025, anche se il Boss mentre scriviamo queste righe ha fatto 3.547 concerti, e lo stesso discorso vale per U2 e ovviamente per Taylor Swift, il cui impatto sull’economia della città toccate è stato più volte analizzato. Riferendosi soltanto all’Eras Tour l’impatto della Swift sul PIL è stato quantificato in 4,6 miliardi di dollari totale, con meno del 15% direttamente collegabile ai concerti e il paradosso che molti statunitensi hanno trovato più conveniente farsi un viaggio in Europa per un suo concerto invece che pagare 3.000 dollari per un biglietto a casa loro. Ma anche senza arrivare a questi livelli Beyoncé, i Coldplay, Ed Sheeran, Harry Syles e pochi altri attivano meccanismi che vanno al di là della musica e senza nemmeno bisogno del mezzuccio del tour d’addio che poi non è quasi mai un addio, in stile Pooh. Memorabile e commovente il tour di Ending on a high note degli a-ha, nel 2010, che attirò tanti fan adoranti dai paesi non toccati dalle 73 date (!). Inevitabile il ripensamento, con l’attenuante che nel 2022 gli a-ha con True North avrebbero tirato fuori forse il loro miglior album. Stesso schema per Elton John (che la reunion l’ha fatta con se stesso), i Kiss e tanti altri. 

Nostalgia e Zeta

Chi sono i turisti della musica? Dai nomi citati verrebbe da dire persone non proprio giovanissime, affezionate al già visto e già sentito, persone schiave della nostalgia per i propri anni migliori ma soprattutto in grado di separarsi da migliaia di franchi per seguire dal vivo, in sostanza, due ore di concerto, strapagando voli e alberghi che in altri periodi sarebbero costati meno. In una certa misura è così, per lo Springsteen della situazione, ma ogni indagine di mercato dimostra che a viaggiare per la musica è soprattutto la generazione Z. Secondo una ricerca di Skyscanner il 26% dei viaggiatori italiani è intenzionato nel prossimo anno a muoversi con la motivazione di un concerto o di un festival musicale, percentuale che sale al 38% nella fascia fra i 18 e i 24 anni. Inoltre il 46% di chi si dichiara superfan di un artista si dice disposto a prendere un volo per assistere a un suo concerto. Certo è che il turismo musicale si articola in tante sottonicchie, più o meno pregiate dal punto di vista della località di arrivo: non c’è bisogno di statistiche per intuire che Sting porti turisti diversi da quelli che porta Sferabbasta.

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