Medio Oriente

I cristiani in Siria hanno protestato per l'incendio di un albero di Natale

Migliaia di persone sono scese in strada nei quartieri della capitale Damasco – Un religioso di HTS, ripreso in un video, ha assicurato che i responsabili del rogo «saranno puniti»
Red. Online
24.12.2024 16:45

Ai cristiani in Siria, dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad, abbiamo dedicato due approfondimenti (qui e qui). Ne parliamo di nuovo, oggi, perché migliaia di persone sono scese in strada nei quartieri cristiani della capitale, Damasco, in segno di protesta. Il motivo? Un albero di natale incendiato a Souqaylabiya, vicino ad Hama, quarta città della Siria per grandezza. «Chiediamo che i diritti dei cristiani siano rispettati» hanno urlato i manifestanti durante la marcia. 

La protesta è scoppiata a più di due settimane dalla caduta di Bashar al-Assad grazie all'offensiva-lampo dei ribelli di Hayat Tahrir al Sham (HTS) e altri gruppi anti-assadisti. «Se non ci è permesso di vivere la nostra fede cristiana nel nostro Paese, come in passato, allora non abbiamo più il nostro posto qui» ha spiegato, in mezzo alla protesta, un esponente della comunità all’AFP.

Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, i miliziani che hanno incendiato l’albero di Natale sarebbero stranieri. Apparterrebbero al gruppo jihadista Ansar al-Tawhid. Un religioso di HTS, ripreso in un video diffuso sui social network, ha assicurato ai residenti che i colpevoli «saranno puniti». Non solo, l’albero «verrà restaurato e illuminato entro domani» ha promesso il miliziano, la cui voce è stata ricoperta dagli applausi dei presenti.

Secondo il New York Times, nel 2022 i cristiani in Siria erano circa 700 mila. Nell'ultimo decennio, ovvero dall'inizio della sanguinosa guerra civile, tante, tantissime persone di fede cattolica hanno lasciato il Paese. Durante il regime di Bashar al-Assad, ha spiegato sempre il New York Times, i cristiani potevano esercitare liberamente il loro culto. Molti di quei cristiani, oggi, temono la prospettiva di un governo islamista. Negli scorsi giorni, al riguardo, il nuovo leader della Siria Abu Mohammad al-Jolani ha promesso di proteggere il pluralismo religioso e le minoranze all’interno del territorio siriano. «La Siria è di tutti» ha garantito al-Jolani. Ma unificare il Paese, diviso da anni di guerra, non sarà affatto semplice anche se, è notizia di oggi, le nuove autorità siriane hanno annunciato di aver raggiunto un accordo con i gruppi ribelli per il loro scioglimento e per la loro integrazione nelle forze di difesa regolari.

Tornando ai cristiani, prima della guerra rappresentavano circa l’8-10% della popolazione mentre nel 2021, secondo le stime, erano attorno al 3%. Anche i curdi, oltre a cristiani, alawiti e drusi, sono confrontati con la nuova realtà politica (e religiosa). La Turchia, infatti, ha sfruttato l'incertezza attuale per attaccare il territorio dei curdi-siriani, agli occhi di Ankara un'estensione del PKK, con l'obiettivo di allargare la zona cuscinetto al confine. Lo stesso al-Jolani, di recente, ha affermato che tutte le armi presenti nel Paese passeranno sotto il controllo dello Stato, comprese quindi quelle detenute dalle forze a guida curda.

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