«I droni ucraini a lungo raggio non faranno la differenza»

L'Ucraina sotto costante bombardamento da parte russa reagisce con l'uso di droni a lungo raggio nelle basi da cui partono gli attacchi. Quali le possibili conseguenze? Abbiamo sentito le valutazioni del generale italiano di corpo d’armata Maurizio Boni sugli scenari che si stanno aprendo nel conflitto.
L’Ucraina è in gravi difficoltà per gli attacchi russi a infrastrutture vitali. I droni ucraini a lunga gittata che hanno colpito obiettivi oltre confine che ruolo possono giocare?
«I droni in questione, a quanto pare, sono dei Tupolev 141 dell’era sovietica, ossia velivoli di ricognizione entrati in servizio per la prima volta nel 1974. Erano usati soprattutto come ricognitori fotografici. Oggi l’evoluzione è stata quella di montargli sopra degli ordigni esplosivi al posto delle macchine fotografiche. Questi mezzi militari, come tutti i droni, possono volare fino a seimila metri di quota per sfuggire alla contraerea e hanno un raggio d’azione di circa un migliaio di chilometri. Hanno così potuto colpire in territorio russo a oltre 600 chilometri di distanza. Gli ucraini hanno quindi fatto ricorso a del materiale che avevano e che hanno riconfigurato per poter colpire a lunga distanza, visto che gli occidentali e soprattutto gli USA hanno finora evitato di fornire agli ucraini dei vettori in grado di colpire il territorio russo in profondità, perché ciò vorrebbe dire prendere parte a un’escalation incontrollabile».
Gli ucraini allora hanno agito per proprio conto?
«Sì, hanno messo a punto questa forma di intervento a lungo raggio che però non appare risolutiva, in quanto di questi vettori la Tupolev non ne aveva costruiti tanti, quindi il loro numero non appare sufficiente per colpire tutti gli obiettivi strategicamente rilevanti in Russia. Comunque al momento è nell’interesse di tutti che Kiev non vada avanti sulla via dell’escalation, attaccando il territorio russo in profondità».
Per Kiev però la situazione si fa preoccupante. Oltre ai bombardamenti russi sulle infrastrutture vitali vi è anche il calo del sostegno incondizionato della popolazione USA all’Ucraina.
«Sì, si sa che negli USA ora è il 40% dell’opinione pubblica a ritenere che Washington dovrebbe continuare a fornire aiuti a tempo indeterminato a Kiev, mentre a luglio la percentuale era del 58%. Bisogna però dire che al momento negli USA vi sono almeno due punti di vista. C’è il partito della trattativa, di cui fa parte il generale Milley, Capo di Stato Maggiore delle forze armate USA, che non crede che Zelensky possa giungere a strappare la Crimea a Putin, e per questo suggerisce la soluzione negoziale. Però è anche vero che i contratti di assistenza degli Stati Uniti all’Ucraina continuano a essere stipulati e diventano sempre più importanti. I repubblicani non sono soddisfatti di questo sostegno a oltranza, bisognerà dunque capire dove tirare la linea tra le posizioni dei due partiti. Ci sono contratti di assistenza all’Ucraina a lungo termine, ma alla fine sarà Washington a decidere se continuare o meno su tale via».
Macron punta sulla soluzione negoziale, ma vi sono le premesse?
«Ci sono molti Paesi europei che avendo subito in passato la dominazione o l’influenza russa vedono in questo conflitto l’occasione per farla finita con Mosca. Basti pensare all’atteggiamento della Polonia e dei Paesi baltici. Mentre per la soluzione negoziale suggerita da Macron non vedo molte chance al momento perché sul campo di battaglia vi sono perdite ingenti da entrambe le parti ma nessuno dei due eserciti si sta mostrando vincente. Del resto per parlare di una vittoria “decisiva” da parte di uno dei contendenti occorre valutare gli obiettivi strategici che Mosca e Kiev si erano dati all’inizio del conflitto. Si tratta di obiettivi antitetici, visto che Zelensky territorialmente vuole tutta l’Ucraina pre-2014, compresa quindi la Crimea. Vi sono posizioni inconciliabili anche sulle garanzie di sicurezza. Kiev vuole essere messa al sicuro da possibili futuri attacchi di Mosca, mentre i russi vogliono essere sicuri che l’Ucraina non entri nella NATO e nell’UE. Per cui è auspicabile che ci si sieda a negoziare, ma al momento non so quali reali possibilità ci siano».