I tre ostaggi uccisi «per errore» e le proteste a Tel Aviv: che cosa è successo?
La tensione in Medio Oriente cresce sempre di più. E nelle scorse ore, oltre a intensi bombardamenti sulla Striscia, hanno avuto luogo anche delle feroci proteste. In Israele, a Tel Aviv in particolare. I cittadini si sono riuniti per piangere la morte di tre ostaggi «uccisi per errore» dagli stessi soldati israeliani nella Striscia di Gaza. Chiedendo, va a sé, un accordo che possa scongiurare il ripetersi di tragedie di questo tipo.
«Un tragico errore»
Ripercorrendo i fatti, tutto ha avuto origine negli scorsi giorni, quando tre ostaggi israeliani, identificati erroneamente come «minacce» sono stati uccisi dai soldati che stavano operando a Shujuaiya, nel nord della Striscia di Gaza. A comunicarlo è stato il portavoce militare, Daniel Hagari, spiegando che le tre vittime sono state scambiate per sospetti, e per questo motivo, i soldati hanno sparato contro di loro. «È stato un tragico errore», ha sottolineato, aggiugendo che l'esercito «si assume la piena responsabilità dell'accaduto».
In un certo senso, i tre si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Con ogni probabilità, erano rimasti incustoditi durante i combattimenti, o addirittura si erano riusciti a liberare. Una presunta salvezza, che è risultata invece fatale. Inoltre, dal momento che i tre si trovavano in condizioni di prigionia da 70 giorni, è probabile che indossassero capi di abbigliamento tipici della popolazione palestinese. Elemento che potrebbe aver contribuito nel confondere i soldati, e nel convincerli ad aprire il fuoco.
Le vittime erano tutti e tre giovani adulti: Yotam Haïm, batterista heavy metal di 28 anni, il 25.enne Samer a-Talalqa e il 26.enne Alon Lulu Shamriz. I loro corpi sono stati rimpatriati in Israele già ieri sera. E, poco dopo, il Paese si è infiammato in segno di protesta.
Le proteste
In men che non si dica, le strade di Tel Aviv si sono riempite di manifestanti. Centina di persone si sono radunate di fronte al ministero della Difesa israeliano della città, e hanno successivamente raggiunto l'incrocio della via Kaplan – una delle principali arterie della città –bloccando la strada. Chiedendo a gran voce un «accordo immediato» che consenta agli ostaggi di tornare in patria.
Qualcuno teneva tra le mani fotografie delle persone rapite e cartelli che recitavano la frase: «Ogni giorno, un ostaggio muore». Altri gridavano «ora, ora!», esortando il governo israeliano ad agire, e a procedere con il rilascio degli oltre 130 ostaggi che Israele ritiene siano ancora detenuti nel territorio controllato da Hamas.
Tra i presenti nelle proteste, anche i famigliari degli ostaggi. «Sto morendo di paura», ha dichiarato la sorella di un ragazzo detenuto da Hamas. «Chiediamo un accordo adesso».
Dal canto suo, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha definito quanto accaduto come una «tragedia insopportabile». «Tutto Israele è in lutto per questa perdita», ha dichiarato, mentre la Casa Bianca ha parlato di «tragico errore». Le stesse parole usate dal portavoce dell'esercito israeliano, nel riferire la drammatica notizia.
Emergono alcuni dettagli
Tuttavia, proprio nell'ultima ora sono emersi nuovi dettagli sulla vicenda, che potrebbero aiutare a chiarire perché i soldati abbiano aperto il fuoco contro i tre ostaggi. Secondo un'indagine preliminare dell'esercito israeliano, i tre avevano innalzato un bastone con un pezzo di stoffa bianca.
Le truppe, invece, non avrebbero seguito «le regole d'ingaggio dell'esercito».Stando a quanto rivelato da una fonte militare, uno dei soldati che si trovava sul palazzo di fronte ai tre ostaggi «si è sentito minacciato». Proprio per questo motivo, avrebbe inizialmente sparato verso il gruppo, riuscendo a colpire due degli ostaggi. Il terzo, invece, sarebbe riuscito a scappare in un edificio vicino.
La fonte dell'esercito ha quindi aggiunto che «mentre i soldati si avvicinavano all'edificio hanno cominciato a sentire grida in ebraico che chiedevano il loro aiuto». È in quel momento, insomma, che sarebbe avvenuto il «misunderstanding» fatale.
L'ultimo ostaggio rimasto, dopo essersi nascosto all'interno di un altro edificio, sarebbe infatti uscito allo scoperto per un attimo, salvo rientrare subito dopo. Un comportamento che avrebbe insospettito ulteriormente l'esercito israeliano e che avrebbe portato i soldati a credere che la persona in questione «fosse un membro di Hamas che cercava di attirarli nella trappola». Ragione per cui avrebbero, immediatamente, riaperto il fuoco.