I voli per la Russia? «Una questione di principio»
C’è un’Europa che, di tagliare i ponti con Mosca, non vuole proprio saperne. Di più, c’è un’Europa che insiste. E, per certi versi, sfida Bruxelles. Così, mentre l’UE da tempo ha chiuso i propri cieli ai vettori russi, la Serbia non solo è rimasta aperta ma, con la sua compagnia di bandiera, continua a servire la Federazione.
Il presidente serbo Aleksandar Vucic, lunedì, si è addirittura spinto oltre: i voli di Air Serbia da e per Mosca e San Pietroburgo non si toccano. Nonostante i continui allarme bomba stiano rendendo entrambe le rotte poco profittevoli, per non dire peggio. «È una questione di principio» ha tagliato corto Vucic.
Che succede in caso di allarme?
Vucic, ai microfoni di Pink TV, non ha usato giri di parole: da quando l’Europa ha chiuso il suo spazio aereo in risposta all’invasione dell’Ucraina, ogni volo da Belgrado verso la Russia – di fatto – ha ricevuto minacce anonime al grido «c’è una bomba a bordo». Il risultato? Ritardi su ritardi, voli appena partiti ma costretti a rientrare alla base per le ispezioni del caso. E via discorrendo.
La procedura, in caso di allarme bomba, è piuttosto lunga e complessa. Non solo, per forza di cose genera costi notevoli per la compagnia, in questo caso Air Serbia, dal momento che il velivolo deve fare ritorno all'aeroporto di partenza, essere parcheggiato lontano dagli altri aeroplani e, per finire, ispezionato con robot e unità cinofile.
Di minacce ne sono arrivate tante, appunto. A marzo, ad esempio, era giunta un’email ai responsabili dello scalo di Belgrado, l’aeroporto Nikola Tesla, che parlava di una bomba a bordo del volo per Mosca. L’aereo venne controllato meticolosamente dalla polizia e dalla squadra antiterrorismo, senza tuttavia che risultasse alcunché.
L’alleato storico
La Serbia è, diciamo così, un’outsider sul fronte sanzioni. Considera la Russia un alleato storico, se non addirittura un fratello maggiore. Per questo, Belgrado finora si è sempre rifiutata di applicare le sanzioni dell’Unione Europea nei confronti di Mosca. E questo nonostante i serbi vogliano entrare nella citata UE e, soprattutto, abbiano condannato le azioni della Russia in Ucraina.
Il Cremlino, però, rimane centrale tanto nelle politiche di Vucic quanto nelle scelte commerciali di Belgrado. I legami sono forti pure sul fronte culturale. Poche settimane fa, lo avevamo già scritto, sottolineavamo il ruolo di Mosca e delle Ferrovie russe nella costruzione della tratta Belgrado-Novi Sad, parte della linea ad alta velocità che conduce a Budapest.
Air Serbia, intanto, continua e continuerà a servire Mosca e San Pietroburgo. Offrendo un assist per chi volesse raggiungere la Russia e un passaggio «amico» ai cittadini della Federazione che, a Belgrado, possono ritrovare l’Occidente perduto a causa delle sanzioni. A cominciare dagli hamburger americani (l’attuale capitale serba, nel 1988, fu la «prima città comunista al mondo ad aprire un McDonald’s» volendo citare un vecchio articolo).
Le frequenze
A inizio marzo, il vettore di bandiera aveva raddoppiato i suoi voli per la Russia complice l’alta domanda. In seguito, tuttavia, Air Serbia è tornata a servire la Federazione con le stesse frequenze antecedenti la guerra. Una scelta, quest’ultima, dettata tanto dalle ripetute (finte) minacce quanto dalle critiche ricevute.
Vucic, a tal proposito, pur con un certo vittimismo e parecchia retorica ha toccato un punto interessante: perché solo e soltanto Air Serbia si è beccata i rimbrotti dell’opinione pubblica, mentre le compagnie aeree turche, qatariote ed emiratine continuano a volare da e per la Russia indisturbate?