Il punto

Il 2035, lo stop alle auto a benzina e diesel e il «salva Ferrari»

La decisione dell'Europarlamento ha sollevato diverse polemiche, legate all'eccezione che consentirà la vendita di modelli di lusso fino al 2036
Marcello Pelizzari
09.06.2022 18:00

Il dado è tratto. O quasi. Mercoledì sera, gli eurodeputati hanno votato a larga maggioranza (339 voti favorevoli, 249 contrari e 24 astenuti) lo stop alla vendita di auto nuove ibride, a benzina o, ancora, diesel nel 2035. Raggiunta la scadenza, sarà possibile commercializzare solo e soltanto veicoli elettrici. Wow. Un passo importante, ancorché necessario nel tentativo di raggiungere la neutralità carbonica entro la metà del secolo. Sul fronte politico, la proposta della Commissione Europea (avallata dall’Europarlamento) ha resistito all’assalto della destra e delle lobby dei produttori che, leggiamo, volevano ritardare tale scadenza.

Fatta la premessa, c’è un «ma». Anzi, un’eccezione. Che conferma la regola, certo, ma che allo stesso tempo ha fatto storcere più di un naso. Denominato «emendamento salva Ferrari», spinto dalle citate lobby, votato dal Partito popolare europeo, dalla destra conservatrice e da una parte del gruppo Socialists&Democrats, consentirà la vendita di auto di lusso (a benzina) fino al 2036, a patto che la produzione sia minore di 10 mila unità all’anno.

Si tratta, al momento, della sola deviazione – se così vogliamo chiamarla – nel cammino verso le zero emissioni. In ogni caso, se ne riparlerà il prossimo autunno durante le negoziazioni fra eurodeputati e Stati.

Il «salva Ferrari»

La polemica, beh, è servita. Da un lato, è stato fatto notare, l’ambizione e la spinta verso un futuro sostenibile non cambiano. Anche perché, se parliamo di emissioni di CO2, il settore delle auto di lusso ha un impatto certamente limitato. Dall’altro, tuttavia, secondo alcuni esperti è stato dato un segnale sbagliato e fortemente antisociale. Della serie: perché il peso della transizione, anche se non soprattutto economico, non deve passare pure dalle «sportive»?

I dati, a tal proposito, sono chiari: in media, il 10% più ricco consuma dall’8 al 10% in più di carburante rispetto ai meno ricchi.

Così facendo, insomma, una piccola parte di inquinatori «top» (per ora) verrebbe risparmiata mentre i sacrifici della transizione graverebbero sulle spalle delle famiglie più modeste, già confrontate all’impennata di prezzi.

Non solo, l’emendamento salva Ferrari lancerebbe un secondo segnale sbagliato: sì, aggirare le regole e ottenere deroghe è possibile. Il che, di riflesso, non è proprio l’assist perfetto per la battaglia sul clima. In passato, in altri settori, questa sorta di disuguaglianza sociale aveva già colpito: laddove le grandi aziende o le fasce più ricche della popolazione vengono toccate, ecco che sbucano eccezioni.

«Non è abbastanza»

Le varie associazioni per la difesa dell’ambiente, di nuovo, hanno lamentato una mancanza di coraggio e iniziativa poiché, nel testo, gli obiettivi intermedi di riduzione delle emissioni non sono stati toccati. Erano stati fissati a -15% nel 2025 e -55% nel 2030, mentre la ong Transport & Environment aveva chiesto, nello specifico, una riduzione dell’80% delle emissioni nel 2030 e una soglia intermedia aggiuntiva, nel 2027, a mo’ di controllo.

Nessun accenno, parallelamente, al peso dei veicoli. Tradotto: i produttori saranno ancora incentivati a ideare e vendere SUV. Veicoli che, per quanto elettrici, consumano molta energia e necessitano di un quantitativo maggiore di materie prime e metalli rari per le batterie.

I marchi che ne pensano?

Detto della fascia lusso ed extra lusso, come si sono mossi e si stanno muovendo i grandi marchi per assecondare questa transizione? C’è chi, come Audi, aveva anticipato i tempi annunciando che, dal 2026, avrebbe prodotto solo modelli elettrici cessando la produzione di motori termici nel 2033, quindi due anni prima della data limite imposta dall’Unione Europea. Altri, per contro, stanno mantenendo un atteggiamento (scusate il gioco di parole) più ibrido. BMW, ad esempio, da un lato si è impegnata sul fronte elettrico ma, dall’altro, sta ancora sviluppando una nuova generazione di motori termici.

Senza contare che, dal 2035, ora come ora nulla vieterà alle persone di acquistare e vendere auto a benzina o diesel usate. In questo senso, le previsioni indicano che il mercato dell’usato sarà piuttosto attivo. Quantomeno finché il prezzo medio delle elettriche non calerà ulteriormente.

Le infrastrutture

Una road map così stringente e rigorosa, va da sé, richiederà investimenti importanti anche in termini di infrastrutture e alternative: lo sviluppo di colonnine di ricarica, ma anche gli incentivi per utilizzare i mezzi pubblici. Le statistiche indicano che i trasporti, nell’UE, sono responsabili di quasi il 30% delle emissioni totali di CO2. Il grosso, evidentemente, è rappresentato dal trasporto su strada e in particolare dall’uso di auto private.

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