La storia

Il difficile percorso di recupero dei sopravvissuti al Nova Festival

Molti israeliani hanno scelto un «rifugio» a Cipro, il Secret Forest, per cercare di superare il trauma vissuto il 7 ottobre: dallo yoga all'arteterapia, ecco come cercano di «liberare la mente da quelle urla»
© Reuters
Red. Online
01.12.2023 10:30

Un'ora di volo. Per fuggire dall'orrore vissuto lo scorso 7 ottobre. E, di riflesso, per (provare a) ripartire. Molti dei partecipanti al Nova Festival, il rave preso di mira da Hamas durante gli attacchi terroristici in territorio israeliano, si trovano a Cipro. Sono sopravvissuti a una carneficina e, appunto, adesso cercano un nuovo inizio. Praticando yoga. Dipingendo. E meditando, come ha riportato Reuters. Attività gentili, insomma, per superare il trauma.

L'operazione Cipro, se così vogliamo definirla, è gestita direttamente dalle autorità israeliane. Reuters, in questi giorni, ha incontrato alcuni sopravvissuti. Chiedendo loro che cosa provino, a distanza di mesi, e soprattutto che cosa sia rimasto, dentro di loro, di quel giorno. Matan Madar, fra i primi a parlare con l'agenzia di stampa, ha detto di aver accettato il ritiro cipriota perché, più di ogni altra cosa, vuole placare le grida. Quelle di chi, il 7 ottobre, non ce l'ha fatta. Quelle che, ancora, sente nella sua testa. Dor Rahamin, invece, a Cipro cerca la pace. Neta Cohen, ancora, intende onorare la memoria di chi non c'è più vivendo appieno la sua vita, dopo aver visto quelle degli altri stroncate brutalmente.

«Stiamo cercando di liberare la mente dalle urla», ha detto Madar, 23 anni. Il 7 ottobre, quando i militanti di Hamas hanno scatenato il caos, Madar ha perso gli amici di una vita. Secondo le stime ufficiali, 364 persone sono state uccise durante il raid. In totale, 1.200 persone hanno perso la vita a causa degli attacchi in territorio israeliano. La risposta di Israele, secondo il Ministero della Sanità di Hamas, ha causato la morte di 15 mila palestinesi a Gaza. 

Il rifugio cipriota, tornando ai sopravvissuti del rave, è gestito da un uomo d'affari israeliano, Yoni Kahana. I sopravvissuti sono ospitati gratuitamente, secondo accordi presi con le autorità. Aiutato da una organizzazione non governativa israeliana, IsraAID, il rifugio Secret Forest si trova sulle montagne che dominano Paphos, nella parte occidentale dell'isola, e consente ai sopravvissuti del festival in cerca di conforto di soggiornarvi a rotazione. Conforto, appunto, è la parola chiave.

«Quando abbiamo visto quello che stava accadendo in Israele abbiamo deciso immediatamente di aiutare», ha detto Kahana a Reuters. Oltre 1.800 israeliani si sono iscritti al programma, che comprende yoga, sessioni di terapia, escursioni e meditazione. Attività supervisionate da una ventina di terapisti volontari.«Stanno ricevendo gli strumenti per tornare a vivere», ha proseguito Kahana.

Rahamim, 28 anni, a Reuters ha spiegato di sentirsi sempre nervoso. «Ho bisogno di guardarmi intorno, di sentire, di vedere che tutto va bene, che qualcuno non mi sorprenda», ha raccontato durante una sessione di arteterapia, seduta a terra in un angolo con la schiena appoggiata al muro. Molti sopravvissuti al trauma, in effetti, si stanno rivolgendo all'arte nel tentativo di esternare i propri sentimenti, dipingendo con il rosso, il bianco e il nero, i colori del trauma, prima di aggiungere raggi di sole, un arcobaleno o un fiore, come ha raccontato la terapeuta Lilach Galkin. «Molte cose sono collegate alla speranza. Speranza e pace».

Neta Cohen, durante la visita di Reuters, stava lavorando a un collage. Un collage che includeva una foto di una persona presa da una piattaforma social senza «mi piace». Il motivo della scelta? Le persone non hanno bisogno di vivere la loro vita desiderando l'approvazione degli altri. «Devi fare quello che vuoi e che ti piace, perché in questi due mesi ho capito che la vita è breve».

La vita è breve. E quella dei sopravvissuti sta proseguendo, grazie anche all'aiuto di luoghi rifugio come Secret Forest.

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