Il disastro del Columbia, vent'anni fa

C’è stato un tempo, nemmeno troppo lontano, in cui gli Stati Uniti hanno – diciamo così – voltato le spalle allo spazio o, meglio, alle missioni con equipaggio. Il motivo? Il disastro del Columbia, lo shuttle disintegratosi al rientro nell’atmosfera terrestre. Era il 1. febbraio del 2003, sono passati vent’anni.
Dopo l’esplosione del Challenger, nel 1986, all’improvviso la NASA si ritrovò a dover gestire una seconda sciagura, costata la vita a sette astronauti. Soprattutto, l’Agenzia spaziale statunitense venne aspramente criticata per la gestione del rischio e per la (scarsa) cultura della sicurezza. Di più, l’intera flotta degli shuttle venne tenuta a terra per due anni e mezzo. Provocando, di riflesso, grandi cambiamenti a livello di ambizioni, programma e mezzi.
Oggi la Luna, ma...
Già, perché nel 2004 l’allora presidente degli Stati Uniti George W. Bush annunciò che gli shuttle sarebbero stati presto ritirati. Lo stop vero e proprio avvenne nel 2011 e costrinse la NASA, nonostante già all’epoca vi fossero non poche preoccupazioni geopolitiche circa la collaborazione con la Russia, a dipendere totalmente da Mosca (e dal cosmodromo di Baikonur) per mandare i suoi uomini nello spazio. Una dipendenza interrotta solo nel 2020, grazie a Elon Musk e a SpaceX.
E per certi versi è incredibile pensare che, oggi, l’America ripensi non solo alla Luna ma anche a missioni umane su Marte, da compiere alla fine del prossimo decennio o all’inizio degli anni Quaranta.
L'ultima comunicazione
Il Columbia, tornando all’incidente, si spezzò a un’altitudine di 203 mila piedi (61.900 metri) sopra il Texas. Si spezzò mentre il controllo missione stava parlando con il comandante Rick Husband. Lo shuttle era partito dal Kennedy Space Center, in Florida, il 16 gennaio.
«To Columbia, here is Houston... we did not copy your last message» dissero dal controllo. Dopo un po’, la replica di Husband: «Roger but…». Si avvertì un rumore, quindi il contatto fu definitivamente perso. Lo shuttle sparì dagli schermi radar alle 9 del mattino, ora locale, le 15 in Svizzera. Mancavano sedici minuti circa all’atterraggio.
Il cielo del Texas e della Louisiana venne invaso da detriti. Le televisioni locali ripresero la scena, straziante, mentre un testimone a terra, Bob Molter, descrisse così l’incidente: «C’è stato un grande boato che ha fatto tremare la casa per più di un minuto, sono uscito fuori perché pensavo che ci fosse stato un incidente ferroviario sulla linea vicina. Ma non c’era niente, poi ho alzato lo sguardo e ho visto le scie di fumo che attraversavano il cielo a zig-zag».
L'inchiesta
Il Columbia era lo shuttle più vecchio in attività. Quando partì per una missione di sedici giorni, il 16 gennaio del 2003 come detto, era in servizio da oltre vent’anni. La missione STS-107 fu lanciata in condizioni di sicurezza estremamente rigide in seguito agli attentati dell’11 settembre 2001 e per la presenza a bordo del primo astronauta israeliano, Ilan Ramon.
Immediatamente dopo la tragedia, il presidente Bush interruppe il suo soggiorno a Camp David per fare ritorno a Washington. In un discorso televisivo rivolto alla nazione, salutò i membri dell’equipaggio come eroi.
Per comprendere le cause dell’incidente venne formata una Commissione indipendente di inchiesta, formata da analisti esperti civili e militari. Il registratore di volo del Columbia venne trovato vicino a Hempill, in Texas, il 20 marzo 2003. A scatenare il disastro fu un pezzo di schiuma isolante, caduto dal serbatoio esterno 81,9 secondi dopo il lancio, che colpì l’ala sinistra della navicella vicino ai pannelli RCC dal 5 al 9 causando un’ammaccatura. A tal proposito, il 7 luglio del 2003 presso il Southwest Research Institute vennero effettuati dei test sull’impatto della schiuma del rivestimento. In particolare, vennero utilizzati dei blocchi di rivestimento di dimensione e massa simile a quello che colpì il Columbia. I test dimostrarono che l’impatto creò un buco di 41 x 42,5 centimetri in un pannello rinforzato carbonio-carbonio. Gli esperti, dunque, conclusero che il Columbia subì un impatto tale, alla partenza, che avrebbe potuto rompere i pannelli RCC nel bordo anteriore dell’ala. Pannelli deputati alla protezione termica, essenziali quindi per il rientro nell’atmosfera.
Il 26 agosto, la Commissione inviò il suo rapporto sull’incidente. Confermando che sì, la causa primaria era da attribuire a una breccia nel bordo anteriore dell’ala sinistra. La stessa Commissione criticò aspramente i processi decisionali (decision-making) e di valutazione del rischio (risk assessment) della NASA. Il rapporto concluse che i processi e la struttura organizzativa erano «sufficientemente allentati» da compromettere la sicurezza, indipendentemente dalle persone che occupavano i posti chiave nei processi decisionali. Per dire: lo Shuttle Program Manager era il responsabile per la sicurezza, la puntualità dei lanci e il contenimento dei costi, obiettivi spesso in conflitto tra loro. La Commissione rilevò che la NASA aveva accettato dei compromessi rispetto ai rigorosi criteri di progettazione, considerando «normali» determinati eventi che si presentavano in molti lanci e non portavano a conseguenze fatali. Tra queste, beh, fu rilevato il conflitto tra le specifiche del sistema di protezione termico, che non era stato progettato per sostenere danni da impatto significativi, e i frequenti impatti che avvenivano durante i voli.
La fine degli shuttle
Il programma Shuttle nacque nel 1972 durante la presidenza Nixon, diventando presto il fulcro delle ambizioni statunitensi nello spazio. La flotta fece da «ditta dei trasporti» portando oltre l’atmosfera circa 1.500 tonnellate di attrezzature e rivelandosi fondamentale per la costruzione del primo telescopio spaziale, il mitico Hubble, e la Stazione Spaziale Internazionale.
Dopo il disastro del Columbia, la NASA varò cambiamenti radicali per migliorare la sua cultura della sicurezza. I voli degli shuttle ripresero nel luglio del 2005, con il Discovery, l’Endeavour e infine l’Atlantis, che continuarono a collegare la Terra alla Stazione Spaziale fino al 2011.