Il discorso di Xi? «Prudente, nel solco della sua politica»
Un inchino di fronte ai 2.926 delegati, che rispondono con un rumorosissimo e lungo applauso. È cominciato così uno dei momenti più attesi del XX Congresso nazionale del Partito comunista cinese (PCC), il discorso di Xi Jinping. Un concentrato di equilibrismo politico sciorinato in meno di due ore, in cui il presidente ha toccato (ma a volte ha soltanto sfiorato) tutti i temi della sua lunga stagione politica. Taiwan, certo, ma anche l’unità nazionale, l’ideologia, l’economia, l’esercito e l’ambiente. Il tutto in un contesto non semplice per la superpotenza asiatica, stretta fra una pandemia che ancora paralizza e un’economia in flessione rispetto agli incredibili fasti del passato.
Con Franscesco Sisci, sinologo, autore e editorialistache vive e lavora a Pechino, dove attualmente è ricercatore senior presso la Renmin University of China, analizziamo i punti salienti del lungo punto politico di Xi.
L’ideologia
«È stato un discorso molto attento, molto prudente, anche visto il difficile contesto geopolitico», spiega il professore. «Uno dei temi principali sollevati, se si guarda alla Cina stessa, è l’unità nazionale ma anche l’appello che Xi ha fatto allo studio del marxismo non è secondario. È una sorta di ideologia a tutto tondo, una stella polare del partito comunista. È un tema prettamente interno al partito, è vero, ma è interessante come non ci siano stati riferimenti al marxismo-leninismo, a Mao, a Deng Xiaoping («l’architetto» della riforma economica cinese, ndr)». Punti cardinali utili a tracciare il futuro sentiero del Partito comunista e quindi dell’intera nazione, fra retorica e ideologia, ma il punto essenziale e che più interessava l’Occidente era un altro: Taiwan e il suo destino, ad appena due mesi dalla controversa visita della presidente della Camera USA Nancy Pelosi. Una missione che ha fatto infuriare Pechino fino al punto di dare vita a manovre militari senza precedenti. «La Cina non rinuncia all’isola e Xi lo ha sottolineato, anche se non sono stati fatti riferimenti bellicosi agli Stati Uniti», aggiunge Sisci. «Il concetto principale figurato dal presidente è stato ‘‘fare avanzare’’ i rapporti con Taiwan. Il che significa che non c’è una scadenza precisa entro cui l’isola dovrà essere unificata. Certo, questo è l’obiettivo che rimane all’orizzonte e la Cina non rinuncerà all’uso della forza, come ha detto lo stesso Xi. Ma in generale non si è notato uno scostamento rispetto alla retorica ufficiale su questo tema». Retorica che, semplicemente, considera Taiwan una parte inalienabile del suo territorio, da riunificare quindi anche con la forza pur non avendola mai controllata. «Risolvere la questione di Taiwan è un affare del popolo cinese e spetta al popolo cinese decidere», ha chiosato il presidente, strappando al Congresso qualcosa di molto simile a una standing ovation.


COVID ed economia
Dagli applausi scroscianti per le parole su Taiwan ai due temi più complessi e delicati a livello di consenso interno per il presidente cinese: la politica estrema dello zero COVID e l’economia. Due facce della stessa medaglia, secondo alcuni, ma abilmente gestite durante il discorso dal leader cinese. «Sul COVID è stata sottolineata la volontà di mantenere una buona situazione sanitaria per le persone, e Xi non ha accennato alla possibile cessazione dell’attuale rigida strategia per arginare la pandemia», rileva il sinologo. «È stato prudente, ancora una volta. Sul fronte economico, invece, ha scavato nel passato, sostenendo come negli ultimi dieci anni (la durata dei suoi primi due mandati, ndr) il PIL del Paese sia raddoppiato». Qualcosa di cui vantarsi, quindi, per tenere sempre dritta la barra delle sue politiche nonostante recenti critiche interne. «Un dato che emerge dal discorso è proprio la volontà di continuità da parte di Xi», aggiunge Sisci. «In tutti gli ambiti toccati nel discorso, il presidente non ha mostrato segni di sterzate liberali né autoritarie. È stato un discorso di prudente continuazione politica».
Il futuro del Politburo
Talmente prudente che Xi non ha mai citato – nemmeno indirettamente – la guerra in Ucraina e la sua amicizia «senza limiti» con il presidente russo Vladimir Putin, oppure la turbolenta scena internazionale. Nessuna menzione, inoltre, dei Paesi che «la pensano allo stesso modo», come però fatto in passato per sottolineare i rapporti internazionali vantati da Pechino, in risposta alle accuse di isolamento. Dopo il discorso iniziale, ora il focus del XX Congresso del PCC si sposta sulle nomine. «Sarà il punto culminante», rileva ancora il professore. «Dovranno essere scelte le figure del nuovo comitato centrale, circa 300 tra membri a pieno regime e membri supplenti, e quelle del Politburo allargato, 25 persone circa. Infine c’è l’organo più importante, il Politburo ristretto. Questo è il punto nevralgico, perché non sappiamo come sarà composto ma soprattutto come sarà organizzato. Quale ruolo avrà Xi Jinping? Sarà ancora segretario del Partito e presidente del Paese oppure indosserà una nuova veste politica? Solo una volta chiariti questi tasselli potremo capire che tipo di Cina avremo nel prossimo futuro».