Il reportage

Il fronte bloccato sul Dnipro, dove si continua a morire

I combattimenti non accennano a diminuire e i morti aumentano sia tra i civili sia tra i militari
© AP
Luca Steinmann
25.10.2023 22:57

In Ucraina la guerra non si ferma e tanta gente continua a morire. Muoiono i soldati che combattono nelle trincee sulla lunghissima linea del fronte che taglia in due il Paese e che, partendo dall’estremo Nord, nella regione di Kharkiv, scende nel Donbass per poi proseguire nelle contese regioni meridionali di Zaporizhya e Kherson. Muoiono anche i civili, asserragliati in città esposte ai bombardamenti.

Il conflitto non si sblocca; né i russi né gli ucraini riescono a sfondare le linee nemiche e a dichiararsi vincitori. Tranne qualche occasionale e marginale conquista territoriale, è ormai quasi un anno che il fronte è fermo, senza che nessuna delle due parti smetta però di sparare.

Per toccare con mano le sofferenze dei civili si deve andare nel Donbass. Qui, a differenza delle altre regioni belligeranti, la guerra non è iniziata nel 2022 ma nel 2014. Particolarmente colpita è la contesa regione di Donetsk, che prende il nome dall’omonima città obiettivo, da quasi 10 anni, di continui bombardamenti e teatro di cruenti scontri armati. L’area urbana è in mano ai russi, ma le forze ucraine controllano ancora una lingua di cittadine e villaggi che la cingono. L’esercito di Mosca ha provato a più riprese a fare arretrare il nemico, senza riuscirvi in maniera significativa. L’ultimo attacco è in corso in queste ore, con le truppe russe intente ad assaltare la città industriale di Avdiivka, che guarda direttamente su Donetsk. Si combatte in spazi strettissimi. Lunghe file di mezzi militari, con sopra disegnate le grosse Z, percorrono le strade polverose e piene di buche intorno a Donetsk e raggiungono i soldati all’assalto per portare loro armi e rifornimenti. Da Avdiivka, invece, partono regolarmente missili verso Donetsk, nel cui centro non passa minuto senza che si sentano forti esplosioni. Tre botti di fila particolarmente assordanti sono seguiti dal diffondersi nell’aria di un denso fumo nero che offusca la vista. Tre colpi di artiglieria hanno appena colpito altrettante palazzine, miracolosamente senza fare né morti né feriti. Nelle strade non si vede nessuno, tutti se ne stanno chiusi in casa, terrorizzati.

Blitz con le barche veloci

Lasciandosi Donetsk alle spalle si prosegue verso Sud imboccando la strada che, da Mariupol, conduce nella regione meridionale di Zaporizhya. Anche questa, come quella di Donetsk, è divisa in due, contesa tra russi e ucraini. La grande differenza è che qui la linea del fronte è segnata da un confine naturale: il fiume Dnipro, che nei suoi punti più ampi raggiunge una larghezza di 12 chilometri. I russi sono sulla sponda meridionale, gli ucraini su quella opposta; anche qui, entrambe le parti si bombardano massicciamente tutti i giorni senza che nessuno avanzi. Fino al mese di giugno le forze ucraine provavano ripetutamente ad attraversare il fiume a bordo di rapide barche a motore per colpire il nemico sulla costa opposta.

Ciò non è più possibile da quando, a giugno appunto, è stata fortemente danneggiata la diga di Khakovka, situata 120 km più a Ovest. Mentre le acque di riversavano nella sottostante regione di Kherson, allagandola, il Dnipro si è completamente svuotato. Oggi del fiume non resta che un immenso cratere, quasi completamente asciutto. Al suo centro scorre ancora un fine rigagnolo proveniente da Ovest e che, scendendo verso Est, si restringe sempre di più fino ad estinguersi. Intorno a esso le chiazze di fango e sabbia melmosa, che un tempo formavano il fondo, sono in gran parte ricoperte di alta erba incolta cresciuta nel corso dell’estate, di qualche detrito e di tubi che qui una volta sversavano le acque fognarie.

I soldati russi, armati di kalashnikov, si appostano tra le frasche lungo la costa da loro controllata e guardano all’orizzonte i territori nemici. Appena sentono un ronzio, puntano le armi verso il cielo e aprono il fuoco. «Cerchiamo di abbattere i droni ucraini - dice uno di loro - sono migliaia, e volano sopra di noi per osservarci e dare all’artiglieria le coordinate per bombardarci».

A inizio settembre, l’esercito ucraino ha dato il via a una controffensiva su larga scala in questa regione, provando a oltrepassare il cratere e a riconquistare i territori in mano ai russi. Questo attacco, però, non ha portato a conquiste rilevanti e non ha fatto spostare il fronte, che rimane segnato del Dnipro. Preso atto dell’insuccesso, le forze di Kiev hanno cambiato strategia, non più tentando grandi avanzate terresti ma bombardando le posizioni nemiche con missili di precisione forniti dai Paesi NATO. E poi infiltrando nei territori in mano ai russi gruppi di sabotatori che colpiscono gli obiettivi nemici. Oltre che reclutando cittadini residenti nelle zone in mano alle forze del Cremlino perché rendano al nemico la vita difficile. Anche i russi sparano verso la costa opposta senza però avanzare. Nel corso degli ultimi mesi, la guerra è molto cambiata; la costante che rimane è che sia soldati sia i civili continuano a morire. Senza che si veda, purtroppo, una via d’uscita.

In questo articolo: