Il giubileo di Elisabetta II, visto dal Ticino
Dal 2 al 5 giugno si festeggia in grande stile a Londra il giubileo di platino di Elisabetta II per i settant’anni di regno. Ci saranno parate, concerti e chilometri di ghirlande di bandierine Union Jack. La regina è la sovrana più longeva del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e degli altri reami del Commonwealth. è il capo di Stato di una monarchia costituzionale, ha poteri simbolici di unità e identità nazionale, e rimane politicamente neutrale. La sua figura è circondata da un’aura di mito e timore reverenziale che si respirano a distanza. Questa icona di stile, con i suoi cappellini in tinta con i tailleur dai colori pastello e le borsette minimali, è anche una madre amorevole. Elisabetta II e il principe Carlo, suo erede al trono, spesso al centro dell’attenzione dei giornali di gossip, in realtà sono garanti super partes di stabilità nazionale e ambasciatori di cultura e tradizioni. Ne abbiamo parlato con Luca Maria Venturi, esperto di comunicazione istituzionale e finanziaria internazionale, consulente di multinazionali e governi per casi di crisi, giornalista, scrittore e critico d’arte che ha collaborato a un progetto pluriennale che vedeva protagonista il principe Carlo.
Luca
Venturi, come le è capitato di entrare in contatto con la famiglia reale
inglese?
«A Londra ero
conosciuto avendo lavorato in un’agenzia stampa di Fleet Street e come capo del
settore di comunicazione economico-finanziaria di importanti società di
consulenza anglosassoni. All’inizio degli anni 2000 era urgente gestire un
progetto che coinvolgeva il principe Carlo e i rapporti con il Medio Oriente.
In quell’area avevo già svolto operazioni complesse di comunicazione per alcuni
governi, tra cui il Kuwait. Così fui chiamato come “flying doctor”, un termine che
deriva dai medici che intervengono in aereo nei villaggi più remoti. A Londra
abbiamo allestito un ufficio a Queen's Gate con abitazione a Lancaster Gate, a
cavallo di Hyde Park, e abbiamo lavorato a tamburo battente per svolgere un
vasto programma che riguardava la casa reale inglese, quella saudita, gli
spostamenti ufficiali di un paio di re, varie altezze reali e altezze e basta
tra Londra e il Medioriente. Nello specifico, curavo i rapporti con i media
britannici e internazionali, riuscendo a portare alcuni giornalisti svizzeri ed
europei in Arabia Saudita, fatto allora straordinario, mentre un collega si
occupava dell‘organizzazione di eventi, cene, inviti, protocollo, ospitalità,
voli sull’aereo reale… ».
C’è
qualche mito da sfatare che riguarda la famiglia reale inglese?
«Intanto le
persone con cui sono stato in contatto sono competenti, piacevoli e spesso con
uno spiccato senso dello humour. Certo hanno anche un carattere particolare, in
alcuni momenti… I membri della casa reale inglese svolgono attività umanitarie,
culturali, artistiche, ambientali e molto altro. Purtroppo, sono ingiustamente
relegati alle pagine dei giornali ‘boulevard’ o di gossip e ‘rosa’ che, alla
fine, li ridicolizzano. La mia idea fu di cercare di allargare l’attenzione sul
progetto a media d’opinione come la NZZ, Panorama e le agenzie stampa che sono
la ‘materia prima’ dei giornali».
Che
ruolo ha il principe Carlo d’Inghilterra?
«È il più longevo erede al trono della storia delle isole
britanniche… e in questi giorni ha dato il via a una soft regency, una
reggenza ufficiosa per alleviare il lavoro pubblico dell’anziana regina
Elisabetta. Il principe di Galles è un dinamico working royal capace e molto preparato,
già dagli anni Settanta si occupava di opere filantropiche, charity,
fondazioni, ambiente, materiali naturali sostenibili; è sempre stato
interessato all’architettura, ma soprattutto all’arte perché si dedica alla
pittura ad acquarello con buoni risultati, spesso dipinge con James Hart Dyke».


Quale
ricorda tra le iniziative che vedevano coinvolto il principe Carlo?
«La mostra di
pittura del principe Carlo tenuta a Londra nel 2000 e a Riyadh nel 2001, in
parallelo con le opere del principe Khalid Al-Faisal Al Saud,
governatore della Mecca. Questa iniziativa era volta a rinsaldare i
rapporti culturali e d’amicizia tra il Regno Unito e quello dell’Arabia
Saudita. Un risvolto parallelo era una missione di carattere umanitario molto
riservata».
Quanto
ha contato l’onda lunga della politica britannica nei buoni rapporti degli
arabi con la monarchia inglese?
«Storicamente, la
Gran Bretagna ha avuto un ruolo determinante in Medio Oriente. Gli stati di
quella regione, in estrema sintesi, si sono formati in conseguenza della
vittoria dei britannici, affiancati dai gruppi arabi, sull’impero Ottomano
turco, basti ricordare le imprese di Lawrence d’Arabia e in particolare i suoi
sforzi in favore di un riconoscimento politico delle popolazioni arabe locali».
Ha
mai incontrato la regina Elisabetta?
«A Whitehall, di
prima mattina, io e il mio collega andiamo a controllare che fosse tutto a
posto per l’inaugurazione della mostra d’arte del principe di Galles. Nella
sala monumentale, deserta, nel silenzio, si intravede, in fondo, una figura minuta
di fronte ai quadri. Avvicinandoci, il mio collega si blocca e sibila “Her
Majesty!”. Era la regina Elisabetta che, da brava mamma, era andata alla
chetichella a esaminare i quadri del figlio. L’abbiamo salutata con l’inchino,
senza interrompere la sovrana ‘in visita privata’: discretion is the better
part of valour».


Ci
può raccontare qualche aneddoto di quel periodo londinese al seguito del principe di Galles?
«Avevamo
organizzato un incontro tra il principe Carlo e i Sauditi, con tanto di trombettieri
dell’allora Royal Corps of Transport all’ingresso. Era in ritardo. Luci blu e
sirene in lontananza. L’auto e la
scorta del principe aveva creato un ingorgo incrociandosi con un secondo
corteo, quello della sorella principessa Anna che si recava ad un’altra
cerimonia. Frenetiche comunicazioni con i walkie talkie che strillavano “Royal
2”, “Royal 3”, i nomi in codice dei vari reali ridotti a un numero. Giunto
davanti alla delegazione saudita, il principe Carlo scende dalla macchina, fa
un passo verso di me, dicendomi: “Allora stasera vieni a cena da me” e solo
dopo va verso i Sauditi. Da non credere. L’invito a cena era per la sera stessa
a St James’s Palace. C’è una foto che mi ricorda un momento surreale e di
portare sempre lo smoking quando si è in viaggio».
Che
cosa la colpì di St James’s Palace?
«Il grande salone
con un quadro enorme dei lancieri del Bengala. Al piano superiore una serie
interminabile di sale con alle pareti trionfi di decine di moschetti del Settecento e sciabole d’abbordaggio disposte a
raggi di sole. In fondo, una vasta sala vuota con caminetto enorme dove Camilla
si soffermava con le amiche a commentare la serata e poi la sala del banchetto.
Lo champagne Cordon bleu era versato da camerieri con uniformi perfettamente in
ordine, ma un po’ lise per via del clima di spending review… Poi il principe
Carlo ha tenuto un discorso sul suo interesse per l’arte e la cultura e, pur
non essendoci ospiti d’onore italiani, ha ricordato che ama in particolare la
Toscana».
Che
tipo è il principe Carlo?
«È una persona
molto attiva, affabile, di grande educazione, ben informato e competente. Non
ama per nulla l’ingegneria genetica, invece apprezza i meriti dell’educazione
militare. Parlando tra noi, gli dissi che uno dei miei figli, suddito
britannico e studente al Christ’s College di Cambridge, era allievo ufficiale
del British Army e si lamentava che il sergente lo facesse dormire con gli
stivali infangati dentro il sacco-letto. “Questa è la vita militare!” commentò
il principe Carlo, dicendosi molto contento che mio figlio seguisse una
preparazione militare perché anche lui aveva fatto fare l’ufficiale ai suoi due
figli».


Quali
personaggi ricorda dell’entourage del principe Carlo?
«Il migliore amico
di Carlo sin dall’infanzia è l’ex re di Grecia, Costantino II che condivide la
passione per la vela. Poi erano spesso presenti esponenti di famiglie reali
come il Duca di Braganza, Sahle Selassie d’Etiopia, un simpaticissimo re
Simeone II dei Bulgari che, dopo la caduta del comunismo, è stato primo
ministro. Voleva sempre parlare con me in italiano perché è figlio della regina
Giovanna di Savoia».
Ha
mai conosciuto altri reali britannici?
Il duca di Kent,
che, pur anziano, guidava una moto giapponese anni ’70 nera e marrone, posteggiata nel cortile di St James e veniva ai
nostri cocktail a Lancaster Gate. E il compianto principe Filippo, presidente
internazionale del Wwf, che venne in Ticino come ospite d’onore nell’ambito del
Panda Ball per conferire il premio Duke of Edinburgh Conservation Award. Seppi
dai miei contatti londinesi con largo anticipo del suo arrivo a Lugano. Così andai a salutarlo all’hotel Splendide
Royal dove ci siamo intrattenuti a parlare».