Il missile Oreshnik e il messaggio di Putin al mondo: la «grave escalation» prima dell'arrivo di Trump
Prima dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, il prossimo 20 gennaio, si rischia di assistere ad azioni sempre più devastanti nella guerra in Ucraina. L’ultima settimana è stata a dir poco movimentata, per usare un eufemismo. Se il tycoon in campagna elettorale ha promesso di poter porre fine al conflitto «entro 24 ore», con una possibile apertura ai trattati negoziali anche da parte di Putin, l’Amministrazione Biden in questi giorni sta spingendo l’acceleratore per fornire a Kiev tutto l’aiuto possibile. Secondo fonti citate dalla Reuters, Joe Biden starebbe infatti cercando di rendere «a prova di Trump» alcuni aspetti del programma statunitense sull'Ucraina, temendo che il tycoon possa tagliare il sostegno militare. E ovviamente la cosa non piace a Mosca.
Dopo il via libera all’uso dei missili statunitensi ATACMS e dei britannici Storm Shadow sul territorio russo, con già diversi attacchi effettuati dall’esercito ucraino, e l’ok all’invio di mine antiuomo «intelligenti», ma comunque letali per la popolazione civile, ieri è arrivata la pesante risposta del Cremlino. Una pioggia di missili ha colpito strutture critiche a Dnipro. L’aeronautica militare ucraina ha denunciato pure l’utilizzo di un devastante missile balistico intercontinentale (ICBM), ma poi, nel corso della giornata, si è scoperto il vero volto dell’arma impiegata da Mosca. Il presidente russo Vladimir Putin, in una rara apparizione televisiva ha chiarito il mistero, parlando di un nuovo missile balistico ipersonico a medio raggio lanciato su un impianto militare-industriale. Il vettore, chiamato Oreshnik (traducibile in italiano con la parola «nocciolo»), ha capacità nucleare, può raggiungere una velocità 10 volte superiore a quella del suono, ed è probabilmente derivato dall’ICBM de RS-26 Rubezh. Forse è proprio per questo motivo che gli ucraini hanno inizialmente temuto che fosse stato utilizzato per la prima volta dall’inizio dell’invasione un missile balistico intercontinentale.
«I moderni sistemi di difesa aerea esistenti nel mondo e le difese antimissile create dagli americani in Europa non possono intercettare tali missili», ha dichiarato il presidente russo con tono minaccioso. D’altronde già a luglio scorso Putin aveva fatto sapere che la Russia avrebbe iniziato a produrre missili a raggio intermedio per rispondere agli Stati Uniti, che già schierano questa tipologia di arma.
I missili a raggio intermedio, o IRBM, possono raggiungere distanze comprese tra i 500 e 5.500 chilometri. Quello esploso ieri su Dnipro, secondo i funzionari militari ucraini, sarebbe stato lanciato da terra, dalla regione russa di Astrakhan, sul Mar Caspio, percorrendo circa 700 chilometri prima di colpire il bersaglio.
Secondo Matthew Savill, direttore delle scienze militari presso il Royal United Services Institute, il nuovo vettore russo ha una gittata che va «ben oltre qualsiasi cosa vista finora in questo conflitto e probabilmente è il primo impiego in combattimento» di un missile con testate multiple.
Nel video dell'attacco si vedono infatti diverse scie infuocate seguite da potenti esplosioni, un segno evidente delle molteplici testate utilizzate, cadute sui bersagli da diverse angolazioni. L’Oreshnik non appartiene dunque solo alla categoria dei missili balistici a raggio intermedio (IRBM), ma pure a quella dei MIRV (Multiple Independently targetable Reentry Vehicles), cioè i missili balistici con testate multiple che, in questo caso, possono essere nucleari.
I missili balistici in grado di raggiungere distanze così elevate trasportando armi atomiche, sottolinea la CNN, sono stati alla base della deterrenza durante la Guerra Fredda, in quanto protagonisti del concetto di «distruzione reciproca assicurata». Il ragionamento è che, se anche solo pochi missili resistono a un primo attacco nucleare, nell'arsenale dell'avversario rimarrà abbastanza potenza di fuoco per spazzare via diverse città dell'aggressore. Ciò dovrebbe scoraggiare chiunque dal premere il pulsante d'attacco.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha affermato che l’uso dell’arma sperimentale da parte della Russia equivale a «una chiara e grave escalation» nella guerra e ha chiesto una forte condanna mondiale, poiché Putin sta cercando di «terrorizzare» i civili e intimidire gli alleati dell'Ucraina.
Il portavoce della NATO Farah Dakhlallah ha comunque sottolineato che «l'impiego di quest’arma non cambierà il corso del conflitto né scoraggerà gli alleati della NATO dal sostenere l'Ucraina». Secondo il Leader di Kiev l'attacco su Dnipro rappresenta «l'ennesima prova che la Russia non ha alcun interesse nella pace». E ha aggiunto che «la Russia deve essere costretta a una vera pace, che può essere raggiunta solo attraverso la forza».
Il lancio dell'Oreshnik non è solo una risposta agli attacchi ucraini con armi occidentali contro le strutture militari russe nelle regioni di Bryansk e Kursk, ma è un chiaro messaggio del Cremlino all’Occidente. Lo zar, non ha parlato apertamente di Terza guerra mondiale, ma ha affermato che «il conflitto regionale in Ucraina, provocato dall'Occidente, ha assunto elementi di natura globale». Tralasciando di menzionare i circa 10 mila soldati nordcoreani schierati nella regione di Kursk insieme ai russi.
Putin proprio questa settimana ha approvato il decreto che aggiorna la dottrina nucleare del Paese, ampliando le condizioni di impiego di armi atomiche, e ieri ha ribadito che la Russia ha «il diritto di usare armi contro le strutture militari dei Paesi che consentono di usare le loro armi contro le nostre strutture». Tradotto: se la NATO permette all’Ucraina di lanciare missili occidentali sulla Russia, allora Mosca può rispondere colpendo i Paesi dell'Alleanza atlantica. Una «risposta speculare», ha affermato il presidente russo, alle «azioni aggressive contro di noi».
Putin ha pure fatto sapere che, nel caso dovesse essere lanciato ancora il nuovo missile, avvertirà in anticipo i nemici sul suo utilizzo per consentire ai civili di cercare un rifugio sicuro, come gesto «umanitario», perché le difese antiaeree ucraine non «possono fermare l'attacco». Ed effettivamente pure i Patriot americani farebbero parecchia fatica a intercettare le testate multiple di un missile che raggiunge Mach 10, cioè una velocità di 2,5-3 chilometri al secondo.
Secondo due funzionari statunitensi, a cui l’Associated Press ha garantito l’anonimato, la Russia sarebbe in possesso di pochi esemplari di questo tipo di missile sperimentale e non si prevede che l’arma venga impiegata regolarmente contro l'Ucraina.