Il mistero del volo MH 370, nove anni dopo
L’8 marzo del 2014, il volo MH 370 della Malaysia Airlines sparì con 239 persone a bordo. Nove anni dopo, Netflix ritorna sulla vicenda con una miniserie mentre le famiglie di chi, quel giorno, si trovava a bordo del Boeing 777 chiedono al governo malese di dare il via libera a un’altra ricerca dell’aereo, inabissatosi in mezzo all’Oceano.
«La Malesia ammetta»
La scomparsa del volo MH 370, che trasportava passeggeri provenienti da 14 nazioni diverse, con il passare dei giorni, dei mesi e appunto degli anni è diventato il più grande mistero dell’aviazione. Scomparve mentre sorvolava il Mar cinese meridionale, durante un banalissimo volo di routine da Kuala Lumpur a Pechino.
Al riguardo, per tutto questo tempo, si è detto e scritto molto. Di tutto, anzi. Ogni ipotesi è stata vagliata e studiata, compresa quella del gesto estremo. «Non è un giallo, a voler essere sinceri» ha detto al Corriere della Sera uno dei tanti analisti che ha contribuito alla stesura del rapporto finale dell’incidente. «È semplicemente una decisione governativa, cioè della Malesia, di non ammettere che l’aereo è andato in fondo all’Oceano Indiano su decisione del comandante Zaharie Ahmad Shah».
Ufficialmente, dopo una ricerca coordinata da Malesia, Cina e Australia durata tre anni, gli investigatori non sono arrivati a una conclusione.
Ocean Infinity ci riprova
Uno spiraglio, in questo senso, potrebbe aprirsi grazie a Ocean Infinity, società statunitense di robotica marina che cercò (senza successo) l’aereo nel 2018. Società che, ora, afferma di avere nuove prove. Grazie alle quali, finalmente, trovare il relitto.
Voice370, un’associazione di famigliari delle vittime, dal canto suo sta esortando le autorità malesi a sostenere un’altra ricerca di Ocean Infinity. In una nota, il gruppo ha affermato che «la minaccia alla sicurezza aerea globale rimane un problema». Tradotto: i parenti avrebbero bisogno, per ricostruire le loro vite, una risposta definitiva rispetto a ciò che successe l’8 marzo del 2014, ma lo stesso si può dire per l’intero settore. Abituato, da sempre, a trarre insegnamenti e apportare correzioni dopo una tragedia. Ma impossibilitato a farlo, a questo giro, perché manca l’elemento principale: il relitto. «Finché rimarremo all’oscuro di ciò che è accaduto all’MH 370, non saremo mai in grado di prevenire una simile tragedia» si legge ancora nel comunicato. «Di conseguenza, riteniamo che sia una questione di fondamentale importanza che la ricerca dell’aereo sia portata a termine».
Oliver Plunkett, amministratore delegato di Ocean Infinity, ha dichiarato a Guardian Australia che la società si è impegnata attivamente nel tentativo di riavviare e ravvivare le ricerche. In questo senso, discussioni con il governo malese verranno avviate nelle prossime settimane. «Siamo fiduciosi che il nostro team sarà istruito entro la fine dell’anno o nel 2024».
Che cosa dice Plunkett
Plunkett ha partecipato all’evento commemorativo che, ogni anno, si tiene per ricordare la sciagura. Via Zoom, ha detto ai famigliari delle vittime che si sarebbe rivolto di persona al governo malese mostrando le citate prove. Senza tuttavia specificare che cosa avrebbe scoperto, di nuovo, Ocean Infinity o, meglio, come avrebbe individuato il possibile luogo del relitto.
Il governo malese, per contro, ha sempre spiegato che non avrebbe sostenuto, anche finanziariamente, una nuova ricerca a meno che non saltassero fuori nuove (e convincenti) prove. «Negli ultimi 12 mesi abbiamo fatto progressi reali, lavorando con molte persone per migliorare la nostra conoscenza degli eventi del 2014 e, in ultima analisi, migliorare le nostre possibilità di condurre una ricerca di successo» ha detto Plunkett.
La posizione del governo malese
Se, e quanto, il tentativo proposto da Plunkett avrà o meno successo è difficile a dirsi. Il ministro dei Trasporti malese, Anthony Loke, nel ribadire la posizione del governo ha detto: «Dal 2014 la Malesia e partner internazionali hanno perquisito milioni di chilometri quadrati attraverso operazioni aeree, navali e sottomarine. Come ministro dei Trasporti, non chiuderò sommariamente il libro su questa tragedia». Ovvero, anche alla Malesia piacerebbe capire (e scoprire) che cosa è successo. Detto ciò, «verrà data la debita considerazione alle operazioni di ricerca qualora dovessero esserci informazioni nuove e credibili su dove si trova l’aereo».
La vicenda, evidentemente, ha un peso specifico enorme sui famigliari delle vittime. Uno di loro, all’evento commemorativo, ha sentenziato: «Siamo nello stesso posto in cui eravamo l’8 marzo 2014. Per tutti noi trovare risposte rimane una questione critica».
Da quando l’MH 370 sparì dai radar, alle 2.41 della notte asiatica, l’Oceano ha restituito una ventina di detriti. Lungo le coste africane e in alcune isole. Poco, troppo poco per capire che cosa successe a bordo. E come un semplice volo di linea si trasformò nel più grande mistero dell’aviazione.