Aviazione

Il mistero del volo MH370, dieci anni dopo

«Good night, Malaysian three seven zero»: era l'8 marzo del 2014 e questa è l'ultima comunicazione proveniente dal Boeing 777 di Malaysia Airlines – Che cosa è successo, dopo?
Un aereo di ricerca neozelandese durante le operazioni per individuare il relitto dell'MH 370. © AP
Marcello Pelizzari
07.03.2024 16:30

«Good night, Malaysian three seven zero». È l'ultima, ultimissima comunicazione proveniente dal volo Malaysia Airlines MH 370. Poi, il silenzio. Il nulla. Il buio. Da quell'8 marzo 2014, da quando cioè quel Boeing 777 in viaggio da Kuala Lumpur a Pechino, all'improvviso, ha deviato dalla rotta prevista virando verso ovest attraverso la penisola malese, sono passati dieci anni. Dieci, lunghissimi anni. Dati alla mano, dopo aver perso i contatti radar l'aereo ha volato verso sud per diverse ore. Dovrebbe, o meglio potrebbe essersi infine schiantato da qualche parte nell'Oceano Indiano meridionale dopo aver finito il carburante, trascinandosi appresso 239 persone provenienti da 15 Paesi.

Il condizionale, a oggi, è d'obbligo. Perché anni e anni di ricerche, sin qui, non hanno dato alcuna risposta. Il mare non ha restituito vittime né, d'altro canto, è stato possibile individuare il velivolo. Il governo malese, ora, sembrerebbe intenzionato a riattivare nuove ricerche. E questo perché, sempre di più, le domande rimaste inevase – come mai il volo MH370 ha cambiato rotta e, ancora, dove diamine è finito? – pesano come macigni. Sulle spalle della compagnia aerea, delle autorità e, soprattutto, dei familiari. Di chi, quella sera, ha perso qualcuno. 

Le ricerche

Dicevamo delle ricerche. La prima fase è durata una cinquantina di giorni. È stata condotta, in larga parte, dall'aria per un totale di 334 voli di ricerca e 1,7 milioni di miglia quadrate di Oceano scandagliate. Nel gennaio del 2017, invece, i governi di Australia, Malesia e Cina hanno ufficialmente cessato le operazioni sottomarine per individuare l'aereo. Lo hanno fatto dopo aver setacciato oltre 46 mila miglia quadrate del fondale oceanico. Uno sforzo, questo, costato la bellezza di 150 milioni di dollari. Un anno dopo, invece, il governo malese ha avviato un'altra ricerca, in collaborazione con Ocean Infinity, su pressione delle famiglie dei passeggeri e dei membri dell'equipaggio. Questa terza fase di ricerche si è conclusa dopo pochi mesi, senza il minimo indizio. La stessa Ocean Infinity, azienda texana di robotica sottomarina, si è rifatta sotto sulla base di nuove evidenze. A breve, potrebbe strappare dal governo malese un nuovo contratto per tornare a scandagliare l'Oceano Indiano. 

Le ipotesi su quanto accaduto

Se è vero che il relitto non è mai stato ritrovato in questi dieci anni, circa venti detriti appartenenti, si ritiene, all'aereo sono stati localizzati lungo le coste africane e sulle isole di Madagascar, Mauritius, Réunion e Rodrigues. Nell'estate del 2015, ad esempio, gli investigatori hanno stabilito che un oggetto di grandi dimensioni ritrovato a Réunion, un Dipartimento d'oltremare francese, era un flaperon di un Boeing 777. Alimentando così l'ipotesi, probabile, che si trattasse di un componente del volo MH 370.

Un altro detrito, un pezzo triangolare di fibra e alluminio con la scritta «No Step» sul lato, è stato trovato nel febbraio del 2016 lungo la costa del Mozambico.

Infine, nel settembre del 2016 il governo australiano ha confermato che un lembo d'ala arenatosi su un'isola della Tanzania, effettivamente, apparteneva al volo MH 370. Una conclusione, questa, cui l'Australian Transport Safety Buraeu è giunta confrontando i numeri di identificazione presenti sul detrito con quelli del Boeing 777 scomparso.

Un gesto deliberato?

Le domande inevase, ora. Ufficialmente, dopo una ricerca coordinata da Malesia, Cina e Australia durata tre anni, gli investigatori non sono arrivati a una conclusione. Il rapporto di 495 pagine, pubblicato nel 2018, non ha dato indicazioni in merito. Di teorie, riguardo alla scomparsa del velivolo, ne esistono a decine. Alcune bizzarre, altre provocatorie, altre ancora strampalate. L'opinione pubblica e le autorità, proprio a causa della mancanza di informazioni, hanno preso non poche strade nel cercare di trovare una soluzione. E una risposta. L'ipotesi più accreditata, come detto in apertura di articolo, è che l'aereo dopo aver volato per ore abbia finito il carburante e si sia quindi schiantato in mare. Possibile, se non probabile, ma resta da capire come mai l'MH 370 abbia cambiato rotta e sia finito chissà dove nell'Oceano Indiano meridionale, quando la sua destinazione finale avrebbe dovuto essere Pechino. C'è chi, al riguardo, ha parlato di dirottamento o, peggio, di una decisione del comandante Zaharie Ahmad Shah. Un suicidio, proprio così. Eppure, nel rapporto sono contenute anche tutte le analisi riguardanti passeggeri e piloti, fra cui il comandante e il primo ufficiale, Fariq Abdul Hamid. Sono stati esaminati in particolare lo stato finanziario dei due, la loro salute, il tono di voce usato nelle comunicazioni radio e persino la loro andatura. Ufficialmente, non sono emerse anomalie.

Nuove speranze

Dieci anni dopo la scomparsa del volo MH 370, secondo quanto affermato, il governo malese è pronto a discutere una nuova operazione di ricerca con i responsabili di Ocean Infinity. Oliver Plunkett, amministratore delegato dell'azienda statunitense, ha dichiarato che Ocean – a sei anni di distanza dagli ultimi sforzi profusi – è in grado di offrire nuove tecnologie. E, forse, di chiarire una volta per tutte il mistero dei misteri dell'aviazione.

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