Verso il conclave

Il monito del cardinale Reina sul prossimo Papa: «Non possiamo tornare indietro»

Il vicario della diocesi di Roma nell’omelia della messa in suffragio in San Pietro: «Non può essere questo il tempo di equilibrismi, tattiche, prudenze o, peggio, di rivalse e di alleanze di potere» - Secondo l’arcivescovo di Monaco serviranno più giorni per decidere
Un’immagine della Congregazione generale dei cardinali riunita nell’aula del Sinodo nel Palazzo apostolico, in Vaticano. ©AP
Dario Campione
29.04.2025 06:00

Tra le tante regole non scritte che presiedono l’avvicinamento al conclave, una è facilmente comprensibile: non si fa campagna elettorale. Non in modo aperto, quantomeno. L’autopromozione, l’autocandidatura, sono bandite. Si procede per vie diverse.

Nel marzo 2013, Jorge Mario Bergoglio - il quale già 8 anni prima aveva comunque ottenuto 40 voti nel conclave che aveva eletto Benedetto XVI - tenne un brevissimo discorso, meno di 5 minuti, in una delle ultime Congregazioni generali. L’arcivescovo di Buenos Aires, che aveva in tasca il biglietto di ritorno per l’Argentina, disse di sperare in una Chiesa che uscisse dalle zone di comfort, in una Chiesa che fosse meno clericale e molto più popolare. Poche sere dopo, si affacciava vestito di bianco dal loggiato di San Pietro.

Il riconoscimento del càrisma

Le Congregazioni sono già iniziate. Questa mattina si svolge la sesta, alla quale partecipano circa 200 cardinali. Gli elettori sono soltanto 135 (e con ogni probabilità voteranno in 133), ma quando si tratta di discutere il futuro del cattolicesimo in vista dell’elezione del Papa hanno diritto di parola pure gli ultraottantenni. Che possono essere determinanti. Per molti motivi. Uno dei quali, decisivo, è il riconoscimento del càrisma, la grazia come dono elargito da Dio.

Il pontefice non può essere soltanto teologo o unicamente dotato di grande capacità amministrativa e di governo. Deve essere riconosciuto come carismatico. Ecco perché le Congregazioni generali sono fondamentali. All’interno del sacro Collegio, rinnovato quasi totalmente da Francesco, molti cardinali non si conoscono o si sono visti pochissime volte. Per loro è essenziale ascoltare, misurare, apprezzare direttamente le parole del potenziale successore di Pietro. Valutarne le priorità, i programmi. E vagliarne, appunto, il càrisma.

Nel 2005, Joseph Ratzinger, allora decano del Collegio cardinalizio, tenne l’omelia funebre di Giovanni Paolo II e denunciò la «dittatura del relativismo». Entrò in conclave sapendo che nessuno poteva contrastarlo. Così fu. Oggi, è invece tutto molto più complicato da decifrare.

Il tracciato di Francesco

Incontrando ieri la stampa, cosa peraltro molto inusuale per un porporato, il cardinale tedesco Reinhard Marx, 71 anni, ha detto che «il conclave durerà alcuni giorni». Una dichiarazione molto significativa, dal momento che giunge da uno degli esponenti dell’ala più progressista del cattolicesimo nord-europeo. «Alcuni possono vedere una Chiesa divisa, ma la stragrande maggioranza del popolo di Dio dice che non è vero. E i cardinali non possono ignorare questo sentimento - ha spiegato Marx riferendosi alla folla accorsa prima ai funerali di Bergoglio e poi alla sepoltura in Santa Maria Maggiore - Abbiamo bisogno di un pontefice, nel cammino di Francesco, coraggioso, libero, credibile e profondamente radicato nel Vangelo, con una visione universale. Tutto il resto non è importante». In altre parole, il contrario di quello che sembra pensare il settore più conservatore, che ha rimproverato al Papa argentino la debolezza teologica e dottrinale, lo ha accusato di populismo e di deteriorare l’istituzione pontificia, e cerca adesso un candidato in grado di operare una correzione di rotta.

Il punto è che Francesco ha impresso un cambiamento tale alla Chiesa che tornare indietro sembra impossibile. E a confermarlo sono state le parole del decano del sacro Collegio, il 91.enne cardinale Giovanni Battista Re, il quale nell’omelia dei funerali di Bergoglio - pur non essendo un elettore - ha tracciato la linea su cui dovrà muoversi il conclave. Francesco «è stato un Papa in mezzo alla gente con cuore aperto verso tutti - ha detto - Inoltre, è stato un Papa attento al nuovo che emergeva nella società e a quanto lo Spirito Santo suscitava nella Chiesa. Con il vocabolario che gli era caratteristico e con il suo linguaggio ricco di immagini e di metafore, ha sempre cercato di illuminare con la sapienza del Vangelo i problemi del nostro tempo, offrendo una risposta alla luce della fede e incoraggiando a vivere da cristiani le sfide e le contraddizioni di questi nostri anni di cambiamenti, che amava qualificare “cambiamento di epoca”». Un altolà chiaro, quello del decano, a un ritorno al passato.

Il «progetto» di Zuppi

Non fanno campagna elettorale, i cardinali. Ma indicano ugualmente la strada quando parlano nelle occasioni rituali. E così, ieri, ha fatto rumore quanto detto da Baldassarre Reina, 54 anni, vicario generale per la diocesi di Roma, nell’omelia della messa in suffragio di papa Francesco, presieduta nella Basilica di San Pietro nel terzo giorno dei Novendiali. «Non può essere, questo, il tempo di equilibrismi, tattiche, prudenze, il tempo che asseconda l’istinto di tornare indietro, o peggio, di rivalse e di alleanze di potere - ha tuonato Reina, mettendo in guardia da - quella pigrizia mentale e spirituale che ci lega alle forme dell’esperienza di Dio e di pratiche ecclesiali conosciute nel passato e che desideriamo debbano ripetersi all’infinito, soggiogati dalla paura delle perdite connesse ai cambiamenti necessari. Che ne sarà dei processi avviati? - si è chiesto Reina - Nostro dovere dovrebbe essere discernere e ordinare quello che è incominciato. La gente ha riconosciuto a Francesco di essere stato un pastore universale e la barca di Pietro ha bisogno di questa navigazione larga che sconfina e sorprende».

E se ha un senso tentare di capire tra le righe l’orientamento e il programma di potenziali candidati al soglio di Pietro, allora inevitabilmente risaltano le parole pronunciate da Matteo Maria Zuppi, 69 anni, arcivescovo di Bologna e presidente della CEI, nell’omelia della messa presieduta nella Basilica di San Pietro, all’Altare della Cattedra, due giorni dopo la morte di Francesco. La nostra strada, ha detto Zuppi, è la «libertà evangelica, senza supponenza; la semplicità, ricordando che questa è, nella tradizione francescana, sorella germana della povertà. La semplicità che esamina sé stessa e nessuno condanna nel suo giudizio, che non desidera per sé alcuna carica, ma la ritiene dovuta e la attribuisce al migliore. Semplice e normale, ma non per banalità o minimalismo, anzi, al contrario, per comunicare ancora di più la grandezza di Dio, la gloria dell’umile che libera dalla tentazione di quella vuota dei farisei o dell’arrogante».