Il pesce lanterna sta salvando l'ambiente (e presto potrebbe smettere)
Qual è l'essere vivente che più si dà da fare per tenere a bada il cambiamento climatico? Qualcuno direbbe l'albero: grazie alla fotosintesi ogni giorno "pulisce" l'aria rimuovendo CO2 e trasformandola in ossigeno. Altri, un po' scherzosamente, voterebbero Greta Thunberg, la giovane attivista che da anni lotta per svegliare il mondo dal suo torpore inquinante. E se, invece, il vero protettore dell'ambiente fosse un pesce? Il pesce lanterna (Myctophidae, da non confondere con la rana pescatrice degli abissi e altri lofiformi famosi per la "lanterna" posta sul capo) potrebbe ricoprire un ruolo fondamentale nella difesa dell'ambiente. Questo abitante dei mari (di cui esistono circa 250 specie) è un pesce da record. Non solo è il più comune nella zona crepuscolare oceanica (quella che va tra i 200 e i 1000 metri di profondità), ma, si stima, le sue popolazioni sono probabilmente le più numerose, in tutto il pianeta, fra i vertebrati. E dire che dell'abbondanza di questo pesce bioluminescente si sapeva poco o nulla fino a poco tempo fa. Solo durante la Seconda guerra mondiale, quando i sonar delle navi scandagliavano il mare in cerca di nemici, si è scoperta un'enorme massa che ogni notte saliva in superficie per poi ridiscendere all'alba. Di cosa si trattava? Nessun avversario. Più semplicemente, degli impulsi sonori rilasciati dalle vesciche natatorie (organi che regolano il galleggiamento) di miliardi e miliardi di pesci lanterna, che giornalmente si riuniscono in densi strati nascosti negli abissi per poi, al tramonto, risalire con l'obiettivo di nutrirsi. Un'immensa e continua migrazione che ha un'incredibile impatto sul pianeta.

Un ascensore di particelle
Ma in che modo questo pesciolino (i più grandi raggiungono i 30 centimetri, ma più spesso variano fra i 2 e i 15 centimetri di lunghezza) ci aiuta nella lotta al cambiamento climatico? Il segreto, riporta il Guardian, sta proprio nel continuo sali-scendi del pesce. Spostandosi in enormi banchi al fine di sfuggire la predazione e cibarsi dell'abbondante zooplancton presente di notte in superficie, e assorbendo così grandi quantità di CO2, il pesce lanterna favorisce un fenomeno noto come pompa biologica del carbonio. Dopo il banchetto notturno, infatti, il pesce lanterna si rituffa verso le profondità marine e, qui, viene divorato dai pesci più grandi che abitano esclusivamente gli abissi oceanici. In questo modo, con questo "sacrificio", il pesce lanterna sposta l'anidride carbonica dall'atmosfera al fondo del mare, dove viene "stoccata". Un po' come un ascensore. Se le particelle di CO2 affondano oltre i 1.000 metri di profondità, infatti, faticano non poco a risalire: diversi studi stimano che l'anidride carbonica impieghi millenni a tornare in superficie. Un impatto non da poco: secondo una ricerca effettuata nei pressi della piattaforma continentale al largo dell'Irlanda, i pesci che abitano la zona sono in grado di catturare e portare sul fondo l'equivalente di un milione di tonnellate di CO2 ogni anno.
Questo animale, insomma, fornisce un contributo fondamentale nel mantenere bassi i livelli di anidride carbonica nell'atmosfera. Ma presto il delicato equilibrio, l'ascensore generato dalla continua migrazione di questi pesci, potrebbe spezzarsi.

Lo sguardo dell'industria ittica
Secondo studi effettuati negli anni '10 del 2000, la già citata zona crepuscolare dei mari potrebbe contenere gigantesche quantità di pesce. Le stime? Una biomassa che si crede vari fra le 10 e le 20 gigatonnellate (miliardi di tonnellate). Un cauto apprezzamento: il pesce presente a queste profondità potrebbe essere molto di più. Il numero ha presto attirato l'attenzione dell'industria del pesce. Se, da una parte, queste specie non sono abbastanza gustose per finire nei nostri piatti (troppo oleose e piene di ossa), dall'altra potrebbero risolvere un annoso problema: quello del mangime per animali. Da alleato nella lotta al cambiamento climatico, questo pesciolino potrebbe divenire una preziosa risorsa nel combattere la fame del mondo, divenendo foraggio per gli altri pesci (quelli "buoni") presenti negli allevamenti ittici. Secondo il quotidiano britannico, se venisse catturata la metà della massa stimata di pesce presente nella zona crepuscolare (circa 5 gigatonnellate), si potrebbe teoricamente creare mangime per sostentare 1,25 gigatonnellate di pesce d'allevamento, una quantità notevolmente superiore alle attuali 0,1 gigatonnellate annue di pesce selvatico. Un ragionamento spietato che potrebbe però rappresentare un importante passo verso il virtuoso obiettivo di risolvere la fame nel mondo.
Funzionerà? Molti esperti dubitano che il gioco valga la candela. Non solo perché alcuni tentativi di flotte russe e islandesi si erano rivelate un fallimento (troppo costosa la pesca profonda, troppo basso il guadagno). Ma anche perché, se si dovesse arrivare all'ecatombe delle popolazioni di pesci lanterna, il clima potrebbe subire un colpo devastante. Mentre l'UE finanzia un progetto di ricerca quinquennale per studiare le opportunità, parlando (in modo un po' machiavellico) di «risorsa poco sfruttata», il mondo osserva. Ambiente o fame?