Italia

Il primo caso di suicidio assistito in Lombardia

Una cinquantenne affetta da sclerosi multipla progressiva è morta a casa sua in seguito all'autosomministrazione di un farmaco letale fornito dal Servizio sanitario nazionale
©CHIARA ZOCCHETTI
Ats
14.02.2025 10:55

Una cinquantenne affetta da sclerosi multipla progressiva da oltre 30 anni è morta nelle scorse settimane a casa sua, nella località dove viveva, in Lombardia, in seguito all'autosomministrazione di un farmaco letale fornito dal Servizio sanitario nazionale, insieme alla strumentazione necessaria, a nove mesi dalla richiesta

Si tratta del primo caso di suicidio assistito in Lombardia e del sesto per l'intera Italia. La notizia, anticipata stamani dal quotidiano milanese Corriere della Sera è così spiegata da Filomena Gallo e Marco Cappato, segretaria nazionale e tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni: la «Regione Lombardia ha fornito l'aiuto medico per la morte volontaria perché era suo dovere farlo. Si conferma così nei fatti ciò che avevamo sostenuto anche in occasione dell'irresponsabile decisione del Consiglio regionale di dichiararsi incompetente in materia».

L'Associazione Luca Coscioni mette al centro delle proprie proposte la libertà di ricerca scientifica e di cura e si pone come centro di aggregazione di cittadini, malati, persone con disabilità, accademici, ricercatori e scienziati avendo l'obiettivo di affermare le libertà civili, dalla libertà di ricerca all'autodeterminazione della persona attraverso proposte di legge, iniziative popolari e giudiziarie, e di dialogo con le istituzioni. Difende il diritto all'aiuto medico per la morte volontaria.

La donna, a causa della malattia, era paralizzata e costretta a una condizione di totale dipendenza e necessità di assistenza continuativa.

«La mia breve vita è stata intensa e felice, l'ho amata all'infinito e il mio gesto di porre fine non ha significato che non l'amassi», ha scritto in un ultimo messaggio la donna. Dopo aver atteso nove mesi dalla sua richiesta, la 50enne è stata la sesta persona in Italia (la quinta seguita dall'Associazione Luca Coscioni) ad aver completato la procedura prevista dalla Corte costituzionale italiana, con l'assistenza diretta del Servizio sanitario nazionale che ha fornito il farmaco e ogni strumentazione necessaria.

La paziente aveva inviato la richiesta di verifica delle sue condizioni ad inizio maggio del 2024. L'azienda sanitaria a fine luglio, dopo l'acquisizione del parere del comitato etico, le ha comunicato il possesso dei requisiti stabiliti dalla Corte costituzionale (capacità di prendere decisioni libere e consapevoli, patologia irreversibile, sofferenze fisiche o psicologiche ritenute intollerabili dal richiedente, dipendenza da trattamenti di sostegno vitale).

Ha potuto così procedere con l'autosomministrazione del farmaco letale nel gennaio scorso, nella propria abitazione, assistita da un medico e circondata dai suoi cari, come spiega l'Associazione.

Gallo e Cappato sottolineano che «se fosse stata in vigore la nostra legge di iniziativa popolare 'Liberi subito', [la 50enne] avrebbe potuto seguire una procedura chiara e definita invece di dover affrontare, insieme al personale sanitario, una corsa a ostacoli durata nove mesi. Chiediamo al presidente (della Regione Lombardia Attilio) Fontana (Lega, destra radicale) di tornare sulla materia, riesaminando il contenuto della nostra legge e emanare un (cosiddetto) atto di Giunta, come preannunciato dal presidente (della Regione Veneto Luca) Zaia (lega) in Veneto».

La legge d'iniziativa popolare nella vicina Penisola è uno strumento molto diverso dall'iniziativa popolare in Svizzera. È un'iniziativa legislativa, mediante la quale i cittadini possono presentare o al parlamento o a un ente amministrativo locale (come la Regione) un progetto di legge che sarà discusso e votato.

Nel sistema politico italiano l'iniziativa popolare non è un istituto di democrazia partecipativa, in quanto la sola volontà del corpo elettorale non produce di per sé effetti sull'ordinamento, infatti vi deve essere anche la volontà del titolare della funzione legislativa (il parlamento a livello nazionale e il Consiglio Regionale a livello regionale) affinché il testo diventi legge.

In Italia il numero di firme necessarie alla presentazione di una legge di iniziativa popolare varia a seconda dell'istituzione a cui si accede: per le leggi a carattere nazionale, da presentare in parlamento, è necessario raccogliere almeno 50'000 firme e presentare la proposta alla Corte di cassazione.