Il primo successo geopolitico di Trump? Il cedimento strutturale del centrosinistra in Italia
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Con speciale ammirazione di antropologi, entomologi, filologi, in attesa che lo riconoscano pure gli storici abituati a infierire sui vinti, a un mese esatto dal suo giuramento, possiamo rivelarvi il primo successo geopolitico del presidente Donald Trump. Non ci riferiamo ai dazi messi, tolti, rimessi, corretti. E neppure ai contatti con lo zar Vladimir Putin. Al piano di pace per l’Ucraina. Alla proliferazione di inviati speciali. All’onnipresente mecenate Elon Musk. Ai progetti turistici per Gaza. Macché. Queste sono provocazioni, pericoli, strategie di medio periodo. Il primo successo geopolitico di Trump, quasi immediato, è il cedimento strutturale del centrosinistra in Italia. Gli scienziati hanno apprezzato anche il rinvenimento del medesimo centrosinistra in Italia, e pazienza per il conseguente cedimento strutturale. È bastata una dichiarazione reiterata di Giuseppe detto «Giuseppi» (cit. The Donald) Conte: «Trump smaschera la propaganda bellicista dell’Occidente».
I Cinque Stelle sono scettici da sempre sulle armi per la resistenza di Kiev senza una prospettiva diplomatica, anche se durante il governo di Mario Draghi si sono schierati per il sostegno militare a Kiev. I dettagli non importano. Nel cedimento strutturale, peraltro di una struttura già debilitata, si è levato il solito coro: mai più con il trumpiano Conte (Carlo Calenda), la segretaria dem Elly Schlein si dissoci, in fermento pure le correnti dentro il Partito Democratico, eccetera eccetera. Il centrodestra si unisce col potere, il centrosinistra si divide per abitudine. Neanche due anni e mezzo di governo di Giorgia Meloni sono riusciti a spingere il centrosinistra a organizzarsi per trasformarsi in una alternativa di governo. Si votasse oggi, l’esito sarebbe come ieri. Se non peggio.
Nella storia della Seconda Repubblica, il centrosinistra ha vinto (e male) soltanto nel 2006 con l’Unione di Romano Prodi. È vero che il professore di Bologna ha battuto Silvio Berlusconi anche nel 1996, ma in quella tornata elettorale il centrodestra era monco, senza la Lega Nord di Umberto Bossi. Non bisogna sottovalutare le questioni serie come il rapporto con gli Stati Uniti e le reazioni alle intemperanze di Trump, tra l’altro nella comoda posizione di minoranza, dunque in una posizione completamente ininfluente, ma soprattutto non si dovrebbe sottovalutare l’importanza di creare un centrosinistra in grado di competere col centrodestra. Come in ogni sano confronto democratico. Non è soltanto un dovere di chi gravita attorno al centrosinistra, è un diritto degli elettori di centrosinistra. Il discorso qui si sta facendo troppo grave. Diciamo che in fondo, lontani dalle urne, tutti sono interessanti ad acchiappare più Cuoricini: «E mi hai buttato via in un sabato qualunque/mentre andavi in cerca di uno slancio di modernità/ma tu volevi solo cuoricini, cuoricini/ Pensavi solo ai cuoricini, cuoricini/Stramaledetti cuoricini, cuoricini/ Che mi tolgono il gusto di sbagliare tutto». Per carità, nessuno vuole togliere al centrosinistra italiano il gusto di sbagliare tutto.