Il ritorno di TikTok negli Stati Uniti, grazie a Donald Trump
«Rieccoci». TikTok, con una mossa a sorpresa ma nemmeno troppo, visti gli ultimi sviluppi, ha annunciato l’imminente ripristino del servizio negli Stati Uniti. «In accordo con i fornitori, stiamo ripristinando il servizio» ha spiegato l’azienda cinese tramite una nota. «Ringraziamo il presidente Trump per aver fatto la necessaria chiarezza e aver dato assicurazioni ai provider». Di più, la piattaforma si impegnerà a «lavorare con Trump per una soluzione di lungo termine che mantenga TikTok negli Stati Uniti». Il matrimonio, ancorché forzato e con non poche problematiche legali, ci arriveremo, si può fare e s'ha da fare.
Poche ore prima, via Truth, Donald Trump ha invece dichiarato che, domani, a margine della cerimonia di insediamento, annuncerà un decreto esecutivo per sospendere il divieto di TikTok e far slittare la sua entrata in vigore. Così il tycoon: «Chiedo alle società di non oscurare TikTok. Promulgherò un decreto esecutivo lunedì per estendere l’entrata in vigore del divieto in modo da raggiungere un accordo per proteggere la nostra sicurezza nazionale. Il decreto confermerà che le aziende» non andranno incontro a conseguenze per aver «aiutato a mantenere TikTok – ha evidenziato Trump –. Mi piacerebbe che gli Stati Uniti avessero una quota del 50%. Così facendo potremo salvare TikTok e metterla in buone mani. La mia idea iniziale è quella di una joint venture fra gli attuali proprietari e i nuovi in cui gli Stati Uniti abbiano il 50%».
Nessuna sorpresa o quasi, dicevamo. Se è vero che Trump, durante il suo primo mandato alla Casa Bianca, si era pronunciato per un divieto dell’app cinese – una questione di sicurezza nazionale, insomma, ieri come oggi – è altrettanto vero che, con l’avvicinarsi dell’entrata in vigore del cosiddetto TikTokBan, il tycoon ha spinto, e non poco, per salvare la piattaforma dal divieto.
La legge, ribattezzata appunto TikTokBan, era stata approvata con un sostegno bipartisan lo scorso aprile. Sullo sfondo, l’idea che il social network possa essere sfruttato nientepopodimeno che dal governo cinese per interferire con la vita politica statunitense e, ancora, accedere ai dati sensibili degli utenti. ByteDance, la casa madre di TikTok, ha sempre rispedito al mittente queste accuse negando di condividere i dati degli utenti americani con Pechino. Washington, d'altro canto, non ha mai circostanziato le sue accuse. ByteDance aveva inoltrato ricorso contro la legge, affermando che un divieto generalizzato di TikTok negli Stati Uniti avrebbe violato il primo emendamento della Costituzione, quello per intenderci che tutela la libertà di espressione. Ricorso bocciato dalla Corte di Appello di Washington e, in ultima istanza, anche dalla Corte Suprema.
L’app, in America, è stata oscurata nella notte di sabato. Poche ore più tardi, come detto, TikTok ha però annunciato in pompa magna l’imminente ripristino del servizio. Dando così ai 170 milioni di utenti della piattaforma negli Stati Uniti – per tacere dei cosiddetti creatori di contenuti – un motivo in più per credere che, alla fine, il divieto non entrerà mai davvero in vigore.
La legge anti-TikTok, firmata dal presidente uscente Joe Biden lo scorso aprile, imponeva a ByteDance di cedere le proprie attività americane a un acquirente «autorizzato» entro il 19 gennaio. Pena, lo abbiamo visto, l’oscuramento. Resta da capire, venendo alle parole di Trump e a quel 50%, chi entrerebbe nella joint venture: il governo statunitense in forma diretta o un’azienda Tech americana? Non solo: in che modo, Trump, intende aggirare questa legge dal momento che un ordine esecutivo, come spiega fra gli altri Axios, non può annullarla? Quello che, di per sé, potrà fare il tycoon una volta tornato alla Casa Bianca è pronunciare una proroga di 90 giorni. Ma, anche qui, Trump potrà rimandare l’entrata in vigore della legge se, e soltanto se, sono stati compiuti «progressi significativi» verso la cessione e, di riflesso, sono stati stipulati accordi legali vincolanti per facilitare un accordo. E di progressi significativi, beh, non sembra ce ne siano stati, al di là dell’investitore Kevin O’Leary e della sua offerta da 20 miliardi di dollari. O delle speculazioni circa un coinvolgimento di Elon Musk.
ByteDance, concludendo, oltre a essersi fermamente opposta al divieto per tutto questo tempo e a ritenere incostituzionale il disinvestimento forzato contenuto nella legge vuole, assolutamente, mantenere il più assoluto riserbo sul potente algoritmo che, grazie ai consigli iper-personalizzati, sin qui ha sancito il successo dell’app. L’altro timore, per contro, è legato all’eventuale perdita di introiti pubblicitari a favore dei colossi rivali, Meta in testa. Nell'attesa, e sulla falsariga degli inchini dell'intero settore Tech, TikTok ha giocato la carta dell'adulazione.