Il ritorno di Trump e i timori per il clima: «La vittoria di un negazionista è una minaccia per il mondo»
Proprio nell’anno più caldo mai registrato da quando esistono le misurazioni, Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Un trionfo, il suo, che ha suscitato timori tra scienziati e attivisti per il clima, i quali vedono le politiche del tycoon come una grave minaccia per il pianeta.
Stando al Guardian, il ritorno di Trump alla Casa Bianca potrebbe portare gli Stati Uniti ad abbandonare, ancora una volta, l'Accordo di Parigi sul clima. E non solo: gli USA potrebbero rinunciare ai loro impegni nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
Durante la sua campagna elettorale, Trump ha definito il cambiamento climatico «una grande bufala», si è mostrato avverso all’energia eolica e alle auto elettriche, e ha promesso di smantellare alcune norme ambientali, definendo «nuova truffa verde» l’Inflation Reduction Act, la proposta di legge approvata dai democratici per sostenere progetti di energia pulita.
Gli analisti hanno scoperto che l'agenda di Trump rischia di aggiungere diversi miliardi di tonnellate di gas a effetto serra in più all'atmosfera, mettendo ulteriormente a repentaglio gli obiettivi fissati per contrastare il riscaldamento globale. Michael Mann, climatologo presso l'Università della Pennsylvania, ha dichiarato che gli Stati Uniti ormai sono una «democrazia fallita» che rappresenta «una grave minaccia per il pianeta».
Il timore è che il risultato delle elezioni possa provocare onde d'urto durante la COP29, i colloqui annuali sul clima delle Nazioni Unite che si terranno settimana prossima in Azerbaigian: «L'elezione di un negazionista del clima alla presidenza degli Stati Uniti è estremamente pericolosa per il mondo», ha commentato Bill Hare, scienziato senior presso Climate Analytics, avvertendo che l'amministrazione Trump probabilmente danneggerà ulteriormente gli sforzi per impedire al mondo di riscaldarsi di oltre 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali, come stabilito con l’Accordo di Parigi del 2015.
Gli Stati Uniti e il mondo «possono aspettarsi che l'amministrazione Trump prenda una palla da demolizione per (distruggere) la diplomazia climatica globale», ha invece commentato Rachel Cleetus, direttrice politica presso l'Union of Concerned Scientists, temendo che la vittoria di Trump possa oscurare i colloqui della COP29.
Secondo Areeba Hamid, direttrice esecutiva congiunta di Greenpeace UK, quella americana è stata «un’elezione vinta con i soldi delle aziende, con i sostenitori dei grandi inquinatori e con la disinformazione». Hamid ha poi aggiunto che «non abbiamo più tempo da perdere».
Laurence Tubiana, amministratore delegato della European Climate Foundation e uno dei principali artefici dell'accordo di Parigi, ha cercato di smorzare le preoccupazioni, spiegando al Guardian che «il risultato delle elezioni negli Stati Uniti rappresenta una battuta d'arresto per l'azione globale sul clima, ma l'Accordo di Parigi ha dimostrato di essere resiliente ed è più forte delle politiche di qualsiasi singolo Paese». Inoltre, il contesto odierno sarebbe molto diverso rispetto al 2016, perché «c'è un potente slancio economico dietro alla transizione globale, che gli Stati Uniti hanno guidato e da cui hanno tratto vantaggio, ma che ora rischiano di perdere. Il bilancio devastante dei recenti uragani è stato un triste promemoria del fatto che tutti gli americani sono colpiti dal peggioramento del cambiamento climatico».
Proprio come dopo il precedente ritiro dall’Accordo di Parigi, gli Stati USA impegnati nell'azione per il clima cercheranno di colmare un eventuale vuoto dell’amministrazione Trump anche impegnandosi con altri Paesi per ridurre le emissioni. Ne è convinta Gina McCarthy, ex consigliera per il clima di Biden e copresidente della coalizione per il clima America Is All In: «Non importa cosa possa dire Trump, il passaggio all'energia pulita è inarrestabile e il nostro Paese non tornerà indietro», ha affermato McCarthy, aggiungendo: «Non possiamo e non lasceremo che Trump si frapponga alla possibilità di dare ai nostri figli e nipoti la libertà di crescere in comunità più sicure e sane».
Per quanto riguarda l’Inflation Reduction Act, definito da Trump la «nuova truffa verde», questo è stato firmato da Biden nell'agosto del 2022 con l’intento di accelerare la diffusione di energia pulita negli Stati Uniti, fornendo generose sovvenzioni e crediti d'imposta alle aziende che investono nella produzione di batterie, pannelli solari e turbine eoliche. Secondo i dati del governo statunitense, i risultati economici sono stati positivi e hanno portato alla creazione di 330 mila nuovi posti di lavoro nel settore. Il tycoon, dunque, pur avendone parlato male, potrebbe mantenerlo, perlomeno in ottica di occupazione e investimenti. Di fatto non ha mai parlato di abolirlo del tutto, contrariamente ai proclami sull’uscita dall'Accordo di Parigi.
A livello nazionale, i gruppi ambientalisti hanno promesso di mobilitare i democratici, così come alcuni repubblicani, per opporsi al possibile abbattimento delle politiche climatiche da parte di Trump. La vittoria elettorale del tycoon ha rappresentato un duro colpo per le persone preoccupate per il riscaldamento globale, questo nonostante Kamala Harris abbia affrontato solo di striscio la questione climatica.