Il Superjet 100 russo prende fuoco in Turchia: ed è polemica sull'evacuazione (ma non solo)
I fatti, innanzitutto: decollato ieri sera da Sochi, in Russia, dopo circa un'ora e mezza di volo il Superjet 100 di Azimuth Airlines è atterrato ad Antalya, in Turchia. Non tutto, però, è andato secondo i piani dal momento che il velivolo, una volta toccato terra, ha preso fuoco. Nello specifico, ad andare in fiamme è stato il motore sinistro. In rete, immediatamente, sono circolati diversi video. Dai quali si vede, chiaramente, il fumo avvolgere la carlinga. I passeggeri, 89 in tutto, e i sei membri dell'equipaggio sono riusciti ad abbandonare l'aereo attraverso gli scivoli sul lato destro. Il tutto mentre, dall'altra parte, il motore era ancora in fiamme.
Stando ai media locali e alle prime ricostruzioni, al momento dell'atterraggio la regione di Antalya era stata investita da una forte tempesta. Di riflesso, alcuni aerei si sono visti costretti ad aspettare sui sentieri d'attesa prima di poter atterrare. Non il Superjet di Azimuth, tuttavia, sorpreso – secondo quanto indicato dalla stessa compagnia – dal fenomeno meteorologico conosciuto come wind shear, che consiste in una variazione improvvisa del vento in intensità e direzione. Un fenomeno particolarmente complicato da gestire in prossimità degli aeroporti e durante la fase di atterraggio, poiché – come spiega Wikipedia – inganna il pilota sul corretto assetto e sulla velocità di discesa che il velivolo deve mantenere. Portando, in alcuni casi, a incidenti o ad atterraggi rischiosi. Un portavoce di Azimuth, al riguardo, ha dichiarato che il velivolo, con otto anni di servizio alle spalle, ha toccato terra con forza dopo una doppia sbandata. Di conseguenza, il carrello di atterraggio principale sinistro ha ceduto ed è stato «schiacciato» contro l'ala: di qui l'incendio scoppiato al motore sinistro. In via preliminare, riferisce oggi il portale specializzato Aviatorshina, l'atterraggio brusco è da attribuire a un errore dell'equipaggio.
«Tutti i passeggeri dell'aereo sono stati evacuati senza ferite, grazie a Dio nessuno è rimasto ferito» ha dichiarato dal canto suo Suat Seyitoglu, vice-capo dell'aeroporto di Antalya. Ma proprio l'evacuazione, oggi, è oggetto di ampie discussioni e polemiche in Russia (e non solo). Sempre Aviatorshina, infatti, ha raccolto alcune testimonianze di chi era a bordo. Una, in particolare, quella di Evgenia Lavrinenko che viaggiava assieme a sua figlia. La quale, innanzitutto, si è detta indignata del fatto che, nella confusione generale, le persone abbiano cercato (riuscendoci, anche) di trascinare con sé i propri bagagli. Un aspetto, questo, che ricorda quanto accadde a un altro Superjet 100, nel 2019, rientrato a Mosca poco dopo essere decollato per Murmansk a causa di un fulmine e incendiatosi dopo l'atterraggio, brusco, complice il cedimento del carrello principale. Allora morirono 41 delle 78 persone a bordo, mentre le immagini dei passeggeri che lasciavano il velivolo, oramai avvolto dalle fiamme, con il proprio trolley fecero il giro del mondo. Di nuovo Lavrinenko: «Nessuno lasciava passare nessuno, tutti cercavano di trascinare le valigie per qualche motivo. Non hanno lasciato passare i bambini, non hanno fatto passare nessuno». Insomma, un miracolo che nessuno abbia pagato con la vita.
Quello di domenica è il quarto incidente occorso a un Superjet dal suo primo volo, effettuato nel maggio del 2008. Il primo incidente avvenne nel 2012, in Indonesia, durante un volo dimostrativo. Morirono 45 persone. Nel 2019, invece, come detto un esemplare di Aeroflot in servizio fra l'aeroporto di Mosca-Sheremetyevo e Murmansk, poco dopo il decollo, venne colpito da un fulmine e fu protagonista di un disgraziato atterraggio di emergenza. Pochi mesi fa, invece, un Superjet 100 di Gazpromavia, dopo appena otto minuti di volo, si è schiantato non molto lontano da Mosca mentre era in viaggio verso l'aeroporto di Mosca-Vnukovo. Alla base del disastro, costato la vita a due piloti e un ingegnere, vi sarebbero gravi, gravissime mancanze umane. In particolare, a livello di manutenzione.
Nato come Sukhoi Superjet 100 e destinato a rivoluzionare il corto e medio-raggio, anche se non soprattutto a livello internazionale, cioè al di fuori della Russia, questo modello oggi vive, per non dire sopravvive, quasi esclusivamente nella Federazione Russa, con possibili ramificazioni in Paesi amici di Mosca, fra cui la Corea del Nord. Stando al portale specializzato CH-Aviation, al momento tutti gli aerei in volo (152 comprendendo quello protagonista dell'incidente, per 16 compagnie) sono registrati in Russia. Il Superjet è (era?) considerato il fiore all'occhiello dell'aviazione russa. Anche perché, di fatto, al momento è l'unico velivolo prodotto dalla Federazione (tramite il consorzio UAC, United Aircraft Corporation, di proprietà del conglomerato Rostec). Già prima dell'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte dell'esercito di Mosca, ma a maggior ragione dopo, viste le sanzioni occidentali che hanno colpito l'aviazione, UAC e Rostec hanno spinto, e non poco, nella speranza di «russificare» il più possibile l'aereo. Come? Varando una versione dello stesso priva di componenti occidentali. Più facile a dirsi che a farsi, basti pensare ai problemi ai sedili riscontrati in questi ultimi mesi (ne avevamo parlato qui e qui).
Detto che (anche) questo incidente sembrerebbe essere legato a un fattore principalmente umano, ovvero a una lettura sbagliata dei piloti, l'immagine del velivolo in termini di affidabilità e sicurezza ne esce indubbiamente rovinata. Non a caso, verrebbe da dire, ancora prima di quanto accaduto in Turchia l'attore russo Nikita Kologrivy – una vera e propria star nel Paese – aveva fatto inserire una clausola particolare nel suo contratto con le compagnie di produzione russe: l'inclusione di un «abbonamento» per i voli in business class con Aeroflot, il vettore di bandiera, a patto che questi voli non siano operati con un Superjet. Chiamatela pure sfiducia verso il fiore all'occhiello dell'aviazione commerciale russa.