Il traffico aereo è in aumento, ma il traguardo dei 5 miliardi di passeggeri è sfumato
Per il traguardo auspicato, leggiamo, bisognerà aspettare. Riformuliamo: dopo aver previsto, per quest'anno, il raggiungimento dei 5 miliardi di passeggeri trasportati, l'Organizzazione internazionale di compagnie aeree (IATA) ha spiegato che, nell'insieme, i vettori chiuderanno il 2024 «solo» a quota 4,89 miliardi. Ovvero, trasportando 700 milioni di passeggeri in meno rispetto alle stime. Possibile? Evidentemente sì, secondo quanto annunciato oggi dalla stessa IATA a Ginevra. Se ne riparlerà, insomma, nel 2025, quando i passeggeri saranno, o meglio dovrebbero essere, 5,22 miliardi.
Intendiamoci, i risultati del 2024 rappresentano un record. Assoluto, anche. Il precedente, stabilito nel 2019, è stato superato con un margine piuttosto ampio: 333 milioni di passeggeri. Detto in altri termini, la pandemia e la sua coda di conseguenze e limitazioni, per fortuna, è oramai un lontano ricordo. Solo la regione Asia-Pacifico, segnata dalla ripresa tardiva del traffico con la Cina e dalla chiusura dello spazio aereo russo ai vettori occidentali, non è ancora tornata ai livelli pre-COVID. «Il traffico è solido» ha commentato, con entusiasmo, il capo-economista della IATA, Marie Owens Thomsen, aggiungendo che, dopo la fortissima ripresa post-pandemia il tasso di crescita si è in un qualche modo assestato. Per intenderci, se nel 2022 e nel 2023 la crescita annuale è stata rispettivamente del 60% e del 30%, quest'anno il settore deve accontentarsi di un 10%. Normale. Logico. Nel 2025, la crescita si ridurrà al 6,7%. Willie Walsh, il direttore generale della IATA, ha attribuito (in parte) la colpa di questa crescita più contenuta alle difficoltà, ricorrenti, nella catena di fornitura aeronautica, che hanno creato «enorme frustrazione» tra le compagnie aeree. Walsh, nello specifico, ha citato i problemi dell'industria ad aumentare il ritmo di produzione – accusando i costruttori Airbus e Boeing, ma anche Rolls-Royce, Pratt & Whitney o CFM International a livello di motori – per soddisfare la domanda dei vettori.
Il vero problema, in ogni caso, sarebbe un altro. Anzi, è un altro: il traguardo dei 1.000 miliardi di dollari di fatturato, infatti, non è stato superato, fermandosi a 965 miliardi. Se ne riparlerà, pure in questo caso, nel 2025, quando il settore dovrebbe arrivare a quota 1.007 miliardi. A pesare sono state le vendite, la cui crescita è stata più lenta rispetto all'aumento del traffico, ma anche i costi. La redditività del settore, di riflesso, è peggiorata, con un margine operativo sceso di 0,4 punti al 6,4%. Anche il margine netto è sceso al 3,3%, per un profitto totale di 31,5 miliardi di dollari. E dire che il cherosene, quest'anno, costava decisamente poco. Il prezzo medio al barile, per dire, è sceso da 112 a 99 dollari fra il 2023 e il 2024.
Il 2025, hanno spiegato in coro i vertici della IATA a Ginevra, è visto come l'anno della svolta vera. Definitiva. Si prevedono, nell'ordine, un margine operativo del 6,7% e un margine netto del 3,6%. Le compagnie aeree dovrebbero quindi accumulare profitti per 36,6 miliardi di dollari, guadagnando quindi 7 dollari per passeggero. Walsh, tuttavia, ha avvertito che il settore dovrà lottare. E non poco. Lottare contro «i persistenti problemi della catena di approvvigionamento, le carenze infrastrutturali, la regolamentazione onerosa e la crescente pressione fiscale». Di qui l'attacco, pesante, ad alcuni governi, rei di non apprezzare «il contributo che l'aviazione dà all'economia». Walsh ha citato i Paesi Bassi, decisi ad applicare una politica sempre più restrittiva nei confronti dello scalo di Amsterdam-Schiphol. «Il governo non comprende il valore che la connettività aerea crea per il Paese» ha aggiunto il direttore generale. E i Paesi Bassi non sono un caso isolato, come detto: «Viaggiando per il mondo emerge chiaramente come altri governi non abbiano compreso questi problemi».
Le previsioni formulate e presentate dalla IATA per il 2025, girando la questione, potrebbero dunque non trasformarsi in realtà. Come le recenti stime sui 5 e oltre miliardi di passeggeri per il 2024. E questo perché il settore, sempre più spesso, deve fare i conti con fattori esterni e di per sé incontrollabili. Basti pensare al perdurare della guerra in Ucraina o alla crisi, sempre più allargata, in Medio Oriente. Un ritorno della pace, ha ribadito Walsh, avrebbe un impatto certamente positivo sul traffico, «in particolare nel caso della guerra russo-ucraina». Non da ultimo, la IATA ha spiegato che fra le incertezze andrebbe incluso altresì il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Le possibili ripercussioni in termini di dazi e guerre commerciali, a detta dell'Organizzazione, potrebbero deprimere il traffico merci e perfino quello di affari. Non solo, se il tycoon dovesse rivalutare l'Inflation Reduction Act varato dall'amministrazione Biden o, addirittura, annullarlo del tutto, lo stimolo – anche economico – alla produzione di carburanti sostenibili per l'aviazione (i famosi SAF) attualmente in corso negli Stati Uniti subire una brusca e pericolosa frenata. Musica del futuro, in ogni caso. Il presente dice che abbiamo volato tanto, quest'anno, ma non quanto sperava la IATA.