Il racconto

In Africa, il concetto di tempo non è quello che conosciamo in Ticino

«Quando parte la barca? Quando tutti saranno arrivati e la barca sarà piena»: in Senegal nessuno effettua viaggi a vuoto
Alessandro Brönnimann
Alessandro Brönnimann
06.02.2025 09:15

Quinto capitolo

È da quando ho messo piede sul continente africano che vedo gente a bordo strada e mi chiedo: ma che cosa aspettano? Dove vanno? Da quanto e per quanto ancora saranno lì, ad attendere? Il tempo è un concetto completamente differente qui. Quelle poche volte che non sono indipendente con la mia bicicletta, infatti, mi ritrovo coinvolto in un mondo che viaggia in base ad altri ritmi rispetto a quelli a cui sono abituato.

Pochi giorni fa, in Senegal, di prima mattina mi sono presentato nel porticciolo di un villaggio nel delta di Saloum: volevo esplorare quella zona e ho preso la prima barca che andava nella direzione utile. Sulla piroga, lunga, stretta e colorata, c'erano armadi, divani, riso, bibite, strumenti vari, una decina di persone e poi c'ero io con la mia bicicletta. La destinazione non era quella che mi ero prefissato, ma parlando con il proprietario della barca avevo deciso che avrei potuto prenderla per un pezzo, poi fermarmi in un villaggio di pescatori che sembrava essere a metà strada e, da lì, cercare un'altra barca.

Arrivato a Djirnda, trovo un paio di ragazzi al porto. Ognuno di loro aveva un cavallo e un carrello su cui caricare la merce che sarebbe arrivata durante la giornata. Qui non ci sono auto o furgoni, e a cosa potrebbero mai servire d'altro canto? Il trasporto delle merci all'interno delle isole viene fatto a piedi, poggiando sacchi e taniche sulla testa, o appunto sfruttando il traino degli animali. Saluto i ragazzi e chiedo immediatamente per una barca che mi porti a Foundiounge, a un paio di ore di distanza. «Di barche stamattina non ce ne sono. Magari trovi una barca d'occasione stasera se sei fortunato, altrimenti magari domani, oppure giovedì passa il corriere».

Una barca d'occasione: questa espressione mi rimane impressa, qui passa un corriere due giorni a settimana, per il resto dipende. Se c'è abbastanza gente da riempire una barca tutti mettono insieme i soldi e si va, altrimenti si aspetta. Magari ogni tanto passa un'altra barca, che era partita da un altro porto. E allora si riesce a trovare spazio. Qui nessuno fa viaggi a vuoto, se ci si sposta si aspetta che la barca sia piena, di gente o di merce.

Mentre aspetto che passi una barca, vengo raggiunto da altre persone: arriva una mamma con il neonato, poi un anziano, si siedono vicino a me anche loro e aspettano, nient'altro. Quando chiedo dove vanno e tutti rispondono che sono diretti dove voglio andare io, beh, mi illudo: «Se sono qua è perché sanno che c'è qualcuno che sta per partire» penso. Invece no, anche loro aspettano una barca d'occasione, e l'unico modo per prenderla è stare al porto ad aspettare. Magari passerà, magari no.

Alla fine, quel giorno mi sono dovuto arrendere, l'occasione non è mai arrivata. È arrivata però l'ospitalità da parte della famiglia del capo del villaggio, che mi ha accolto e dato una camera in cui passare la notte. La stessa sera si festeggiava il battesimo di un neonato e tutto il villaggio era in festa, e parlando di occasioni direi che alla fine non prendere nessuna barca è stata un'occasione ancora più bella.

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