In barca fino all'Alaska per evitare di finire in Ucraina
L’esercito, oddio. E la prospettiva, tutto fuorché invitante, di morire al fronte. In Ucraina, dove i soldati russi sono sempre più carne da cannone. Come fare per evitare tutto ciò? C’è chi, come noto, ha cercato metodi più o meno sicuri per rompersi un braccio o una gamba pur di sfuggire alla leva e chi, dopo la mobilitazione parziale annunciata da Vladimir Putin, ha preso ed è fuggito all’estero.
Un’opzione, la seconda, scelta anche da due cittadini russi a bordo di una piccola imbarcazione. Capaci, leggiamo, di navigare per 300 miglia nelle acque agitate dello stretto di Bering per chiedere asilo politico in Alaska, negli Stati Uniti. Il duo è sbarcato in una remota isola dello Stato americano, fra l’altro ceduto dalla Russia nel 1867 per 7 milioni e 200 mila dollari dell’epoca. Una sciocchezza.
Quanti sono in fuga?
Ad annunciare l’exploit è stato l’ufficio della senatrice dell’Alaska Lisa Murkowski: «I cittadini russi hanno riferito di essere fuggiti da una delle comunità costiere sulla costa orientale della Russia per evitare il servizio militare obbligatorio».
Per quanto incredibile, il viaggio via mare di questi due coraggiosi non deve sorprendere. Secondo Forbes Russia, che cita una fonte interna al Cremlino, fino a 700 mila uomini potrebbero aver lasciato la Federazione dal 21 settembre a oggi, ovvero da quando Putin ha annunciato di voler spedire in Ucraina riservisti su riservisti.
Molti, per motivi pratici, hanno scelto il Kazakistan, la Georgia o la Turchia, altri si sono ammassati lungo il confine con la Finlandia. L’arrivo in Alaska, per contro, rappresenta una novità.
Dov'è Gambell?
Murkowski, senatrice repubblicana, ha spiegato che i due uomini sono sbarcati su una spiaggia vicino a Gambell, una comunità isolata di 600 anime sull’isola di San Lorenzo. Gambell, volendo fare un po’ di geografia, si trova a circa 200 miglia a sud-ovest di Nome e a 36 miglia dalla penisola di Chukotka, in Siberia. La Russia, correnti e tempeste permettendo, è insomma vicina, anzi vicinissima. Anche se i nostri, evidentemente, sono partiti da molto lontano.
Dan Sullivan, altro senatore dell’Alaska, ha tagliato corto: «Questo incidente chiarisce due cose» le sue parole. «In primo luogo, il popolo russo non vuole combattere la guerra di aggressione di Putin contro l’Ucraina. In secondo luogo, data la vicinanza dell’Alaska alla Russia, il nostro Stato ha un ruolo vitale da svolgere nel garantire la sicurezza nazionale americana».
Anche Murkowski, su questo punto, ha dato ragione al collega: la situazione venutasi a creare renderà necessaria «una posizione di sicurezza più forte nell’Artico americano». L’Alaska, tecnicamente, è il tallone d’Achille degli Stati Uniti, sebbene sia impensabile un’aggressione delle forze russe via stretto di Bering. Roba più o meno da Alba rossa, film del 1984 diretto da John Milius e ambientato nel 1989 durante un’immaginaria invasione degli Stati Uniti condotta dalle truppe sovietiche, cubane e nicaraguensi.
Il passaggio dal Messico
Il discorso di Sullivan e Murkowski, semmai, è legato a una possibile, nuova via di fuga per i russi che intendono scappare da Putin. Il governatore dell’Alaska, Mike Dunleavy, ha affermato di non aspettarsi un flusso continuo o, meglio, una «flottiglia» di individui che attraversano la stessa rotta. Ha anche avvertito che viaggiare nella regione potrebbe essere pericoloso poiché i servizi meteo prevedono una tempesta autunnale con forti venti.
Dati alla mano, le autorità statunitensi ad agosto hanno avuto poco, pochissimo lavoro nel contenere i russi che tentavano di entrare negli Stati Uniti da nord, ovvero dal Canada. Più comune, invece, che i russi volino da Mosca a Cancun o Città del Messico e, una volta lì, cerchino di raggiungere il confine per chiedere asilo politico. La frase di Sullivan, in ogni caso, rimane valida: «Il popolo russo non vuole combattere la guerra di aggressione di Putin contro l’Ucraina». E, per questo, alcuni sono pure disposti a mettersi per mare. Con tutti i rischi del caso.