Il punto

In che modo, ora, il Partito Democratico sostituirà Joe Biden?

Kamala Harris e gli altri, la strada della Convention o le mini-primarie, la questione dei soldi, la data chiave: proviamo a fare chiarezza dopo il ritiro dalla corsa del presidente degli Stati Uniti
© Carolyn Kaster
Marcello Pelizzari
21.07.2024 22:30

Funzionerà? È la prima domanda suggeritaci dalla decisione di Joe Biden. D’accordo, ma «come» funzionerà? Ovvero: in che modo il Partito Democratico eleggerà un nuovo candidato per le presidenziali 2024? Il processo, come spiega il New York Times, di per sé è complicato. E rischia di aprire la porta a terremoti più o meno violenti da qui ad agosto, quando i delegati si riuniranno alla Convention per votare il candidato. Per intenderci, è quanto ha appena fatto il Partito Repubblicano con Donald Trump.

I delegati che, finora, avevano già manifestato il proprio sostegno a Biden, ora, saranno liberi di votare per chiunque sceglieranno. Il che potrebbe portare a una Convention aperta, cioè dall’esito tutto fuorché scontato. Una rarità pensando alla storia recente della politica statunitense. E un rischio, venendo alle possibilità che i Democratici, poi, riescano a vincere le presidenziali. 

Due strade da percorrere, quale la migliore?

Le strade da percorrere, fondamentalmente, sono due. Innanzitutto, il Partito Democratico (come auspicato da Biden) potrebbe stringersi attorno a Kamala Harris e compattarsi attorno all’attuale vicepresidente. Si tratta, manco a dirlo, della via più facile da imboccare: Harris ha esperienza, è conosciuta, sa come condurre una campagna a livello nazionale e, soprattutto, potrebbe «ricevere» i soldi e l’apparato della campagna Biden-Harris. 

Alcuni Democratici, per contro, già prima dell’annuncio di Biden sostenevano che il Partito farebbe meglio a organizzare delle mini-primarie. Il processo, a loro dire, così facendo sarebbe più equo. Il partito, in questo senso, dovrebbe innanzitutto scrivere le nuove regole e, venendo alle primarie, chiarire se sarà o meno necessario farle o, appunto, se basterà scegliere il successore di Biden con una Convention.

Sia quel che sia, Harris rimane il nome di punta. Quello, ancora, con maggiori chance di nomina. Di qui la riflessione di fondo che, eventualmente, dovranno fare gli altri: sfidarla, rischiando di perdere o, peggio, di creare divisioni all’interno del Partito, oppure farsi da parte per il bene comune? Fra i nomi caldi, in ottica sfidanti, la stampa statunitense cita diversi governatori: Gretchen Whitmer del Michigan, Josh Shapiro della Pennsylvania, Gavin Newsom della California, JB Pritzker dell’Illinois e Andy Beshear del Kentucky. Altri potenziali candidati sono Pete Buttigieg, Segretario ai Trasporti, nonché i senatori Amy Klobuchar del Minnesota e Cory Booker del New Jersey.

Ma Biden che poteri ha?

Arrivati sin qui, un’altra domanda si impone: Joe Biden, volendo, avrebbe il potere per nominare in autonomia Kamala Harris? No. Ma, come ha fatto, può spingere affinché il Partito, nel suo insieme, la accetti come candidata alle presidenziali. Di sicuro, però, e nonostante sia il presidente degli Stati Uniti, Biden non può dire ai delegati chi votare. I quali, sondaggi alla mano, banalmente sceglieranno chi avrà le maggiori chance di sconfiggere Donald Trump.

Non solo, se Biden dovesse imporre in maniera troppo marcata il suo volere, all’interno del Partito Democratico potrebbero scatenarsi nuove battaglie ideologiche e generazionali. Indebolendo, inevitabilmente, il candidato. 

Dove (e a chi) finiranno tutti quei soldi?

Dicevamo dei soldi sin qui raccolti dalla campagna Biden-Harris. Biden e Harris, negli ultimi due anni, hanno raccolto centinaia di milioni di dollari. Una somma che, riferisce il New York Times, è stata trasferita alla campagna di Biden, al Democratic National Committee e a varie organizzazioni. Nell’insieme, parliamo di 240 milioni di dollari. Una somma che verrebbe, in gran parte, «girata» al prossimo candidato. Ma attenzione: al 30 maggio, la campagna Biden-Harris, di suo, disponeva di 91 milioni. Soldi che finirebbero a Kamala Harris se venisse confermata quale nuova candidata, mentre in caso contrario questi soldi potrebbero perfino fare ritorno ai donatori (ma è altamente improbabile) o venire trasferiti a un Supercomitato federale che potrebbe spenderli per il nuovo ticket. Può essere utile ricordare, se caso, che JB Pritzker è miliardario e potrebbe finanziarsi da solo la campagna. 

D'accordo, ma il nome quando salterà fuori?

Siccome, da poche ore, la questione non è più se Biden si ritirerà ma, semmai, quando verrà nominato il suo successore per le presidenziali, gli occhi sono puntati tutti sulla Convention del Partito Democratico, in programma a Chicago il prossimo 19 agosto. Il discorso di accettazione del candidato scelto, una formalità cui si è appena sottoposto Donald Trump sul fronte opposto, è invece previsto per il 22 agosto. Nulla, in ogni caso, è stato definito a livello di regole. E il tempo stringe.