Il caso

In Italia, la guerra al granchio blu potrebbe combattersi a tavola

L'invasione di questi crostacei nei mari della vicina penisola sta mettendo a dura prova il settore ittico — Il governo propone di stanziare 2,9 milioni di euro per la caccia, mentre la Coldiretti suggerisce di portare «il killer dei mari» nei piatti degli italiani
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Federica Serrao
16.08.2023 13:30

In Italia, patria della buona cucina, tra le pizze e i piatti di pasta sui menù potrebbe presto comparire una nuova specialità: il granchio blu. Ormai da qualche settimana, il governo ha ufficialmente dichiarato guerra a questo piccolo crostaceo, noto come «killer dei mari». Originario dell'Atlantico del Nord, il Callinectes sapidus, da tempo ha invaso anche le acque del Mediterraneo. Generando non pochi problemi. Il nuovo ospite, infatti, è tutt'altro che gradito: a causa delle sue caratteristiche, il granchio blu sta causando problemi all'intero ecosistema marino italiano. E, di riflesso, anche all'industria della pesca, che — incredibile ma vero — è minacciata proprio da questo apparentemente innocuo crostaceo. 

Da prelibatezza a pericolo per i mari

Ma come siamo arrivati a questo punto? Il viaggio dei granchi blu, come dicevamo, inizia molto più a nord, nell'Atlantico. In un primo momento, questi crostacei hanno fatto la loro comparsa nell'Adriatico, ma ben presto si sono diffusi nelle acque che bagnano altre regioni italiane, nella parte occidentale del Paese. Da Trieste e Venezia, lo scorso anno il granchio blu è arrivato fino alle coste laziali. E quest'anno si è spostato verso nord, raggiungendo la Toscana e, in particolare, la laguna di Orbetello all'Isola d'Elba.

Ed è qui, insomma, che i problemi sono aumentati. Sebbene questo crostaceo sia da molti considerato una prelibatezza culinaria, la sua presenza nei mari italiani è tutt'altro che positiva. Il granchio blu è infatti onnivoro, e viene addirittura etichettato come «aggressivo» a causa della sua capacità di nutrirsi con tutto ciò che incontra sul suo percorso. Ossia bivalvi, come cozze, vongole e ostriche, anellidi, avannotti. Ma anche piante e carcasse. 

L'allarme

Con il peggiorare della situazione, la Fedagripesca italiana è stata quindi costretta a intervenire bruscamente, dichiarando guerra a tutti gli effetti al granchio. Lo scorso 27 luglio, la cooperativa, leggiamo sul Sole24 Ore, ha denunciato il problema. La continua proliferazione di questo crostaceo mette a repentaglio l'intera filiera, proprio perché quest'ultimo si ciba anche di molluschi e novellame. Senza un intervento efficace, quindi, vongole, cozze e ostriche potrebbero essere severamente minacciate. Gli stessi produttori, riporta il quotidiano italiano, hanno infatti lamentato danni oltre il 50% per un settore che, annualmente, riporta circa 100 milioni di fatturato. 

2,9 milioni per la caccia al granchio

E i problemi non finiscono qui. A fare i conti con il crostaceo è pure l'itticoltura, anch'essa severamente colpita, dal momento che il granchio blu è solito fare razzia di pesci negli allevamenti.

Per sollievo della Fedagripesca, l'allarme lanciato è stato prontamente colto dal governo. Il quale, tra le proposte avanzate prima della pausa estiva, ha suggerito l'introduzione di una norma (decreto Omnibus) che stanzierebbe 2,9 milioni di euro per dare la caccia all'attuale nemico dei mari italiani. Questa soluzione impedirebbe la proliferazione del crostaceo, limitando, va da sé, i danni subiti fino ad ora dal settore ittico. Secondo una prima bozza, di cui riferiva sempre ilSole24ore i primi di agosto, a finanziare la guerra sarebbe, verosimilmente, il ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, che verrà incaricato di localizzare le aree geografiche in cui il crostaceo è presente, oltre a individuare i beneficiari, le modalità di presentazione delle domande, i costi ammissibili e, in ultimo, i criteri per la distribuzione dei fondi. 

Da calamità ad opportunità

Nel frattempo, la Coldiretti, maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell'agricoltura italiana, ha commentato quanto sta accadendo nei mari italiani. Proponendo di sbarazzarsi dell'ospite indesiderato seguendo l'esempio degli Stati Uniti, dove il granchio blu viene considerato una prelibatezza. Di più, è anche un toccasana per il nostro organismo, dal momento che contiene molta vitamina B12. L'idea avanzata dalla Coldiretti, dunque, è quella di portare il crostaceo sulle tavole degli italiani e nei menù dei ristoranti. Nell'antipasto, nel primo e nel secondo. La Coldiretti veneziana, in particolare, ha le idee così chiare da aver già, addirittura, pensato a un menù: dall'insalatina di granchio agli spaghettoni all'aglio saltati con il crostaceo. Un modo alternativo, insomma, per unire l'utile al dilettevole. O, per dirla con le parole dell'associazione, un'occasione per «trasformare una calamità in opportunità». 

Ma alla popolazione italiana, quest'idea non sembra essere piaciuta per nulla. Sui social, i commenti in risposta alla proposta della Coldiretti sono molto critici. «I granchi blu diventeranno i cinghiali dei mari», osserva un utente. Altri, invece, citano i possibili costi di piatti a base di granchio. «Un piatto costerà 70 euro?», si legge a proposito. Altri ancora, invece, spostano l'attenzione sull'ambiente. «Sarebbe preferirebbe combattere i cambiamenti climatici, piuttosto che il granchio blu». E non solo. Qualcuno se la prende direttamente con l'associazione: «Ah, la meravigliosa Coldiretti si oppone fermamente alla produzione di carne sintetica e poi promuove il granchio blu come cibo?». Fino ad arrivare ai più tragici: «Mai mangerò una schifezza simile».