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In Russia è Wikipedia a raccontare la guerra

Con coraggio la versione russa dell'enciclopedia collaborativa rifiuta la narrazione putiniana e offre uno sguardo veritiero sul conflitto in Ucraina – Ma il blocco è dietro l'angolo
Marcello Pelizzari
15.03.2022 17:33

Si piega, ma non si spezza. Anzi, nemmeno si piega. Con coraggio, Wikipedia resiste. E prende posizione contro la narrazione di Putin. Mentre scriviamo queste righe, l’enciclopedia partecipativa, fra i pilastri di Internet, è ancora consultabile in Russia. Roskomnadzor, il regolatore dei media, da giorni le ha messo occhi e orecchie addosso. E questo perché, da inizio marzo, per legge sono previste pene pesanti per ogni diffamazione contro l’esercito russo e contro la diffusione di, citiamo, false informazioni.

Figuratevi quale potrebbe essere il destino di Wikipedia, che sulla pagina Invasione russa dell’Ucraina (2022) ha inserito svariati avvertimenti qualora l’utente cliccasse su «discussione». Parentesi: «discussione» è lo spazio in cui, citiamo, «chiunque può inserire commenti o fare proposte utili per la redazione o modifica dei contenuti relativi». Ecco, in Russia, su Wikipedia, nessuno può disquisire sul termine invasione. Il motivo? La comunità ha stabilito che nessuno può contestare una cosa ovvia come, appunto, l’intervento militare di Mosca ai danni dell’Ucraina. Le cose, parafrasando Gianfranco Funari, vanno chiamate con il loro nome.

«Non firmatevi»
Una scelta coraggiosa, dicevamo. Pensando proprio alle possibili conseguenze. Non a caso, un messaggio ribadisce l’ovvio: «Se vivete in Russia o in Bielorussia, non firmate i vostri messaggi e non condividete informazioni personali».

La minaccia è più reale di quanto possiamo pensare in Occidente. Lo scorso 11 marzo, un contribuente russofono a Minsk, Mark Bernstein, è stato arrestato dalla polizia bielorussa. La sua identità e diverse informazioni personali erano state diffuse in un canale Telegram filorusso. Per ora, fa sapere Le Monde, è stato condannato a quindici giorni di prigione ma rischia fino a quindici anni di carcere per aver infranto la nuova legge russa.

Una fonte preziosa
Wikipedia, in questi giorni, è diventata per molti la sola fonte affidabile sul conflitto. Il principale articolo in russo dedicato all’invasione, per dire, dal 24 febbraio ha fatto registrare oltre 10 milioni di visualizzazioni. Non solo, i venti articoli più letti della versione russa sono tutti legati alla guerra.

Esiste, va da sé, anche una versione ucraina. Ma sta subendo gli effetti, devastanti, dei bombardamenti russi. Il numero di nuovi contributi, dall’inizio dell’offensiva di Mosca, è calato drasticamente.

Gli amministratori ucraini, a tal proposito, hanno lanciato un appello: anche perché Wikipedia, ai loro occhi, è un mezzo fondamentale per difendere la cultura ucraina e contrastare il negazionismo putiniano. È stato lanciato anche un mese di «resistenza informatica» per contrastare la disinformazione di Mosca.

Come le versioni internazionali, o quasi
Tornando alla Russia, la versione locale della pagina consacrata all’invasione dell’Ucraina – per forza di cose – contiene più riferimenti alla narrazione di Mosca del conflitto. Ma, di fondo, assomiglia alle pagine in italiano, inglese o francese volendo citare idiomi occidentali. Si trovano, ad esempio, foto che mostrano fedelmente il conflitto e la distruzione causata dall’esercito russo, oltre ai dettagli sulle sanzioni internazionali. Anche la «denazificazione» dell’Ucraina è qualificata come «falsa».

Il dibattito sul termine invasione, per contro, è stato fermato subito. Ma continuano le discussioni in merito al futuro di Wikipedia stessa in Russia.

Ma un blocco è controproducente
La preoccupazione, insomma, ha raggiunto e superato i livelli di guardia. Della serie: se arrivasse, davvero, il blocco che ne sarà di noi? Va detto, tuttavia, che bandire Wikipedia è controproducente se ragioniamo nell’ottica di un Paese dittatoriale. La Cina, in cui l’enciclopedia è inaccessibile, è infastidita perché le pagine in mandarino, consultabili all’esterno dei propri confini, sono scritte in gran parte da utenti di Taiwan. Un effetto collaterale imprevisto. La Turchia, che per tre anni aveva bloccato ogni accesso, ha ripristinato Wikipedia nel 2020.

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