Il reportage

Incrocio di candidati in Pennsylvania, dove ogni voto può essere decisivo

Le campagne di democratici e repubblicani sono entrate nel vivo, a poche settimane dalle elezioni presidenziali – Abbiamo seguito i comizi di Tim Walz e JD Vance – E l'impressione è che questa incertezza ci accompagnerà fino al 5 novembre
© EPA/DAVID MUSE
Davide Mamone
23.09.2024 21:30

Ai tavoli del locale The Shanty on 19th, nel centro di Allentown, una graziosa cittadina a un centinaio di chilometri a nord-ovest di Philadelphia in Pennsylvania, Lori menziona la parola «politica» soltanto a bassa voce e spesso guardandosi attorno, come per controllare se qualcuno la stia ascoltando. È venerdì sera, c’è un gran via vai di persone sulla cinquantina come lei che ballano e cantano e le decorazioni di Halloween sembrano far dimenticare che da queste parti, il 5 novembre, si potrebbe decidere una delle elezioni più significative della storia recente del Paese. «Un tempo ci si confrontava ovunque, era un argomento (la politica, appunto, ndr) tra i tanti di cui si parlava senza astio, a casa, nei bar, come il meteo o lo sport», dice Lori, una vita ad Allentown, commessa part-time di un coffee shop lì vicino e amante della musica e della danza. «Ma da qualche anno è un tema troppo divisivo, quindi in pubblico lo evito e non sono l’unica». Il contesto, in realtà, sarebbe ideale per dibatterne. Non solo perché di lì a qualche ora il candidato vice presidente democratico Tim Walz si sarebbe presentato per un comizio nella vicina Bethlehem, un altro centro urbano di Lehigh County conosciuto per le sue scintillanti decorazioni natalizie e per aver dato i natali alla ormai defunta Bethlehem Steel, storica azienda produttrice d’acciaio. E non solo perché Allentown si trova a una manciata di chilometri da Northampton County, su cui tutti gli occhi sono puntati: dal 2008, chi vince lì, vince sia la Pennsylvania, sia le elezioni. Ma anche perché Lori, da quel poco che fa trasparire, sembra possedere il profilo perfetto dell’elettrice media di cui sia Kamala Harris, sia Donald Trump sono a caccia in queste ultime settimane di campagna elettorale: indipendente stanca delle parole sgradevoli della politica e dei prezzi alti al supermercato, meno presente ai seggi di quanto vorrebbe, ma consapevole che c’è bisogno di votare. Nel frastuono della musica rock di una band alle sue spalle al The Shanty, Lori parla in codice per non farsi capire e usa il football americano per fare parallelismi. Lei è fan dei Pittsburgh Steelers, suo marito dei Philadelphia Eagles. «E chi è fan degli Steelers qui è tendente dem, mentre chi lo è degli Eagles è tendente repubblicano», dice. Vale anche per loro? «Non dico niente: quest’anno però mi ha convinto lui ad andare a votare». Anche se sembra avere le idee chiare su chi sia il responsabile dell’incattivimento della politica di cui è stufa: «È così dal 2016», anno dell’entrata in scena di Trump. 

Pochi ispanici

I messaggi criptici di Lori sono lo specchio di uno stato - e di un Paese - che vota più di quanto sembra e si esprime in pubblico meno di quanto si pensa, rendendo previsioni sulle elezioni un’impresa ai limiti dell’impossibile. Secondo molti, la Pennsylvania sarà decisiva forse anche più di quattro anni fa, quando Joe Biden la sfilò da Trump dopo che Trump sorprese il Paese sottraendola ai dem di Hillary Clinton. Harris ha bisogno di mantenere blu «il muro» elettorale del Midwest, composto, oltre che dalla Pennsylvania, da Wisconsin e Michigan e di vincere uno tra Nevada, Arizona, Georgia e North Carolina, gli altri Stati chiave. Trump ha bisogno della Pennsylvania o del Michigan, di conquistare il Nevada (dem dal 2008), di recuperare Arizona e Georgia (conquistati da Biden) e di mantenere la North Carolina repubblicana. I sondaggi mostrano come le vie per raggiungere quota 270 grandi elettori siano anche numerose E raccontano che molto passi proprio da contee come Northampton e da cittadine come Bethlehem. Qui, Tim Walz ha parlato di fronte a quasi duemila persone la mattina dopo in cui Lori ha espresso tutta la sua allergia per la politica di oggi. Il governatore del Minnesota si è rivolto con efficacia alla pancia della contea, composta prevalentemente da lavoratori bianchi della classe media, ma ha fallito il vero test della sua mattinata elettorale: attirare l’elettorato ispanico, che a Lehigh County - dove il 20,8% delle famiglie parla solo spagnolo a casa, secondo i dati del censimento USA - rappresenta il 27,2% e nella vicina Northampton il 14,7%. Alla Freedom High School di Bethlehem però, dove è stato introdotto dall’attrice di The Bear, fresca di Emmy, Liza Colón-Zayas e dall’attore di Broadway Anthony Ramos, entrambi ispanici, di ispanici ce ne erano pochissimi. Uno di loro, Miguel, si dice certo che Harris e Walz hanno trovato la ricetta giusta: «Da quando questo ticket ha iniziato a lavorare, c’è un entusiasmo che non sentivo da tanto tempo», dice, lui che vota dem da una vita. Un altro signore anziano, quando Colón-Zayas si è messa a parlare della scellerata gestione di Trump dell’uragano Maria - che stravolse Puerto Rico nel 2017 - è riuscito a scuotere la scena urlando «Viva Puerto Rico!» pochi minuti dopo il fallimentare tentativo dell’attrice di trascinare un pubblico tendenzialmente bianco e anglofono a cantare lo slogan «Sí se puede» (il motto della United Farm Workers of America, un sindacato che rappresenta gli agricoltori negli Stati Uniti). Ma le facce non erano quelle che la campagna dem si attendeva, in un ciclo elettorale dove il voto delle minoranze sarà fondamentale. «Io comunque rimango fiducioso», dice Miguel. «Se Philadelphia rimane molto blu e le minoranze ci votano lì, vinciamo».

E JD Vance?

Walz non è stato l’unico a viaggiare per la Pennsylvania. Le due campagne elettorali si intrecciano e doppiano in queste ore: dove passa una, si muove l’altra. E così, mentre Walz ha provato a convincere Allentown e dintorni, nella Berks County Fairgrounds di Leesport - a 70 chilometri da Bethlehem, avvicinandosi alla capitale Harrisburg a ovest - è stato il turno di JD Vance, candidato vicepresidente repubblicano. I toni qui sono stati ben diversi: se Walz ha usato la sua retorica da zio progressista del Midwest d’America, possessore d’armi ma amante del welfare, i circa 27 minuti di discorso di Vance sono stati un attacco aggressivo dietro l’altro a Harris, rea di «fare la guerra al comparto energetico della Pennsylvania invece di lottare per le persone che ci vivono» e agli immigrati irregolari, spesso confusi con i richiedenti asilo e incolpati di grossa parte delle problematiche vissute dalla popolazione americana di oggi: dall’inflazione al debito pubblico, fino al recente, seppur timido, rialzo della disoccupazione. Ad ascoltarlo, tra un «boo» ai media mainstream da parte del pubblico e l’altro, c’erano meno persone rispetto a Walz (poco più di mille) ma grosso modo lo stesso numero di elettori ispanici in una zona della Pennsylvania molto più bianca. Max, un 72.enne italo-americano di origini abruzzesi parla solo inglese e dialetto. «Sono qui soprattutto per mia moglie perché è a lei che piace JD», dice. «Io alle primarie ho votato per Nikki Haley, ma molti in questo stato credono che la presidenza sia solo una cosa da uomini». L’audience di Leesport è parsa in visibilio per Vance, soprattutto quando ha attaccato gli immigrati e ribadito che sono loro i responsabili dei mali d’America, come a Springfield in Ohio, di recente finita sotto i riflettori dopo che il ticket repubblicano ha condiviso notizie false di immigrati haitiani accusati di aver rubato e poi cucinato i cani e gatti dei residenti. Max - che nel suo paese di origine vicino a Pescara è ancora conosciuto come «Massimino», dice orgoglioso - di Vance non è convinto: «Questo ha la lingua biforcuta e idee confuse», dice. Ma di dubbi, in realtà, non ne ha: «Dobbiamo votare per Trump, altrimenti questo Paese finisce alla deriva».

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