«Intercettazioni e testimonianze inedite»: depositati gli atti per riaprire il caso della Strage di Erba
Era l'11 dicembre del 2006. Quella sera, la tranquillità di un comune del Comasco venne improvvisamente spazzata via. Un caso di omicidio plurimo. Quattro le vittime, tra cui un bambino. E un unico sopravvissuto. In pochissimo tempo, il crimine diventò famoso come uno dei più atroci della storia d'Italia. Parliamo, ovviamente, della strage di Erba. Compiuta dai coniugi Olindo Romano e Angela Rosa Bazzi. Ormai da tutti tristemente conosciuti come Rosa e Olindo. La coppia che a colpi di coltello e spranga uccise Raffaella Castagna, suo figlio Youssef, sua madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Solo il marito di quest'ultima, Mario Frigerio, riuscì a salvarsi, fornendo una testimonianza essenziale per dimostrare la colpevolezza dei coniugi.
Oggi, però, a distanza di quasi 17 anni da quella tragica sera che cambiò per sempre la fama di Erba, il caso potrebbe tornare sotto i riflettori. Ieri sera, il sostituto Pg di Milano Cuno Tarfusser ha depositato al Procuratore generale Francesca Nanni e all'Avvocato generale Lucilla Tontodonati una relazione, redatta sulla scorta di nuovi elementi presentati dalla difesa dei coniugi. L'obiettivo? L'eventuale riapertura del caso della strage di Erba.
Un tentativo che, va detto, era stato già fatto in passato. Nel corso di questi 17 anni, la difesa della coppia, rappresentata dal legale Fabio Schembri, aveva infatti provato più volte a presentare una richiesta di revisione. Senza, va da sé, esserci mai effettivamente riuscita. Tuttavia, in questo documento ci sarebbero alcune intercettazioni e testimonianze, finora inedite, che non sono mai state prese in considerazione in tutti questi anni. E che avrebbero contribuito, dunque, ad accusare definitivamente Rosa e Olindo come colpevoli dell'omicidio dei vicini di casa, condannandoli all'ergastolo.
Le indagini
Riavvolgiamo il nastro per un momento. Subito dopo la strage, le indagini si concentrano inizialmente su Azouk Marzouk, marito di Raffaella Castagna e padre del piccolo Youssef, noto per avere precedenti penali per spaccio di droga e per aver trascorso un periodo in carcere. La pista principale venne però immediatamente abbandonata: l'alibi di Marzouk, infatti, era particolarmente solido. L'uomo, all'epoca, si trovava in Tunisia per visitare i genitori e sarebbe rientrato di corsa in Italia, una volta informato dei fatti. Questo portò gli inquirenti a sospettare di un regolamento di conti compiuti contro di lui.
Abbandonata la pista del marito di Raffaella Castagna, si aprì quasi subito quella dei vicini di casa, Rosa e Olindo. Il loro comportamento anomali e i precedenti contenziosi legali avuti con Raffaella Castagna alimentarono i sospetti attorno ai coniugi. A differenza degli altri condomini, Rosa e Olindo non chiesero alcuna rassicurazione alle forze dell'ordine, mostrandosi totalmente disinteressati a quanto accaduto. Questo atteggiamento fu considerato sospetto e fu determinante per gli inquirenti, che cominciarono a controllare la casa e l'auto della coppia. E proprio all'interno della loro vettura venne rinvenuta una traccia di sangue appartenente a Valeria Cherubini, una delle quattro vittime, rimasta coinvolta nella strage poiché attirata dal fumo proveniente dall'appartamento della Castagna, a cui Rosa e Olindo avevano dato fuoco, subito dopo aver massacrato Raffaella, la madre Paola e il piccolo Youssef.
Non solo. Gli elementi che portarono a identificare i due coniugi come sospetti furono diversi, ancor prima di ricevere la conferma della presenza di una traccia ematica appartenente a una delle vittime nella loro auto. La notte dopo la strage, gli inquirenti notarono infatti che marito e moglie presentavano alcune ferite. Olindo un'ecchimosi alla mano e all'avambraccio, e la moglie una ferita sanguinante a un dito. Inoltre, mentre venivano poste loro le classiche domande di rito, i due presentarono uno scontrino del McDonald's ai carabinieri. Un comportamento che risultò alquanto sospetto, perché venne inteso come un tentativo di dichiararsi estranei a fatti, quando fino a quel momento nessuno sospettava ancora del loro coinvolgimento.
Il 10 gennaio del 2007, un mese dopo l'omicidio, i coniugi Romano ammisero, separatamente, di essere i responsabili della strage. Descrivendo in maniera dettagliata gli omicidi, il tipo di ferite, la posizione dei corpi delle vittime e il tipo di armi usate. La doppia confessione fu subito ritenuta veritiera, perché solo chi era stato sulla scena del delitto poteva conoscerne i particolari. In quel frangente, fu essenziale anche la testimonianza di Mario Frigerio, marito di Valeria Cherubini e unico superstite nella strage. «Vidi Olindo, mi fissò con degli occhi da assassino, non dimenticherò mai il suo sguardo, era una belva», dichiarò l'uomo, che si salvò grazie a una malformazione congenita alla carotide che gli permise di non morire.
E ora?
Ma torniamo al presente. La richiesta di revisione presentata ieri dal Pg, come dicevamo, dovrà essere ora valutata dal procuratore Nanni e dal suo «braccio destro» Tontodonati. Il destino della riapertura del caso, insomma, è nelle loro mani. Solo i due, insieme, possono decidere se unire o meno la richiesta all'istanza di revisione del processo, che i difensori di Rosa e Olindo sono in procinto di presentare a Brescia. In altre parole, sarà loro compito decidere se appoggiare, con la loro richiesta congiunta, l'istanza di revisione del processo formulata dalla difesa.
Nel frattempo, i coniugi Romano continuano a scontare la loro condanna all'ergastolo. Olindo nel carcere di Opera, Rosa in quello di Bollate.