L’analisi

Internet inquina troppo, ecco come migliorarlo

Da sola, la rete è responsabile del 3,7% delle emissioni globali – Le grandi aziende stanno già correndo ai ripari, molto però passerà anche dai nostri comportamenti – Ale Agostini di AvantGrade.com: «Questa è una sfida globale della quale in pochi al momento si rendono conto»
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Marcello Pelizzari
08.10.2021 06:00

Internet inquina. Non è una novità. Tuttavia, il tema è tornato alla ribalta durante la pre-COP26. Di più, sarà al centro di molti discorsi alla COP26 vera e propria, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in programma a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre. Internet inquina, dicevamo, perché ha bisogno di energia. E non sempre quell’energia è pulita. Anzi. Ne ha parlato, di recente, il Corsera.

Qualche dato? Partiamo dai colossi. AvantGrade.com sgancia la bomba in entrata: Amazon, Facebook, Google e Microsoft – da soli – nel 2020 hanno consumato 55 milioni di megawattora. Nel 2021, dovrebbero superare i 60 milioni e, quindi, raggiungere Austria e Svizzera. Insomma, se fosse un Paese la rete sarebbe fra quelli più inquinanti al mondo. Colpa del suo utilizzo e della sua diffusione oramai capillare, che si traducono in un costo ambientale importante. Importante perché, appunto, gran parte dell’energia elettrica richiesta per far funzionare le macchine non proviene da fonti rinnovabili ma fossili.

Da santo a peccatore
Paradossalmente, Internet era stato salutato come una soluzione definitiva a molti problemi: l’uso eccessivo della carta, il traffico generato dai pendolari che quotidianamente si recano in ufficio e via discorrendo. Il suo successo, come detto, ne ha cambiato anche il ruolo. Da santo a peccatore, senza passare dal via. Dopo gli Stati Uniti, la Cina e l’India, Internet è la quarta regina dell’inquinamento. Le emissioni di CO2, già. Google, sottolinea il Corsera, di recente ha introdotto la navigazione dark. Niente di illegale, anzi. Mountain View offre la possibilità di utilizzare uno schermo nero per limitare le emissioni. La luminosità, infatti, è fra le principali cause del troppo consumo di energia. I gestori dei siti, a ruota, stanno limitando proprio l’uso del bianco e di colori vivaci. E, sul fronte prettamente tecnico, stanno pulendo il codice: meno complessità, beh, significa una maggiore efficienza.

L’effetto delle ricerche
C’è, poi, tutto il discorso legato alle ricerche. Che spesso coincidono con Google. Qual è il miglior albergo di New York? Dove posso trovare un ristorante di pesce a Milano? Quanti anni ha Giucas Casella del Grande Fratello VIP? Ai motori di ricerca consegniamo, ogni istante, le domande più disparate. Tutto ciò ha un impatto. AvantGrade.com utilizza Karma Metrix, un algoritmo che calcola la performance ecologica di una determinata pagina web. L’obiettivo è sensibilizzare tanto gli utenti quanto le aziende, rendendo l’ambiente digitale consapevole. Ogni ricerca sul web, per dire, produce 7 grammi di anidride carbonica. La metà di quelli generati dalla preparazione di una tazza di tè.

In fondo, è una questione di abitudini. Ci riferiamo alle piattaforme streaming, alle e-mail e alle foto che riempiono i nostri smartphone. Ogni anno, potremmo risparmiare 130 chilogrammi di CO2. L’equivalente di un viaggio in auto dal Ticino alla Spagna, circa. Dovremmo, ad esempio, eliminare foto non utilizzate, vecchie corrispondenze, app che nemmeno ci ricordiamo più di avere. Per i più pigri, beh, è possibile demandare la cosa al sistema operativo. Abbastanza intelligente da fare le pulizie per noi. Bisognerebbe, inoltre, evitare di inviare troppi video e troppe foto nelle chat.

Come l’industria dell’aviazione
«Questa è una sfida globale della quale in pochi al momento si rendono conto, per lungo tempo neanche le big tech» afferma Ale Agostini, direttore di AvantGrade.com. «Anche i backup e l’uso dei dati hanno un impatto sull’ambiente. Con gli apparecchi collegati anche in mobilità, la situazione rischia di peggiorare. Lavorando su indici di misurazione legati all’ottimizzazione dei motori di ricerca ci rendiamo conto di quanto il fenomeno sia ancora sottovalutato. Speriamo che d’ora in avanti un’azienda si ponga la domanda se, rifacendo il proprio sito, questo abbia un impatto sul pianeta ridotto oppure no».

Una sterzata, concludendo, è d’obbligo. Da solo, Internet è responsabile del 3,7% delle emissioni globali. È paragonabile all’industria dell’aviazione. Il suo consumo di energia è trasversale: dalla produzione e spedizione di computer e smartphone alla gestione dei server. I cosiddetti data center, catapultati sul palcoscenico mediatico a causa della panne di Facebook, da soli consumano l’1% circa dell’energia mondiale. Mamma mia. E i consumi, va da sé, sono legati al traffico. Netflix e YouTube, da soli, nei momenti di picco da soli rappresentano il 50% del traffico nordamericano. Lo streaming di videogiochi, per contro, cresce del 19% di anno in anno mentre quello audio e video, in generale, rappresentano il 63% del traffico.

Apple è già «green»
Le risposte, per fortuna, stanno arrivando. Apple da tempo utilizza soltanto energia rinnovabile. Entro il 2030, anche la sua catena di fornitura sarà al 100% neutrale. Microsoft entro il 2030 ridurrà le sue emissioni della metà ed entro il 2050 compenserà le emissioni storiche. Internet inquina. La speranza, un domani, è che non lo faccia più.