L'intervista

Iran, quando la violenza dei paramilitari soffoca la libertà

Con il professore di sociologia politica Giuseppe Acconcia analizziamo quanto sta accadendo a Teheran
Osvaldo Migotto
07.10.2022 19:30

Si contano ormai a decine i morti, in varie città iraniane, causati dalla repressione del regime degli ayatollah contro i manifestanti che dal 16 settembre sono scesi nelle strade per denunciare l’uccisione di Mahsa Amini, 22enne della minoranza curda, morta a Teheran mentre era agli arresti per aver indossato il velo in modo non conforme alla legge islamica. Con Giuseppe Acconcia, esperto di Iran, facciamo il punto della situazione.

Professor Acconcia, in Iran la morte di Mahsa Amini, vittima della violenza brutale della polizia iraniana, sta scatenando proteste su vasta scala. Cosa distingue questa ribellione popolare da altre proteste di piazza avvenute nel recente passato?
«Questa protesta riguarda i diritti umani e i manifestanti rivendicano maggiore libertà di espressione e soprattutto maggiori diritti per le donne. Infatti la causa scatenante delle manifestazioni è stata la morte della giovane Mahsa Amini. Poi vi sono stati diversi giovani morti durante le proteste di piazza, tra cui figura un’altra giovane donna, Nika Shakarami. Quindi la questione della difesa dei diritti delle donne è diventata la questione centrale per chi si è mobilitato in queste settimane. Le donne sono la componente della società iraniana che ha subito maggiormente i cambiamenti subentrati nel Paese dopo la rivoluzione islamica del 1979. Si pensi ad esempio all’obbligo di indossare il velo. Per questo motivo le donne già in passato si erano mobilitate, come ad esempio nelle proteste del 2018 e del 2019. Pertanto queste proteste sono andate avanti costantemente negli ultimi anni. E proprio per questo una volta arrivato al potere, il presidente conservatore, Ebrahim Raisi, ha preso delle posizioni molto dure nei confronti delle donne».

Quali misure ha preso Raisi?
«Lo scorso 12 luglio è stata creata la giornata del hijab (velo n.d.r.) della dignità. Giornata che ha coinciso con l’inizio della repressione nei confronti delle donne. Infatti da quel momento vi sono stati numerosi casi di donne arrestate perché non rispettavano le nuove direttive sul modo di vestirsi, molto più stringenti. Negli ultimi anni della presidenza di Hassan Rohani (rimasto in carica fino al 2021 n.d.r.), c’era stato un rilassamento dei costumi, e molte ragazze portavano hijab aperti e più succinti. Ciò evidentemente non andava bene all’élite religiosa. Con Raisi invece è stata approvata una legge che depenalizza lo stupro e che permette il matrimonio con minorenni e poi una legge che rende più difficile la contraccezione. Per questo nelle manifestazioni di questi giorni lo slogan ‘vita, donna, libertà’ chiarisce che la caratteristica di questo movimento di protesta rispetto a movimenti precedenti è proprio la difesa dei diritti delle donne e dei diritti in generale».

In effetti Mahsa Amini era una ragazza curda. Quindi è evidente che oltre alle donne si sono mobilitati anche i curdi che rappresentano una componente della rivoluzione del 1979

Intende anche i diritti delle minoranze?
«In effetti Mahsa Amini era una ragazza curda. Quindi è evidente che oltre alle donne si sono mobilitati anche i curdi che rappresentano una componente della rivoluzione del 1979 che poi è stata fortemente penalizzata dalla leadership della Repubblica islamica».

Vede la possibilità che al malcontento espresso dalle donne iraniane e che trova la solidarietà di molti giovani, si unisca il malumore popolare legato alle crescenti difficoltà economiche?
«Questo sarebbe auspicabile, in quanto l’attuale movimento di protesta potrebbe avere successo se trovasse il sostegno di altri attivisti insoddisfatti dalle attuali condizioni di vita in Iran. Del resto oltre alla mobilitazione delle donne e dei curdi vi è anche quella nella provincia del Sistan e Baluchistan a causa delle cattive condizioni di vita e della crisi economica, alimentata dalle sanzioni occidentali».

Nelle manifestazioni che coinvolgono anche molti studenti universitari si contano molti morti. Chi sono gli autori delle violenze?
«Le manifestazioni sono pacifiche, mentre la dura repressione è opera della polizia morale ma anche dei gruppi paramilitari, quali ad esempio Hezbollah. Mentre i morti si contano a decine, negli scorsi giorni è arrivata per la prima volta la voce dell’ayatollah Ali Khamenei che ha detto che le proteste in corso sono fomentate da Stati Uniti e Israele. In realtà le proteste sono espressione di un malcontento che viene dai giovani, i quali non vedono realizzate le loro richieste di cambiamento e di riforme».

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