Il punto

Israele colpisce (ancora) Hezbollah: fra le vittime anche «bambini, donne e paramedici»

Le Forze di difesa israeliane hanno colpito 300 obiettivi legati all'organizzazione – L'obiettivo è assicurare, nuovamente, il confine e consentire a 60 mila israeliani di tornare alle proprie abitazioni nel nord del Paese
© Hassan Ammar
Red. Online
23.09.2024 15:15

Almeno 180 persone sono state uccise e altre 700 sono rimaste ferite a causa degli attacchi di Israele nel sud del Libano, nella valle orientale della Bekaa e nelle regioni settentrionali vicine alla Siria. Ma i numeri, questi numeri, potrebbero salire ancora. Si tratta, secondo il Ministero della Sanità del Paese, del bilancio giornaliero più pesante in un anno, quasi, di pesanti scontri transfrontalieri. «I raid nemici su città e villaggi del sud da questa mattina hanno ucciso 180 persone e ne hanno ferite più di 700» ha spiegato lo stesso Ministero, aggiungendo che fra le vittime figurano altresì «bambini, donne e paramedici».

Israele, dal canto suo, ha dichiarato di aver colpito qualcosa come 300 obiettivi di Hezbollah in Libano. Si è trattato di uno dei bombardamenti più intensi contro il gruppo militante dall'ottobre del 2023, ovvero dall'inizio della guerra a Gaza. In risposta agli attacchi dello Stato Ebraico, circa 35 razzi sono stati lanciati dal Libano verso l'area di Safed stando alle dichiarazioni delle Forze di difesa israeliane (IDF). L'esercito di Israele, all'inizio della giornata, aveva avvertito i residenti all'interno o nelle vicinanze di edifici in cui Hezbollah ha nascosto delle armi di andarsene. I cittadini di Beirut, la capitale, e di altre aree hanno ricevuto messaggi di testo e messaggi registrati che chiedevano loro di lasciare immediatamente le loro abitazioni. Anche il ministro dell'Informazione libanese, Ziad Makari, ha ricevuto una telefonata in cui gli veniva chiesto di evacuare l'edificio in cui si trovava. Sopra Beirut sono stati uditi diversi droni volare a bassa quota.

Il portavoce delle IDF, Daniel Hagari, rivolgendosi «a tutti i residenti dei villaggi in Libano» ha spiegato stamane che l'esercito avrebbe colpito «obiettivi terroristici» nel Paese. Di riflesso, ha chiesto «a tutti coloro che si trovano nei pressi di proprietà o all'interno di case in cui Hezbollah nasconde armi, di allontanarsi immediatamente da esse. Questo per la vostra sicurezza e protezione». L'avviso è stato distribuito in arabo su tutte le reti e le piattaforme presenti in Libano. Le comunità su entrambi i lati del confine, al sud, erano già fuggite in gran parte proprio a causa degli scambi di fuoco oramai quasi quotidiani. A una domanda, precisa, su una possibile incursione di terra israeliana in Libano, Hagari ha risposto che Israele «farà tutto il necessario» affinché i residenti nel nord di Israele possano ritornare, in sicurezza, alle loro case. Una priorità, questa, per il governo Netanyahu. Il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, al riguardo ha dichiarato che «nei giorni a venire la popolazione israeliana nel nord dovrà mostrare calma, disciplina e pieno rispetto delle istruzioni del Comando del fronte interno». Di nuovo: «Stiamo intensificando i nostri attacchi in Libano. Questa serie di azioni continuerà fino a quando non avremo raggiunto i nostri obiettivi, riportando i residenti del nord nelle loro case in sicurezza. Questo successo dipende anche dalla corretta condotta del fronte interno».

In tutto il Libano, leggiamo, sono state effettuate circa 60 mila chiamate tramite un messaggio registrato che invitava le persone a evacuare le proprie case. Imad Kreidieh, presidente di Ogero, gestore delle infrastrutture di telecomunicazione in Libano, ha raccontato al Guardian che gli israeliani hanno inviato queste registrazioni «attraverso vettori internazionali», affinché il sistema non «le riconoscesse come chiamate israeliane». Una «vecchia tecnica» utilizzata proprio da Israele contro Hezbollah nel 2006. Ogero ha «individuato la fonte delle chiamate e le fermerà» ha detto Kreidieh. Makari, il ministro dell'Informazione, ha sottolineato che Israele utilizza questi metodi nell'ambito della sua «guerra psicologica» volta a spaventare la popolazione libanese. 

Sin qui, l'esercito israeliano e Hezbollah hanno evitato una guerra totale e in campo aperto, limitandosi a un conflitto di logoramento. La recente ondata di attacchi e contrattacchi, tuttavia, ha fatto precipitare la situazione. Basti pensare alle esplosioni di centinaia di cercapersone e walkie talkie acquistati da Hezbollah. Un'azione, questa, che ha provocato la morte di 42 persone e il ferimento di altre 3 mila e che, universalmente, è stata attribuita a Israele. In risposta a questi attacchi, domenica Hezbollah ha lanciato circa 150 fra razzi, missili e droni verso il nord di Israele. Hezbollah ha alzato e non poco il tiro da quando Israele ha deciso di rispondere, in maniera forte, agli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre 2023. Lo Stato Ebraico ha accusato apertamente Hezbollah di aver trasformato intere comunità nel sud del Libano in basi militanti della sua organizzazione, con lanciarazzi nascosti e altre infrastrutture. 

Il portavoce del governo israeliano, David Mencer, a proposito degli attacchi ha affermato che Israele sta «facendo esattamente quello che farebbe qualsiasi altro Paese». Mencer ha aggiunto che le azioni militari di Hezbollah hanno portato oltre 60 mila israeliani a lasciare loro case, facendoli diventare «rifugiati nella nostra stessa patria». Hezbollah non ha smesso di attaccare Israele «nemmeno per un giorno» dall'8 ottobre, all'indomani dell'attacco di Hamas nel sud di Israele. «Nessun Paese può accettare che le sue città vengano attaccate con i razzi». Mencer, infine, ha citato le risoluzioni 1559 e 1701 delle Nazioni Unite, che chiedevano la pace e il disarmo delle milizie in Libano ma che non sono mai state attuate: «Hezbollah deve spostarsi dietro il fiume Litani e il nostro confine settentrionale deve essere messo in sicurezza, cosa che sta accadendo proprio ora».