Israele, un razzo di Hamas spaventa un volo Ryanair
Uno dei razzi lanciati dai miliziani di Hamas, oggi, è caduto non molto lontano dall'aeroporto di Tel Aviv-Ben Gurion. A poche centinaia di metri. Nell'esatto momento in cui un Boeing 737 di Ryanair si stava avvicinando allo scalo israeliano e un altro Boeing, di El Al, decollava per Dubai. Ne ha dato notizia, fra gli altri, il Corriere della Sera. Pochi secondi dopo, il Boeing della low cost irlandese ha virato verso un aeroporto più sicuro. Cipro, nella fattispecie. Il caso ha spinto la stessa Ryanair a cancellare i propri voli da e per Israele fino all'11 ottobre. Come hanno fatto, oramai, diverse compagnie. Swiss compresa. Sempre più piloti, intanto, starebbero spingendo affinché le autorità dichiarino i cieli dello Stato ebraico insicuri per l'aviazione commerciale.
Decollato stamani alle 8.35 da Vienna, il volo FR7161 – scrive ancora il Corsera – stava percorrendo la H14, fra le poche aerovie ancora aperte dopo che il confronto armato con Gaza ha inevitabilmente ristretto i corridoi aerei ritenuti sicuri – quando in fase di avvicinamento è stato (quasi) raggiunto da un razzo, non intercettato dal sistema antimissilistico Iron Dome. L'equipaggio, a quel punto, ha chiesto e ottenuto di poter dirottare l'aeromobile verso Cipro. Dove è regolarmente atterrato, in sicurezza, alle 13.16 locali.
La questione della sicurezza dei voli, in queste ore, sta tenendo banco nel settore. Ieri, domenica, l'EASA, l'Agenzia europea per la sicurezza aerea, ha emesso un bollettino. Nel quale Israele è stata definita una zona di conflitto almeno fino al 31ottobre, pur precisando come i rischi per l'aviazione civile al momento fossero «gestiti efficacemente dalle autorità dello Stato israeliano». Il tutto, ancora, ribadendo che «a causa della situazione instabile, l’agenzia continuerà a monitorare attentamente la situazione, al fine di valutare se vi sia un aumento o una diminuzione del rischio per gli operatori aerei dell’Unione Europea a seguito dell’evoluzione della minaccia». OpsGroup, una piattaforma molto nota fra comandanti e primi ufficiali, dal canto suo ha definito Israele una zona di conflitto «attiva». Lo spazio aereo del Paese è «al livello 1». Tradotto: non si dovrebbe volare. E il motivo è facilmente intuibile: dopo l'attacco terroristico di Hamas, sabato, il governo a guida Benjamin Netanyahu ha dichiarato guerra al gruppo palestinese. Di qui la necessità, leggiamo, di «applicare tutte le lezioni apprese in materia di operazioni civile in zone di conflitto negli ultimi nove anni dopo quanto successo al volo MH17». Ovvero, l'aereo abbattuto dai separatisti filorussi al confine fra Russia e Ucraina nel luglio del 2014. «Il rischio che un aereo passeggeri rimanga vittima di questa guerra è alto» ribadisce Ops Group. Basti pensare all’abbattimento, l’8 gennaio 2020, del volo Teheran-Kiev, un Boeing 737 di Ukraine International Airlines, poco dopo il decollo dall'aeroporto iraniano. I morti, allora, furono 176. «Raccomandiamo di evitare completamente lo spazio aereo israeliano, evitare tutte le destinazioni israeliane, in particolare Tel Aviv, considerare attentamente le scelte di rotta verso Amman e gli altri aeroporti della Giordania».
Mentre scriviamo queste righe, rimangono operativi i voli della compagnia di bandiera, El Al, come quelli di altri vettori dello Stato ebraico. Stanno ancora volando da e per Israele British Airways e Turkish Airlines, fra le compagnie più grosse. Stando ai siti specializzati, oggi sono stati cancellati almeno 105 voli. Sabato erano 95, domenica 139.