Israele vieta Al Jazeera: «Un disperato tentativo di nascondere cosa succede a Gaza»
Per Al Jazeera, il divieto di operare in Israele è ora realtà. Il 1. aprile la Knesset, il parlamento israeliano, aveva approvato una legge che concede al governo israeliano poteri temporanei per impedire ai network stranieri di operare in Israele se i servizi di sicurezza ritengono che danneggino la sicurezza nazionale. Detto, fatto. A poco più di un mese dall'approvazione della Knesset, il governo Netanyahu ha approvato oggi all'unanimità la promulgazione di una legge che prevede la chiusura totale delle attività dell'emittente del Qatar nel Paese. In un paio di ore dal via libera, segnala la stessa Al Jazeera, l'emittente si è vista notificare la chiusura del sito, ora inaccessibile in Israele, così come del canale televisivo.
Il divieto sta già colpendo i giornalisti presenti nello Stato ebraico. L'ordine diffuso dal ministro delle comunicazioni israeliano Shlomo Karhi prevede la «chiusura degli uffici» così come «la confisca delle attrezzature del canale, compresi possibilmente i cellulari». Conferma, in tal senso, è arrivata dai reporter di Al Jazeera presenti nella regione. Così Imran Khan, da Gerusalemme Est: «Stanno vietando qualsiasi dispositivo utilizzato per fornire contenuti, compreso il mio telefono cellulare. Se lo uso per qualsiasi tipo di raccolta di notizie, le autorità israeliane possono semplicemente confiscarlo».
Rapporti complicati
Da tempo, Israele ha un rapporto difficile con Al Jazeera, che accusa di parzialità sulla questione palestinese. Accuse, queste, sempre respinte dall'emittente qatariota. Almeno dal 2017, Benyamin Netanyahu minaccia di chiudere la sede israeliana dell'emittente e nel corso della crisi israelo-palestinese del 2021, la torre al-Jalaa di Gaza City, che al tempo ospitava gli uffici di Al Jazeera e l'agenzia di stampa The Associated Press, è stata distrutta da un missile israeliano.
Fra i pochi media internazionali rimasti a Gaza durante la guerra, Al Jazeera e i suoi giornalisti hanno pagato un duro prezzo per i reportage prodotti nella Striscia. Oltre 50 gli attacchi denunciati dall'emittente qatariota ai danni dei propri giornalisti. Nel proprio articolo live, Al Jazeera ha ricordato in particolare l'uccisione, a gennaio, di due giornalisti (Hamza Dahdouh, figlio maggiore di Wael Dahdouh, capo della sezione di Al Jazeera a Gaza e Mustafa Thuraya) che, su un'auto, sono stati colpiti da un missile israeliano. Altri due freelance erano rimasti gravemente feriti. I quattro avevano girato alcuni filmati con un drone in una zona precedentemente colpita da un raid israeliano. Le Forze di difesa israeliane (IDF) avevano giustificato l'attacco contro i giornalisti definendo i due Thuraya e Dahdouh come «affiliati a gruppi militanti palestinesi». Ma un'inchiesta del Washington Post, pubblicata nel mese di marzo, ha messo in dubbio la verosimiglianza di tale affermazione.
Al momento sbagliato?
La mossa del governo Netanyahu, teme il Partito di unità nazionale israeliano, rischia di compromettere la riuscita dei negoziati. In una dichiarazione citata dai media israeliani, il partito ha affermato che i leader Benny Gantz, Gadi Eisenkot e Chili Trooper sono favorevoli alla chiusura di Al Jazeera in Israele, ma che il momento del voto di domenica non è ideale, in quanto «potrebbe sabotare gli sforzi per concludere i negoziati e deriva da considerazioni politiche».
In precedenza, la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, aveva dichiarato – quando circa un mese fa si erano avute le prime avvisaglie di un possibile divieto di Al Jazeera – che gli Stati Uniti non avrebbero accolto con favore una simile mossa nei confronti di «un'importante fonte di notizie internazionali».
Ma al momento, riporta la stessa Al Jazeera, la Casa Bianca non ha ancora risposto alla richiesta di commento.
«Una mossa disperata»
In un comunicato diffuso dalla stessa emittente, Al Jazeera ha condannato la decisione di Israele, definendola «criminale».
Hani Mahmoud, reporter di Al Jazeera impegnato a Rafah, la città nel sud di Gaza dove si è rifugiato oltre un milione di profughi palestinesi, ha commentato: «Questo è l'ultimo episodio di quella che sembra essere la soppressione di qualsiasi critica a ciò che sta accadendo sul terreno nella Striscia di Gaza. Il divieto è in gran parte percepito dalla gente di qui come un modo per sopprimere questa voce [quella di Al Jazeera, ndr] che ha amplificato le voci degli oppressi e le voci delle persone sotto occupazione verso il mondo esterno. La gente la vede come una mossa disperata per impedire una copertura equa di ciò che sta accadendo sul campo».