Itamar Ben Gvir, il Monte del Tempio e il diritto alla preghiera: il caso

«Se costruirei una sinagoga sul sito del Monte del Tempio? Sì». Interrogato da Army Radio, il ministro israeliano della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir risponde in modo secco: «Certo che costruirei lì una sinagoga. Le politiche sul Monte del Tempio consentono la preghiera, punto e basta. Gli ebrei possono pregare sul Monte del Tempio e anche prostrarsi, io sono il ministro della sicurezza nazionale e sotto il mio controllo non ci saranno discriminazioni tra ebrei e musulmani». In poche ore, l'uscita del ministro israeliano ha avuto una eco globale. Il caso, del resto, è delicato. Delicatissimo. Tanto da costringere il premier Benjamin Netanyahu, del quale Ben Gvir è stretto alleato, a una frettolosa precisazione: «No, lo statu quo sul Monte del Tempio non è cambiato». Cerchiamo di approfondire la questione.
Diritti
Il Monte del Tempio, conosciuto dai musulmani come la Spianata delle Moschee, è una collina nella Città Vecchia di Gerusalemme, venerata come sito sacro per migliaia di anni da ebraismo, islam e anche cristianità. Ospitò, nel periodo che va fra il 967 a.C. e il 70 d.C., il Primo ("Tempio di Salomone") e il Secondo tempio ebraico di Gerusalemme, mentre oggi è sede della moschea di al-Aqsa e della Cupola della Roccia. Il Monte del Tempio sorge in una zona di Gerusalemme, Gerusalemme Est, che fra il 1948 e il 1967 si trovava sotto il controllo della Giordania. È a seguito della guerra dei Sei Giorni che Israele si è imposto anche su questa porzione di città, in un'occupazione che dura fino ai nostri giorni e alla quale si è più volte opposto lo stesso Consiglio di Sicurezza ONU (si pensi alla nota risoluzione 242, del 1967, o alla recente 2334, del 2016), contrario a «ogni modifica dei confini» stabiliti con l'armistizio del 1949 e alle politiche israeliane di insediamento intraprese qui come in Cisgiordania.
Poco dopo aver conquistato il sito, Israele ne ha restituito l'amministrazione al consiglio religioso musulmano, Waqf, sotto la custodia hashemita giordana, pur mantenendone il controllo in termini di sicurezza. È la questione della gestione, appunto, ad essere delicatissima. Gli accordi presi dopo la guerra del '67 prevedono che agli ebrei sia dato il diritto di visitare il Monte del Tempio senza ostacoli e gratuitamente, a patto che sia rispettato il sentimento religioso musulmano e, soprattutto, che i visitatori non preghino sul suolo sacro della Spianata. È qui che sorge il problema. La legge israeliana permette tecnicamente agli ebrei di pregare ovunque nel Paese. Questo si applica anche ai territori occupati? I tribunali hanno a lungo sostenuto la discrezionalità della polizia nell'applicare il divieto di preghiera ebraica. Nel 1976, il presidente dell'Alta Corte di Giustizia, Aharon Barak, si espresse in risposta a un ricorso contro l'interferenza della polizia nel presunto diritto di un individuo a pregare nel sito: «Il principio di base è che ogni ebreo ha il diritto di accedere al Monte del Tempio, di pregare lì e di avere comunione con il suo Creatore. Questo fa parte della libertà religiosa di culto, fa parte della libertà di espressione. Tuttavia, come ogni diritto umano, non è assoluto, ma relativo... In effetti, in un caso in cui vi è la quasi certezza che l'interesse pubblico potrebbe essere danneggiato se i diritti di culto religioso e di espressione di una persona venissero realizzati, è possibile limitare i diritti della persona al fine di sostenere l'interesse pubblico». Tradotto: per quieto vivere, negli ultimi decenni, agli ebrei è stata concessa la visita ma non la preghiera sul Monte del Tempio e la polizia è più volte intervenuta in tal senso per fermare chi viene sorpreso a violare questa regola.
Una regola, tra l'altro, che ben si sposa con i dettami della stessa legge ebraica, che tecnicamente vieterebbe a tutti l'entrata nel sito che un tempo ospitava il Tempio ebraico e all'area sacra più interna, utilizzata solo dai suoi cohanim, sacerdoti. Un punto di vista, questo, sposato dalle correnti ultraortodosse ebree (che scoraggiano la visita del Monte), ma sempre meno dai membri del cosiddetto ebraismo ortodosso moderno.
Il caso
Da tempo, ormai, il controllo della polizia sulle visite alla Spianata delle Moschee si è fatto meno restrittivo e più volte lo stesso Itamar Ben Gvir (anche prima del 7 ottobre) si è recato, indisturbato, nell'area sacra incoraggiando la preghiera. L'ultima, un paio di settimane fa, quando il ministro di ultradestra è salito sul Monte del Tempio in occasione del digiuno di Tisha B'Av (che ricorda la distruzione del Tempio di Gerusalemme), con centinaia di seguaci che si sono prostrati a terra, violando le istruzioni della polizia e lo statu quo del sito. L'azione è stata condannata dalla Autorità nazionale palestinese (ANP), che ha definito l'atto di pregare nella Spianata come una «pericolosa provocazione». Ma non solo. Anche gli Stati Uniti si sono opposti al gesto, definendo «inaccettabile» la salita di Ben Gvir al Monte. In un briefing con la stampa, il vice portavoce del dipartimento di Stato americano, Vedant Patel, ha sottolineato come l'atto distragga da «quello che riteniamo sia un momento vitale per arrivare all'accordo di cessate il fuoco».
Pure l'ufficio del primo Ministro Benjamin Netanyahu, a metà agosto, aveva respinto le dichiarazioni del ministro Ben Gvir secondo cui gli ebrei «possono pregare» nel luogo santo. E ancora lo ha fatto oggi, dopo le parole espresse alla Army Radio, assicurando che «non c'è alcun cambiamento nello statu quo». Ufficialmente, insomma, agli ebrei pregare sul Monte rimane vietato, sebbene proprio ieri, riferiscono i media israeliani, un gruppo di fedeli sia salito a pregare, prostrandosi sul pavimento, nella totale inazione della polizia presente.
L'idea di costruire una sinagoga sul Monte e di permettere la libertà di preghiera nell'area è stata condannata oggi anche dal ministro dell'Interno Moshe Arbel che ha chiesto a Netanyahu di intervenire e «rimettere Ben Gvir al proprio posto». Arbel proviene dal partito Shas, una delle due fazioni ultraortodosse della coalizione che hanno respinto i tentativi di Ben Gvir di aumentare la presenza ebraica nel sito in nome dei già citati divieti rabbinici di visitare il complesso. «La sua mancanza di saggezza potrebbe costare sangue» e «mette in crisi la nostra alleanza con i Paesi musulmani contro l'asse del male iraniano», ha affermato Arbel.
Passeggiata: il concetto
Lo status della Spianata delle Moschee è da sempre al centro di fortissime tensioni fra palestinesi e israeliani. E la violazione dello statu quo è già stata utilizzata, in passato, con fini politici. Il 28 settembre 2000, Ariel Sharon (allora in corsa per divenire premier) visitò il complesso del Monte del Tempio con una scorta di oltre 1.000 agenti di polizia israeliani, giurando di mantenere il perpetuo controllo sul sito. L'azione, che divenne famosa come la "passeggiata di Sharon", infiammò grandemente gli animi e scatenò la rivolta palestinese conosciuta come Seconda intifada. Poco meno di quattro mesi dopo, Sharon venne eletto premier.
Le visite compiute in questi mesi da Ben Gvir e già prima del 7 ottobre (ben documentata quella del 3 gennaio 2023, la prima da ministro) assumono dunque una loro dimensione politica nel concetto di "passeggiata" già espresso da Sharon, e per questo sono state duramente condannate non solo dall'ANP ma anche dall'alleato più stretto, gli Stati Uniti, e dalla comunità internazionale.