JD Vance, il mastino di Donald Trump sempre pronto a mordere
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«Con tutto il rispetto, penso sia irrispettoso da parte tua venire nello Studio Ovale e cercare di litigare davanti ai media americani». L’attacco, rivolto a Volodymyr Zelensky, appartiene al vicepresidente degli Stati Uniti, JD Vance. Il presidente ucraino, poco prima, aveva invitato il numero due statunitense a spiegare che cosa intendesse, esattamente, con il termine «diplomatico».
Se lo scontro di ieri ha messo in luce, in maniera netta e verrebbe da dire definitiva, le tensioni fra Donald Trump e il leader di Kiev, il quale oggi ha provato a tendere una mano al presidente americano, ha evidenziato altresì il ruolo – crescente – esercitato da Vance. Diventato, oramai, un vero e proprio mastino di Trump e del trumpismo, come sottolinea Reuters. Il Partito Democratico, a margine dell’incontro, ha accusato la Casa Bianca di aver teso una trappola a Zelensky. Può darsi. Sempre Reuters, tuttavia, spiega che la presenza di Vance all’incontro non era stata pianificata.
Vance, quarant’anni, un passato come senatore dell’Ohio nonché potenziale erede del movimento MAGA e fedele luogotenente di Trump, si è ritagliato un ruolo di primissimo piano. Grazie, manco a dirlo, alle sue esternazioni e a una lingua piuttosto tagliente. «Vance è diverso da Elon Musk» ha spiegato la fonte. «Il fatto che abbia preso parte all’incontro e abbia affrontato Zelensky di fronte a Trump è stato un momento molto importante.
In un certo senso, è stato proprio Vance a far precipitare l’incontro. Zelensky, nell’ambito di una sua dichiarazione legata al mancato rispetto di un cessate il fuoco da parte di Vladimir Putin, nel 2019, ha chiesto a Vance (usando il suo nome di battesimo) che cosa intendesse appunto per diplomazia. «Di che tipo di diplomazia, JD, stai parlando?». «Sto parlando del tipo di diplomazia che porrà fine alla distruzione del tuo Paese» ha replicato Vance, riferendosi a Zelensky come «signor presidente». Vance è intervenuto di nuovo dopo che Trump, infuriato, ha accusato Zelensky di essere irrispettoso e di giocare d’azzardo con una potenziale Terza guerra mondiale: «Hai detto grazie almeno una volta?». Vance, evidentemente, ha tirato fuori vecchia ruggine. Ai più, in questo senso, è tornata alla mente la visita di Zelensky, lo scorso settembre, a Scranton, la città natale di Joe Biden in Pennsylvania, per visitare uno stabilimento di munizioni. Zelensky, tornando all’incontro di ieri, ha fatto presente che Vance stava parlando a voce alta, troppo alta. «Non sta parlando a voce alta» lo ha zittito Trump. «Hai parlato molto. E il tuo Paese è in guai seri».
Vance ha mostrato una simile propensione al confronto in occasione della recente Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera, durante la quale ha accusato i leader europei di censurare la libertà di parola e di non controllare l’immigrazione. Un ruolo, quello del mastino, che Vance ha esercitato anche in campagna elettorale. «JD Vance è molto bravo ad articolare l’agenda del presidente e a passare all’attacco, ed è per questo che Donald Trump lo ha scelto» ha affermato a Reuters lo stratega repubblicano Lance Trover.
Il patriottismo sbandierato da Vance nello Studio Ovale è piaciuto anche agli alleati dell’Ucraina in seno al Partito Repubblicano, come il senatore Lindsey Graham: «Sono stato molto orgoglioso di JD Vance, che ha difeso il nostro Paese». Vance si è sporto e ha dato una pacca sul braccio a Trump mentre i giornalisti venivano accompagnati fuori dallo Studio Ovale. Non ha stretto la mano, almeno non davanti alle telecamere, al leader ucraino.