Stati Uniti

Joe Biden e gli altri: l'età è davvero un problema in politica?

C'è chi parla di gerontocrazia e chi, invece, spiega come la questione in realtà non riguardi solo l'America: intanto, però, l'età media del Congresso non è mai stata così alta
© Evan Vucci
Marcello Pelizzari
25.07.2024 16:30

Voci nuove. Fresche, anche. Giovani, in definitiva. È l'appello lanciato da Joe Biden, presidente degli Stati Uniti, nel suo primo discorso alla nazione dopo l'annuncio del ritiro dalle presidenziali 2024. L'età, una volta di più, è tornata al centro del discorso politico. Biden, oggi, ha 81 anni. Dopo aver incassato le critiche dei Repubblicani e gli attacchi, a muso duro, di Donald Trump, ha digerito altresì le voci, sempre più insistenti, interne al Partito Democratico. Voci che premevano affinché lui, Biden, si ritirasse dalla scena. Perché, appunto, troppo vecchio per reggere l'onda d'urto trumpiana o, allargando il discorso, per guidare la nazione. Di qui, dicevamo, la riflessione: sì, è giunto il momento di, citiamo, «passare il testimone alla prossima generazione». Di qui, ancora, l'appoggio convinto alla sua vicepresidente, Kamala Harris. Ironia della sorte, il più vecchio ora è colui che, sull'età dell'avversario, ha costruito gran parte della campagna: Donald Trump, 78 anni.

Bene. Fatte le dovute premesse, una domanda si impone: l'età, in America, è davvero un problema? È o non è, quello guidato da Biden, un Paese di (e per) vecchi, al di là del presidente? Un dato, in questo senso, aiuta a contestualizzare: secondo FiveThirtyEight, come riporta Semafor, il Congresso non è mai stato così vecchio, o anziano se preferite. L'età media, infatti, è di 59 anni. Sarebbe bene, allora, imporre un'età massima per le cariche pubbliche? Snì, stando a quanto scrive Abdallah Fayyad su Vox. Anche perché una misura del genere, oltre a essere discriminatoria, non risolverebbe il problema di fondo: le scarse probabilità di elezione per i candidati più giovani. 

Il New York Times, a tal proposito, ha parlato di gerontocrazia. Un'élite anziana che, sostiene Samuel Moyn, si aggrappa al potere per evitare di finire nel dimenticatoio. O, banalmente, per affrontare una società, come quella americana, in cui gli anziani sono irrilevanti al di fuori del contesto politico. Già nel 2020, per dire, The Atlantic definiva la gerontocrazia una parente, stretta, della plutocrazia: il potere concentrato nelle mani di persone anziane, spesso anche ricche, si riflette in politiche che avvantaggiano proprio loro, gli anziani. Negli Stati Uniti, riferisce sempre Semafor, citando Cameron Abadi e il suo podcast, la spesa federale annua pende nettamente a favore degli anziani rispetto ai bambini: il rapporto è di circa 2 a 1, 7 a 1 se escludiamo l'istruzione. 

Detto ciò, in un intervento pubblicato sull'Economist si sottolinea come Biden, in realtà, non abbia mai governato come un gerontocrate. Mettendo, anzi, insieme un'amministrazione eterogenea. E rivelandosi moderno, anche aggressivo per certi versi, su aspetti centrali come la transizione energetica o il fermo sostegno all'Ucraina. Il Washington Post, infine, rivela come l'invecchiamento dei leader politici non sia un problema (solo) degli Stati Uniti: la differenza di età media fra i leader di un Paese e la popolazione è di 32 anni. Questo divario, evidentemente, è più marcato nelle dittature. In Europa, per contro, con i partiti classici in declino, i politici più giovani hanno avuto e hanno tutt'ora più possibilità di venire eletti. A proposito di voci nuove...