Kostiantynivka, crimine di guerra o errore ucraino?
L'attacco missilistico risale allo scorso 6 settembre. Ed è stato fra i più sanguinosi. Con (almeno) quindici morti e oltre trenta feriti. Parliamo dell'attacco contro un mercato di Kostiantynivka, a una trentina di chilometri a ovest di Bakhmut. Sulle prime, nessuno ha dubitato della paternità dell'azione militare. Soprattutto pensando alle tattiche della Russia, fra cui anche quella di colpire le infrastrutture civili. «Ogni volta che le forze di difesa ucraine avanzano in questa direzione, i russi prendono di mira civili e oggetti civili» aveva dichiarato, subito, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Anche il segretario di Stato americano, Antony Blinken, aveva sottolineato le difficoltà della popolazione ucraina durante la sua visita a Kiev, costretta com'è a sopportare morte e distruzione su base oramai quotidiana.
Un'inchiesta del New York Times, pubblicata martedì, rimette tuttavia in discussione quanto affermato dall'Ucraina. I primi dubbi, in questo senso, erano stati sollevati da un video. Nel quale si poteva vedere il missile provenire da nord-ovest, ovvero dalla porzione di territorio controllato da Kiev. Il quotidiano, dal canto suo, spiega di aver parlato con testimoni oculari ed esperti, ma anche di aver valutato il cratere lasciato dal missile – un Buk – e i detriti. Considerando che una batteria di quei missili, a quanto pare, era stazionata fuori dalla città, in direzione del bombardamento, il New York Times ha concluso che l'attacco «molto probabilmente è stato un tragico incidente».
Kiev, sulle prime, di fronte alle rivelazioni del giornale americano ha esitato. Quindi, tramite il servizio segreto SBU, ha ribadito che l'attacco è stato un crimine di guerra russo. Perpetrato attraverso un missile della famiglia S-300, sebbene la questione della traiettoria non sia stata affrontata dallo stesso SBU. L'Ukrainska Pravda, portale indipendente, ha pure citato una fonte anonima secondo cui l'Aeronautica militare ucraina, quel giorno, non avrebbe utilizzato sistemi Buk.
La propaganda russa, per contro, ha subito rilanciato l'articolo del New York Times, approfittandone fra le altre cose per mettere in dubbio i crimini di guerra commessi dalla Russia. A cominciare da Bucha. Il fatto che il giornale parlasse del sistema Buk, poi, ha spinto reporter come Sascha Koz – molto attivo dal fronte – a rilanciare teorie alternative riguardo all'abbattimento del volo Malaysia Airlines MH 370, nel 2014. Quale occasione migliore, d'altronde, per ribadire che no, le indagini ufficiali si sbagliano e non sono stati i separatisti sostenuti da Mosca a tirare giù quell'aereo?
Se la tesi avanzata dal New York Times fosse confermata, ad ogni modo, l'attacco al mercato di Kostiantynivka non sarebbe il primo caso di «fuoco amico» nell'ambito di questa guerra. Lo scorso novembre, come ha ricordato la Neue Zürcher Zeitung, un missile di difesa ucraino S-300 mal indirizzato ha ucciso due persone in Polonia. La certezza, in questo senso, è un'altra: i sistemi di difesa aerea di fabbricazione sovietica continuano a essere adoperati, da entrambi gli schieramenti, nonostante siano obsoleti e siano abbonati a guasti e malfunzionamenti.
La reazione dell'Ucraina, sia in occasione del missile finito in Polonia sia a questo giro, è stata aspramente criticata da molti media occidentali. Non tanto, o non solo, perché in entrambi i casi Volodymyr Zelensky ha immediatamente accusato la Russia. Ma anche perché, di fronte a incongruenze o dubbi, Kiev ha sempre sposato la sua versione. La scorsa settimana, un consigliere presidenziale ha affermato che è letteralmente impossibile, con tutti i missili in volo sull'Ucraina, controllare quanti di questi appartengano a Kiev. L'SBU, ora, ha garantito di voler chiarire quanto accaduto al mercato. Con tutti i rischi del caso, evidentemente, visto che i servizi segreti ucraini sono considerati tutto fuorché trasparenti e per forza di cose politicizzati. Allo stesso tempo, è stato fatto notare come le prove portate dal New York Times non siano abbastanza chiare.
Quanto alle responsabilità, il discorso è molto più ampio. E il quadro, beh, è piuttosto chiaro: se la Russia non avesse invaso l'Ucraina, quest'ultima non sarebbe stata costretta a difendersi. Anche attraverso i missili. Per dirla con Mikhaylo Podolyak, consigliere del presidente Zelensky, «non dobbiamo dimenticare che è stata la Russia a lanciare l'invasione dell'Ucraina ed è la Russia a essere responsabile di aver portato la guerra nel nostro Paese».