La Corte Suprema boccia The Donald sui fondi USAID

La Corte Suprema ha bocciato la richiesta di Donald Trump di congelare due miliardi di dollari di aiuti dell'Usaid. Con una maggioranza di cinque a quattro, i saggi hanno stabilito che il governo deve riprendere i pagamenti per i servizi già completati, confermando così un'ordinanza precedente di un giudice federale di Washington.
La decisione rappresenta un duro colpo all'agenda del presidente e al suo taglio della spesa pubblica, che vede nello smantellamento dell'agenzia per lo sviluppo uno dei tasselli principali. E segnala come la Corte Suprema è destinata ad avere un ruolo di primo piano nel secondo mandato di Trump: con oltre 100 cause già avviate contro l'amministrazione è probabile che sarà chiamata più volte in causa.
Dopo aver regalato al tycoon nei mesi passati un'importante vittoria sull'immunità presidenziale, schermandolo dai procedimenti penali, i saggi a febbraio gli hanno già impedito il licenziamento immediato del capo di un'agenzia di controllo governativa indipendente, infliggendogli una prima battuta d'arresto. Ora è arrivato lo schiaffo per l'Usaid, con il quale hanno avvertito che anche per il potere esecutivo ci sono dei limiti costituzionali.
Il presidente della Corte Suprema John Roberts e la conservatrice Amy Comey Barrett, nominata da Trump, si sono uniti all'ala liberal dei saggi nella decisione. Confermando quanto stabilito dal tribunale di prima istanza, i saggi hanno però precisato che il giudice Amir H. Ali deve precisare gli obblighi a cui il governo deve adempiere per gli appaltatori che hanno già completato il loro lavoro, tenendo conto della «fattibilità» e della «tempistica».
Ali aveva ordinato la ripresa dei pagamenti lo scorso 27 febbraio, dopo la che Trump aveva congelato il 20 gennaio tutti gli aiuti americani all'estero per 90 giorni. Un'ordinanza contro la quale l'amministrazione si era rivolta all'Alta Corte.
La decisione della maggioranza della Corte Suprema ha suscitato una reazione dura da parte dei quattro saggi conservatori che hanno votato contro, convinti che un giudice di Washington non ha probabilmente il potere di obbligare il governo federale a effettuare tale tipo di pagamenti.
«Un giudice distrettuale unico, probabilmente privo di giurisdizione, ha il potere incontrollato di costringere il governo degli Stati Uniti a pagare (e probabilmente perdere per sempre) due miliardi di dollari dei contribuenti? La risposta a questa domanda dovrebbe essere un deciso 'no', ma la maggioranza di questa corte sembra pensarla diversamente. Sono sbalordito», ha scritto il giudice Samuel Alito, parlando anche per i colleghi Clarence Thomas, Neil Gorsuch e Brett Kavanaugh. Alito ha quindi spiegato che la maggioranza avrebbe dovuto sospendere l'ordinanza del tribunale fino a quando il governo non avesse avuto modo di presentare una petizione alla Corte Suprema per considerare il caso in modo più approfondito.
Il colpo dell'Alta Corte è caduto su Trump dopo che il presidente ha lodato il «potere» dei saggi nel corso del discorso sullo Stato dell'Unione. Difficilmente però la battuta d'arresto minerà la sua fiducia in una Corte Suprema che ha modellato con tre nomine durante i suoi primi quattro anni alla Casa Bianca, e per la quale spera in una quarta nel suo secondo mandato se Sonia Sotomayor dovesse lasciare. Le indiscrezioni al riguardo si rincorrono da mesi ma sono sempre state smentite.