La crisi che attanaglia la Tunisia, e una nuova rivoluzione alle porte

La Tunisia rischia di essere una bomba a orologeria che potrebbe travolgere l’Europa. Il piccolo Paese affacciato sul Mediterraneo sta vivendo infatti uno dei momenti più difficili della sua storia e potrebbe destabilizzare l’intera regione. Dall’estate del 2021 il presidente tunisino Kais Saied ha dato una svolta autoritaria alla nazione, prima congelando e poi sciogliendo il Parlamento, andando a colpire anche la magistratura. Forzando la costituzione, Saied ha governato in questo ultimo anno e mezzo a colpi di decreti presidenziali, azzerando ogni possibile voce di dissenso. L’opposizione ha cercato di farsi sentire, ma esercito e polizia sono rimasti saldamente dalla parte del presidente, il quale ha usato i suoi sostenitori per organizzare manifestazioni di appoggio alla sua deriva anti-democratica. Quando i parlamentari tunisini hanno cercato di approvare una legge che bloccasse le misure del presidente, Saied li ha accusati di tentato colpo di Stato, facendoli sostanzialmente decadere.
A rischio di implosione
Ma il Paese, oltre ad aver fatto enormi passi indietro rispetto alla rivoluzione dei ciclamini del 2011, che aveva dato il via alle Primavere arabe, sta anche attraversando una profonda crisi economica. Mancano i generi di prima necessità, come benzina, sapone, zucchero e, spesso, i cereali alla base dell’alimentazione nordafricana. L’inflazione è già sopra il 10%, la disoccupazione al 16% e il deficit al 7,7%, dati che fotografano un’economia in grande difficoltà che senza aiuti internazionali rischia di implodere. In questa delicata situazione, il 21 febbraio scorso Saied ha accusato dei non meglio specificati poteri internazionali di avere ordito un piano criminale per cambiare la composizione demografica della Tunisia, trasformandola in un Paese solo africano e non più arabo e musulmano. Questo con l’insediamento di migranti sub-sahariani che sarebbero fonte di violenza e crimini.
La caccia ai migranti
Queste parole hanno scatenato la caccia ai migranti da parte della popolazione tunisina e hanno costretto diversi Paesi africani, come la Costa d’Avorio e la Guinea, a organizzare aerei per riportare i propri cittadini in patria. Ma questa mossa di Saied ha anche fatto impennare il numero di partenze dalla Tunisia alla volta dell’Europa. L’Italia ha visto nelle ultime 48 ore ben 4.600 migranti lasciare le coste libiche e tunisine, e i dati di Frontex registrano un aumento dei flussi nel Mediterraneo centrale del 116% rispetto allo stesso periodo del 2022. La Guardia costiera tunisina, addestrata e finanziata dall’Europa e soprattutto dall’Italia, negli ultimi due giorni ha dato conto di trenta operazioni di migrazione sventate con 1.008 persone soccorse in mare, di cui ben 954 provenienti da Paesi sub-sahariani.


L'omertà delle forze dell'ordine
Majdi Karbai è un esponente dell’opposizione tunisina, eletto deputato nella circoscrizione estero fra le fila di Corrente Democratica (Attayar). Oggi non può tornare in Tunisia perché la sua vita è a rischio. Così ci descrive la situazione nel suo Paese: «Dopo le dichiarazioni di Saied è iniziata una vera caccia al migrante», racconta Karbai. «Noi dell’opposizione abbiamo denunciato più volte questa situazione con attacchi alle case dei migranti e incendi appiccati alle abitazioni. Diversi Stati africani hanno mandato aerei per portare via i loro concittadini, ci sono file davanti ai consolati per scappare. La violenza arriva dai singoli cittadini che si sono scatenati dopo le parole di Kais Saied, e tutto questo con l’omertà delle forze dell’ordine che non intervengono. La polizia ha arrestato più di 300 persone, fra migranti irregolari e regolari, il giudice ha deciso di scarcerarli, ma il Ministero degli Interni li ha comunque trasferiti in un centro di detenzione. Siamo in uno Stato che non applica la legge e che non rispetta i diritti». E sulla situazione economica, Karbai va dritto al punto: «È disastrosa. Abbiamo azzerato le importazioni per tenere la valuta pregiata. Manca tutto, le industrie non hanno le materie prime per lavorare, ma soprattutto mancano le medicine. Nella sanità pubblica sono stati fermati i cicli di chemioterapia per mancanza di farmaci. La Tunisia riesce a tirare avanti grazie a piccoli prestiti da Algeria e Unione Europea, ma senza i due miliardi del Fondo Monetario Internazionale l’economia salterà».
Il business dei barchini
Intanto ogni giorni si registrano partenze di migranti dalla Tunisia. E Majdi Karbai ci spiega: «È scoppiato il business di questi barchini in metallo, veloci, economici, ma molto poco sicuri, e i trafficanti ne hanno subito approfittato perché la richiesta di partenze è cresciuta in maniera esponenziale. Io credo che l’Europa dovrebbe smettere di appoggiare Kais Saied, perché questo modo di utilizzare i migranti è esattamente il suo gioco. Vuole ottenere soldi per contrastare le partenze come facevano Gheddafi e Ben Ali, altrimenti il suo regime cadrà e non escludo che ci possa essere una nuova rivoluzione come nel 2011».