La crudeltà della guerra russa nel diario di un nordcoreano: «Ci usano come esche per i droni»
Nato in Corea del Nord, morto il 21 dicembre in Russia, nel Kursk, mentre combatteva una guerra d'altri. Ha del tragico la storia di Gyeong Hong Jong, soldato di Pyongyang il cui diario, rinvenuto sul suo corpo dai soldati ucraini che lo hanno ucciso – insieme a due suoi connazionali – in uno scontro a fuoco, è stato pubblicato negli scorsi giorni, a tappe, dalle Forze speciali di Kiev. Tradotte dal Wall Street Journal grazie anche all'aiuto di Ryu Seong-yheon, un ex soldato nordcoreano che, nel 2019, riuscì a disertare attraversando la Zona demilitarizzata coreana, le pagine sono state giudicate autentiche. Molti i dettagli che lo fanno credere, come la grafia – diversa da quella sudcoreana – per alcuni vocaboli, ad esempio per la parola "Russia", o per l'utilizzo di termini che, a Seul, hanno significati diversi. Come la parola «so-myol», che in Corea del Nord significa «distruggere», mentre nel Sud descrive l'estinzione di una specie animale. Il test del DNA effettuato sui tre corpi, ha fatto sapere l'esercito ucraino, suggerisce origini dell'Asia orientale: cinesi, coreane o giapponesi.
Il diario di Jong mostra la cruda realtà della guerra: una dove ogni essere umano non è altro che un numero. Analizzato da un team di esperti, il documento sembra mostrare un forte indottrinamento delle truppe nordcoreane: «Anche a costo della mia vita, eseguirò gli ordini del Comandante supremo senza esitazione», si legge in una voce del diario. «Mostrerò al mondo il coraggio e il sacrificio delle forze speciali di Kim Jong-Un». In altri passaggi, Jong ha elencato alcuni contenuti ideologici del regime di Kim. Dice di essere cresciuto nel «benevolo abbraccio» del Partito dei Lavoratori al potere nel Paese e che la sua missione di soldato è «proteggere Kim». Jong, poi, scrive di dover espiare non meglio precisati peccati del passato.
«Le lettere che esprimono la propria fedeltà al regime sono un tentativo di lasciare un'eredità che permetta di essere glorificati in caso di morte in battaglia», ha dichiarato Ryu Seong-hyeon al Wall Street Journal. Ma l'ex maggiore generale sudcoreano Bang Jong-kwan, anch'egli interrogato dal quotidiano americano sui contenuti del testo, ha affermato: «Quanto scritto è tipico di un soldato nordcoreano a cui è stato fatto il lavaggio del cervello».
In un'annotazione datata 9 dicembre, Jong augura buon compleanno a un amico, definito «il mio compagno più vicino». «Con nostalgia della mia patria, avendo lasciato il caldo abbraccio dei miei cari padre e madre, qui in terra russa celebro il compleanno del mio più caro compagno Song Ji Myong».
Ma ciò che fa rabbrividire, in un altro appunto, è un disegno che, nella sua didascalia, descrive una tattica utilizzata nel Kursk per combattere i droni ucraini. Indicazioni, fornite come una ricetta di morte: «Se viene avvistato un UAV, riunirsi in gruppi di tre. Una persona deve fare da esca per attirare il drone, mentre le altre due prendono la mira e lo neutralizzano con un tiro di precisione. L'esca deve mantenere una distanza di 7 metri dal drone. Gli altri due devono prepararsi ad abbattere il drone da una distanza di 10-12 metri. Quando l'esca si ferma, il drone si ferma e può essere abbattuto».
Osservatori militari e comandanti ucraini hanno affermato che i soldati nordcoreani non sono stati addestrati alla guerra moderna e che sono stati utilizzati come carne da cannone dai loro alleati russi. E alcuni video recentemente pubblicati dall'esercito ucraino e verificati da Storyful, agenzia di social media intelligence, sembrano confermare l'idea: soldati nordcoreani, spaventati e confusi, inseguiti dai droni mentre attraversano campi aperti. A piedi, senza veicoli blindati o artiglieria di supporto, con le uniformi scure, tutt'altro che mimetiche, ben visibili sullo sfondo della neve bianca. Alcuni si rannicchiano sul posto, altri cercano di sfuggire ai droni ucraini.
Difficile raccogliere prove
Secondo l'intelligence ucraina e sudcoreana, sono almeno 12.000 i soldati nordcoreani che lo scorso ottobre sono arrivati nella regione russa di Kursk. Dal mese di dicembre sono stati impiegati in battaglia e circa 4.000 di essi, secondo una stima fornita dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, sono già stati uccisi o feriti. Raccogliere prove della presenza di soldati nordcoreani in Russia, in questi mesi, è stato più difficile del previsto. Né Mosca né Pyongyang hanno confermato pubblicamente la presenza di soldati nordcoreani in Russia. E secondo quanto dichiarato su X dallo stesso Zelensky, forze russe e altro personale militare nordcoreano «di solito giustiziano i loro feriti per cancellare ogni prova del coinvolgimento della Corea del Nord nella guerra contro l'Ucraina». Addirittura, secondo quanto denunciato da Kiev, le truppe di Putin arriverebbero persino a bruciare i volti degli asiatici deceduti, per nascondere ogni prova dell'arrivo di truppe di Pyongyang nel Paese.
Secondo gli ufficiali ucraini, gli stessi nordcoreani rifiutano di essere catturati, scegliendo di uccidersi prima o di essere finiti dai loro stessi compagni. La cattura, ieri, di soldati nordcoreani vivi rappresenta dunque una prima. Lo scorso 26 dicembre era già stato catturato un presunto soldato nordcoreano, ma questi era deceduto a causa delle gravi ferite riportate in battaglia. Gli uomini di Pyongyang, ne abbiamo parlato qui, sono stati poi portati a Kiev per essere interrogati dagli agenti del Servizio di sicurezza dell'Ucraina (SBU), in collaborazione con il NIS, l’intelligence sudcoreana. Potranno dare informazioni importanti, oltre alle note rinvenute sui corpi dei loro compagni, sulle strategie utilizzate da Russia e Corea del Nord.