Il punto

La diplomazia della Cina infastidisce Israele

La Dichiarazione di Pechino, che teoricamente pone fine ad anni di lotte intestine fra Fatah e Hamas gettando le basi per la formazione di un governo di unità nazionale palestinese, è stata mal digerita dallo Stato Ebraico
© PEDRO PARDO / POOL
Red. Online
23.07.2024 22:45

Basta divisioni. Sì, invece, a un governo di unità nazionale ad interim per il bene della Palestina. È il dato principale emerso dai negoziati che, in Cina, hanno coinvolto diverse fazioni palestinesi, fra cui Fatah e Hamas. La cosiddetta Dichiarazione di Pechino è stata firmata oggi, martedì, al termine del vertice di Pechino che, da domenica, ha visto dialogare ben quattordici fazioni. 

Il Dragone, verrebbe da dire, è riuscito (almeno sulla carta) laddove altri, Egitto in testa, avevano sin qui fallito: riconciliare Fatah e Hamas dopo diciassette anni di lotte intestine per la spartizione del potere. Lotte che, inevitabilmente, hanno indebolito le aspirazioni politiche palestinesi e, ancora, irrigidito Israele. Al riguardo, bisognerà capire, ora, se questo accordo verrà applicato, concretamente, sul campo.

Questa Dichiarazione va inquadrata in un contesto, più ampio, di soluzione al conflitto attualmente in corso fra Hamas e Israele. Ogni accordo sul cessate il fuoco, finora, si è arenato quando si è trattato di capire che cosa succederà a guerra conclusa. O, meglio, come verrà gestita la Striscia di Gaza (e da chi) quando Israele considererà conclusa la sua operazione militare. L'alto funzionario di Hamas, Hussam Badran, ha spiegato che la Dichiarazione di Pechino ha avuto e avrà, quale merito principale, quello di favorire la formazione di un governo di unità nazionale palestinese. 

Ma Israele non ha gradito

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, non ha apprezzato granché gli sforzi diplomatici della Cina. Anche perché il suo obiettivo rimane la distruzione totale di Hamas, gruppo politico-militare sostenuto dall'Iran e responsabile degli attacchi terroristici del 7 ottobre. Detto in altri termini, Israele non prevede che Hamas avrà un ruolo nell'amministrazione di Gaza dopo la guerra. «Invece di rifiutare il terrorismo, il leader di Fatah Mahmoud Abbas abbraccia gli assassini e gli stupratori di Hamas, rivelando il suo vero volto» ha dichiarato dal canto suo Israel Katz, ministro degli Esteri israeliano, su X. «In realtà, questo non accadrà perché il dominio di Hamas sarà schiacciato e Abbas guarderà Gaza da lontano. La sicurezza di Israele rimarrà esclusivamente nelle mani di Israele».

Badran ha dichiarato che il governo di unità nazionale gestirà gli affari dei palestinesi a Gaza e in Cisgiordania, supervisionerà la ricostruzione nella Striscia e preparerà le condizioni per libere elezioni. Attualmente, Hamas gestisce Gaza mentre Fatah costituisce la spina dorsale dell'Autorità Palestinese, il cui controllo nella Cisgiordania occupata da Israele è limitato.

Funzionerà, dunque? Difficile...

Dicevamo della Dichiarazione di Pechino e di una sua eventuale applicazione concreta: precedenti dichiarazioni, simili a questa, non sono mai state attuate. Nulla, in ogni caso, accadrà senza l'approvazione degli Stati Uniti. Paese che, al pari del Regno Unito, intende escludere Hamas da qualsiasi ruolo politico a guerra terminata. D'altro canto, pensare di risolvere le questioni interne alle fazioni palestinesi in soli tre giorni era e rimane pura utopia.

Ma alla Cina, quindi, interessa il Medio Oriente?

Il dato, vero, su cui riflettere è la crescente influenza della Cina in Medio Oriente. Pechino, l'anno scorso, aveva mediato un accordo di pace fra l'Arabia Saudita e l'Iran, acerrimi (ed eterni) nemici nella regione. «Il risultato principale – ha detto sulla questione palestinese il ministro degli Esteri cinese Wang Yi – è stato quello di chiarire che l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina è l'unico rappresentante legittimo del popolo palestinese». E ancora: «La Cina spera sinceramente che le fazioni palestinesi raggiungano al più presto l'indipendenza della Palestina sulla base della riconciliazione interna, ed è disposta a rafforzare la comunicazione e il coordinamento con le parti interessate per lavorare congiuntamente all'attuazione della Dichiarazione di Pechino raggiunta oggi». Il punto più «importante» è stato l'accordo sulla formazione di un governo di riconciliazione nazionale ad interim per la gestione post-bellica di Gaza, ha detto Wang, aggiungendo che la comunità internazionale dovrebbe sostenere gli sforzi per formare un governo palestinese ad interim per controllare Gaza e la Cisgiordania.

Hamas, Fatah e l'OLP

Hamas e la Jihad islamica non sono membri dell'OLP, il più alto organo decisionale dei palestinesi, ma chiedono che qualsiasi accordo di unità preveda lo svolgimento di elezioni per il parlamento dell'OLP affinché venga garantita la loro inclusione. I gruppi islamisti sono in contrasto con l'attuale OLP per via degli accordi di pace con Israele. «Questa Dichiarazione giunge in un momento importante, poiché il nostro popolo sta affrontando una guerra genocida, soprattutto nella Striscia di Gaza» ha dichiarato Badran.

Le fazioni rivali di Hamas e Fatah si erano incontrate una prima volta a Pechino, in aprile, per discutere la riconciliazione e porre fine a circa diciassette anni di dispute. Il secondo round di colloqui, originariamente previsto per il mese scorso, è stato ritardato a causa dell'ennesimo litigio tra le due fazioni.

Le fazioni palestinesi, da tempo in conflitto, non sono più riuscite a sanare le loro dispute politiche dopo che i combattenti di Hamas cacciarono Fatah da Gaza in seguito a una breve guerra interna nel 2007.

Negli ultimi mesi, i funzionari cinesi hanno intensificato il sostegno ai palestinesi nei forum internazionali, chiedendo una conferenza di pace israelo-palestinese su larga scala e un calendario specifico per l'attuazione di una soluzione a due Stati.