Dopo la tragedia

La famiglia di Harding: «È morto sul Titan facendo ciò che amava»

L'imprenditore con una lunga esperienza di esploratore, anche al Polo Sud, viene ricordato come un uomo che viveva «per la sua famiglia, per i suoi affari e per la prossima avventura»
©Felix Kunze/Blue Origin
Ats
23.06.2023 12:14

«Se possiamo trarre una piccola consolazione da questa tragedia è che l'abbiamo perso mentre faceva ciò che amava». Lo hanno dichiarato i familiari del miliardario britannico Hamish Harding, 58 anni, uno dei passeggeri morti a bordo del Titan dopo l'implosione del sommergibile, come si legge in un comunicato diffuso dalla società del tycoon, la Action Aviation, specializzata nella compravendita di aeromobili. L'imprenditore con una lunga esperienza di esploratore, anche al Polo Sud, viene ricordato come un uomo che viveva «per la sua famiglia, per i suoi affari e per la prossima avventura».

Mentre i parenti di altri due passeggeri scomparsi nella catastrofe avvenuta vicino al relitto del Titanic, Shahzada Dawood, 48 anni, e il figlio 19enne Suleman Dawood, pachistani naturalizzati britannici (e maltesi), nel loro comunicato oltre a esprimere il proprio dolore per le vittime hanno sottolineato come «ogni tragedia di questa portata, tiri fuori il meglio e il peggio delle persone» per poi proseguire in tono critico rispetto alle polemiche sulla vicenda: «Alcuni fanno di tutto per aiutare e sostenere, altri usano questi momenti per un tornaconto personale».

Intanto prosegue anche la polemica sui livelli di sicurezza del Titan. In merito è intervenuto, ai microfoni della britannica Times Radio, Guillermo Söhnlein, il co-fondatore nel 2009 della OceanGate Expeditions, la società proprietaria del sommergibile, che ha replicato alle accuse lanciate da James Cameron, regista del kolossal «Titanic». Ha difeso Stockton Rush, il patron di OceanGate morto sul Titan, affermando che non solo aveva grande esperienza ma si era impegnato a garantire la massima sicurezza nella realizzazione del progetto.

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