La flotta ombra di Vladimir Putin continua a crescere
Il piano dell'Occidente – privare la Russia delle entrate petrolifere, limitando così la possibilità di Mosca di finanziare la guerra in Ucraina – starebbe fallendo. A dirlo è un nuovo rapporto, secondo cui la maggior parte delle esportazioni russe di petrolio, via mare, ha eluso le misure. Misure che avrebbero dovuto limitare il prezzo del greggio russo. A quasi due anni dall'introduzione del cosiddetto price cap sul petrolio, scrive ad esempio il New York Times citando l'analisi del Kyiv School of Economics Institute, un think tank ucraino, quasi il 70% del petrolio del Cremlino viene trasportato su «petroliere ombra» (ne avevamo già parlato qui e qui). Un dribbling, questo, che ha permesso alla Russia di continuare a finanziare lo sforzo bellico al fronte. L'efficacia del price cap, imposto dai Paesi del G7, sarebbe stata compromessa da un'applicazione poco rigorosa. Anche perché, leggiamo, tanto i funzionari europei quanto quelli statunitensi hanno cercato di bilanciare l'obiettivo primario, paralizzare l'economia russa, con la necessità di mantenere i mercati petroliferi ben riforniti. Al fine, evidentemente, di evitare picchi di prezzo.
Il Kyiv School of Economics Institute, espressosi a favore di sanzioni più severe nei confronti del petrolio russo, ha osservato nel suo rapporto che la flotta ombra russa rappresenta una minaccia per gli oceani del mondo. E questo perché le petroliere sono spesso sottoposte a scarsa manutenzione e non sono adeguatamente assicurate. «Negli ultimi mesi si sono verificati diversi casi di petroliere ombra coinvolte in collisioni o che hanno rischiato di arenarsi» si legge nel rapporto. «Finora sono state evitate fuoriuscite di petrolio di grandi dimensioni, ma un grande disastro è in attesa di accadere e i costi di bonifica raggiungerebbero i miliardi». Dopo l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia nel 2022, ricordiamo, gli Stati Uniti e l'Europa hanno immediatamente vietato le importazioni di petrolio russo, nel tentativo di ridurre le entrate di uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo. Ma i timori che un embargo totale potesse causare uno shock globale dei prezzi del petrolio, presto, hanno spinto gli Stati Uniti e le altre democrazie a varare un piano alternativo. Di qui la decisione di utilizzare l'industria marittima, comprese le compagnie di navigazione e le assicurazioni, per garantire che tutto il petrolio russo via mare potesse essere venduto solo fortemente scontato: 60 dollari al barile, ovvero circa 15 dollari al barile in meno rispetto al prezzo standard sul mercato globale.
Ma la Russia, appunto, ha presto trovato una soluzione. Investendo circa 10 miliardi di dollari per sviluppare la sua flotta di navi cisterna ombra, spesso non contrassegnate, per vendere gran parte del suo petrolio al di sopra del citato price cap. Secondo l'istituto di Kiev, nella prima metà di quest'anno più di 75 milioni di barili di petrolio russo, al mese, sono stati trasportati su navi che hanno in media 18 anni. Gli analisti consultati hanno osservato che Mosca ha potuto costruire la sua flotta sfruttando, ad esempio, operatori navali disposti a registrare le loro navi in Paesi che non hanno aderito al price cap. Non solo, queste navi hanno trasportato e trasportano carichi verso la Cina e l'India, tutto fuorché disposte a rispettare (e far rispettare) le sanzioni occidentali.
L'ascesa della flotta ombra, negli Stati Uniti, ha stimolato un acceso dibattito all'interno dell'amministrazione Biden. Alcuni funzionari del Tesoro hanno sollecitato un approccio più duro. Ovvero, altre sanzioni. Altri consiglieri economici della Casa Bianca, invece, hanno messo in guardia dal prendere ulteriori provvedimenti: il prezzo della benzina, infatti, potrebbe aumentare in vista delle presidenziali. A complicare le cose, ora, la crisi in Medio Oriente e lo scenario di una guerra aperta fra Iran e Israele. I prezzi medi del petrolio si aggirano sui 75 dollari al barile, ma gli analisti hanno spiegato che potrebbero schizzare alle stelle in caso di conflitto fra Teheran e lo Stato Ebraico. Washington, a proposito di sanzioni, ha imposto misure nei confronti delle navi che fanno parte della flotta ombra. Negli ultimi mesi anche alleati dell'America, come il Regno Unito e l'Unione Europea, hanno agito di conseguenza. A seguito di un incontro tra funzionari dell'Unione Europea, del Regno Unito e degli Stati Uniti, il mese scorso, la Commissione Europea ha dichiarato che l'applicazione del price cap rimane una priorità per raggiungere l'obiettivo di «comprimere le entrate petrolifere russe utilizzate per finanziare la sua guerra illegale».
Un funzionario statunitense, che ha richiesto l'anonimato per discutere le riflessioni dell'amministrazione Biden, ha dichiarato al New York Times che non è sorprendente che il presidente russo Vladimir Putin abbia trovato il modo di eludere le sanzioni nel corso del tempo e che la «coalizione per il price cap» stia continuando a lavorare con le industrie del trasporto marittimo e della finanza per far rispettare questa misura. L'Istituto di Economia
Inoltre, il funzionario ha affermato che il fatto che i prezzi del petrolio russo rimangano depressi rispetto al petrolio venduto dai produttori di altri Paesi e che Putin abbia dovuto spendere miliardi di dollari per aggirare il tetto, ha reso la politica un successo. Il Kyiv School of Economics Institute sta spingendo affinché i Paesi occidentali diano un ulteriore giro di vite all'elusione delle sanzioni. Creando, nello specifico, zone «senza ombra». Affinché ciò accada, è necessario che le navi abbiano un'assicurazione contro le fuoriuscite di petrolio più estesa e verificabile. Uno stratagemma, questo, che permetterebbe alle navi non adeguatamente assicurate di essere fermate.