L'analisi

La Francia è vicina al caos istituzionale: perché?

Michel Barnier potrebbe cadere fra domani e giovedì dopo aver fatto ricorso all'articolo 49.3 della Costituzione per forzare l'approvazione della Legge di bilancio
© AP/MOHAMMED BADRA
Marcello Pelizzari
03.12.2024 09:45

Il baratro della crisi di governo, in Francia, è imminente. Michel Barnier, il primo ministro, potrebbe (dovrebbe) cadere fra domani e giovedì. Parbleu, direbbero i francesi di una volta. I lanci di agenzia, nelle ultime ore, al riguardo sembrano moltiplicarsi. Ma che cosa è successo, di preciso? Proviamo a riavvolgere il nastro. All'origine dello scontro fra lo stesso Barnier e l'opposizione, ci riferiamo alla sinistra radicale e all'estrema destra, con tanto di promessa di sfiduciare l'Esecutivo, c'è la cosiddetta Legge di bilancio per il 2025. Riassumendo al massimo, la Francia è chiamata a ridurre il suo deficit nazionale, oramai fuori controllo, per rientrare nei parametri di spesa fissati dall'Unione Europea. Un esercizio, questo, evidentemente sanguinoso. Basti pensare ai sacrifici richiesti ai frontalieri, sia quelli «normali» sia quelli che occupano ruoli dirigenziali chiave nelle grandi imprese del Paese con distaccamenti in Svizzera.  

Che cos'è l'articolo 49.3

L'inevitabile, per così dire, è accaduto ieri, durante un acceso, anzi accesissimo dibattito all'Assemblea Nazionale. Barnier, infatti, ha annunciato di non voler sottoporre la manovra finanziaria al voto dei deputati ma, in alternativa, di forzarne l'approvazione tramite i poteri conferitigli dall'articolo 49.3 della Costituzione francese. «Siamo giunti a un momento di verità, in cui ognuno deve assumersi le proprie responsabilità» ha detto con i soliti toni solenni di fronte all’emiciclo, ribadendo che toccherà ai rappresentanti della nazione «decidere se il nostro Paese si sta dotando di testi finanziari responsabili, essenziali e utili per i nostri concittadini, o se stiamo entrando in un territorio inesplorato».

Uscendo dal politichese, grazie all'articolo 49.3 Barnier può bypassare il voto dell'Assemblea per, citiamo, motivi di urgente sicurezza nazionale. Allo stesso tempo, però, il primo ministro si espone a un voto di sfiducia. E questo perché, citiamo di nuovo, la Legge di bilancio può considerarsi adottata a meno che almeno un decimo dei membri dell'Assemblea (parliamo di 58 deputati) non presenti, entro le 24 ore successive, una mozione di censura. Per darvi un'idea, una prima mozione è stata subito presentata dalla France Insoumise (LFI), il partito di sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon che, con 71 eletti, rappresenta la prima forza all’interno del Nouveau Front Populaire, l’alleanza delle sinistre messa in piedi a un niente dalle elezioni anticipate dello scorso giugno. Una seconda è arrivata da destra, o meglio dal Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen e Jordan Bardella.

Fra minoranza e opposizioni

Barnier, giova ricordarlo, è alla guida di un Esecutivo di minoranza nel quale sono confluiti il partito del presidente della Repubblica Emmanuel Macron, Renaissance, e i Républicains, storico partito considerato di destra moderata. Un Esecutivo nato male e proseguito pure peggio, dal momento che sin dal suo primissimo giorno si è retto, a fatica, sperando nella benevolenza delle opposizioni e, nello specifico, del Rassemblement National. 

Barnier, tornando alla manovra finanziaria, ha trattato invano in queste settimane sia con i partiti all'interno della coalizione, di per sé litigiosi, sia con le opposizioni. Le misure di risparmio proposte, giudicate impopolari, non sono piaciute. A nessuno. Resta da capire, nel bailamme generale e al netto della mozione, quali saranno le prossime mosse proprio del Rassemblement National. Inizialmente, il partito di Le Pen e Bardella pareva disposto ad assecondare il primo ministro in cambio di non poche concessioni. Ma il giochino, di per sé, rischia di rompersi: Marine Le Pen, infatti, da un lato deve assecondare il suo elettorato storico e, quindi, spingere per un'opposizione dura, se non durissima, mentre dall'altro deve garantire un minimo di stabilità istituzionale nel tentativo di assicurarsi consensi fra gli elettori della destra tradizionale. Di più, il Rassemblement National si è sempre posto come obiettivo il ritorno della Francia a un determinato ordine. Essere fra le cause di una crisi di governo, detto in altri termini, politicamente e strategicamente non gioverebbe granché secondo alcuni analisti.

E se il governo cade?

Torniamo al baratro. Che succede se, appunto, l'Esecutivo dovesse cadere? Innanzitutto, il Paese non tornerebbe alle urne poiché il Parlamento è già stato sciolto l'estate scorsa, prima che la legislatura arrivasse al termine. Ergo, o viene formato un nuovo governo di minoranza o, in alternativa, un governo di grande coalizione. Sia quel che sia, e ammesso che un nuovo governo salti fuori entro la fine del 2024, un esercizio di per sé difficile dato che la Francia a livello parlamentare è davvero frammentata, il nuovo Esecutivo non riuscirebbe comunque ad approvare la Legge di bilancio in tempo utile. Ergo bis, bisognerebbe ricominciare daccapo. Con tutte le conseguenze del caso.

Una domanda, arrivati sin qui, sorge spontanea: una crisi del genere, dunque, era preventivabile? Sì, certo. Perché questo governo è maledettamente debole, con appena il 36% dei seggi a livello di Assemblea Nazionale. Barnier, con quest'ultima mossa, ha accelerato la crisi stessa. Proprio perché si è esposto alla sfiducia. Con 332 deputati combinati sui 577 totali, la sinistra e Rassemblement National, volendo, hanno i numeri per far cadere l'Esecutivo.

Si tratterebbe, di per sé, di una prima storica, nella misura in cui nessun governo è mai caduto per una mozione di sfiducia generata dal ricorso al citato articolo 49.3. Nel 1962, è vero, cadde il governo Pompidou, ma con una procedura decisamente più diretta. Ovvero, tramite iniziativa parlamentare e non dopo l'imposizione di una legge. 

E Macron?

Ultimo aspetto da considerare: Emmanuel Macron, il presidente. Il quale, sembra strano dirlo ma è così, non può influenzare granché gli eventi delle prossime ore. Di suo, può sbloccare l'impasse dimettendosi oppure ricorrendo all'articolo 16 della Costituzione. Nel primo caso, permetterebbe al sistema di trovare un nuovo equilibrio anche se, va detto, il problema del bilancio dello Stato non si risolverebbe: la Legge, infatti, dovrà in ogni caso essere approvata da questo Parlamento proprio perché, come abbiamo detto, non può essere sciolto prima del luglio 2025. Nel secondo, invece, Macron sospenderebbe la separazione dei poteri e approverebbe di suo pugno la Legge di bilancio se lo ritenesse necessario. Una scelta, questa, dalle conseguenze politiche pesantissime.

Nell'attesa, la Francia pare sprofondare ogni giorno di più a livello economico. Mercoledì scorso, i tassi sul debito hanno superato quelli della Grecia mentre il deficit di Parigi è del 6,2%. Barnier, questa sera, sarà in televisione. Che cosa dirà?